La famosa copertina di “Time” che incorona la persona più influente dell’anno viene dedicata, per il 2019, a Greta Thunberg, la giovane svedese che, con forza e gentilezza, costringe i governi a fare i conti con i propri errori in tema ambientale. Greta, seguita dal movimento giovanile globale dei FridaysForFuture chiede perentoriamente che si faccia qualcosa “ora!”, prima che sia troppo tardi, per aiutare il nostro pianeta a rimarginare le ferite e a sopportare la nostra rumorosa e ingombrante presenza ancora per molte generazioni.  

A livello globale, circa un quarto del nostro pianeta supera i limiti tollerabili di particolati, tra gli inquinanti più pericolosi per l’apparato respiratorio, e la percentuale sale al 50% se si considerano soltanto le città. Tra le diverse cause, circa il 60% delle emissioni proviene equamente da trasporti e produzione di energia, mentre il rimanente è suddiviso tra industria (circa 25%), agricoltura (10%) e residenziale (5%). In Europa è operativo dal 2014 il “Quadro per il clima e l’energia”, che prevede tagli alle emissioni e un progressivo aumento della quota di energia proveniente da fonti rinnovabili, fino a raggiungere almeno un terzo del totale. Nei giorni scorsi la neoeletta presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha annunciato un nuovo “Green Deal” che mira a rendere l’Europa un continente a impatto zero sul clima entro il 2050 istituendo una serie di tappe intermedie e liberando risorse dal fondo per la transizione, di pari passo con l’aggiornamento e allineamento delle normative nazionali e la promozione di stili di vita sostenibili.

Per capire come stiamo in Italia, incontro Emanuele Castioni, quarantenne veronese che, con il suo primo compagno di banco del liceo, Alberto Valli, ha fondato una società che si occupa di idrogeno.

Castioni e Valli al TEDx 2019

«Io e Alberto ne abbiamo combinate tante insieme da quel primo giorno di scuola, siamo come fratelli. Entrambi amiamo lo sport, in particolare la vela (più volte campioni nazionali – nda) e la montagna, ambienti che presentano limiti oggettivi imprevedibili e al di fuori del tuo controllo e ti allenano quindi a decidere rapidamente, analizzando le opzioni e le conseguenze. Quasi ovvio che ci iscrivessimo alla facoltà di ingegneria, insomma, e poi continuassimo con esperienze lavorative in ambiti di ricerca e innovazione. Una notte del 2011, tornavamo a casa da una giornata pesantissima, ci siamo guardati e abbiamo deciso di provarci, di creare qualcosa di nostro.»

Cosi è nata SPI Consulting, acronimo per Servizi di Progettazione e Integrazione, ma anche il nomignolo con cui gli addetti ai lavori chiamano lo spinnaker, una vela per le prestazioni ad alta velocità, ripresa anche nel logo aziendale.

«Per i primi anni ci siamo mantenuti con lavori di progettazione esterni di qualsiasi tipo, lavorando allo stesso tempo allo sviluppo della nostra tecnologia di generazione dell’idrogeno, una delle poche veramente efficienti al mondo, anche se tecnologicamente complessa da realizzare. L’anno prossimo usciremo con un brevetto mondiale che, da un lato permetterà di far conoscere il prodotto, e dall’altro creerà aziende concorrenti, la vera spinta per non mollare mai con il perfezionamento e l’innovazione.»

Mi puoi raccontare come funziona, tecnicamente, la vostra idea?

«L’esempio più calzante è quello dei mattoncini Lego, con un volume complessivo che rimane fisso ma piccoli o grandi blocchi che si possono spostare a creare le forme più diverse. Allo stesso modo, i nostri moduli di generazione e stoccaggio dell’idrogeno si possono trasformare e adattare a quelli che sono gli specifici bisogni del cliente, a seconda che si voglia poi utilizzare il gas per usi energetici diretti o per produrre metano artificiale con la CO2, nell’ambito dell’industria pesante con gas tecnico che riduce la quota carbone oppure nel settore dei carburanti.»

Come si combina l’idrogeno con gli imponenti impianti per energia da rinnovabili che vediamo apparire sempre più nel nostro territorio? Penso ad esempio agli impianti solari o eolici.

«Le fonti rinnovabili sono naturali, quindi “naturalmente” imprevedibili. A parte l’acqua, per sole e vento è impossibile fare vera programmazione della generazione di energia, per la ciclicità della fonte stessa. Spesso vediamo un parco eolico che funziona solo in parte e questo è dovuto alla capacità limitata della rete di assorbire tutto quanto viene prodotto. Affiancando un generatore di idrogeno a quelli di energia rinnovabile, si ottimizza di ottimizzare l’efficienza (nel tempo) dell’impianto esistente, assorbendo il surplus energetico di un periodo per utilizzarlo quando la produttività ciclicamente cala. Immagazzinare l’eccesso di energia trasformandola in bombole di idrogeno, anziché in ben più semplici batterie, ha poi ulteriori vantaggi: oltre ad essere l’unico ad impatto ambientale quasi zero, mentre le batterie usano terre rare non rinnovabili, le bombole di idrogeno mantengono la loro piena capacità nel tempo e sono facilmente gestibili sotto il profilo logistico. Forniamo ai grandi conglomerati dell’energia un modulo aggiuntivo che permette di ridurre i tempi di recupero dell’investimento e allo stesso tempo di immettere nel circuito maggiori quote di energia pulita. SNAM ad esempio sta investendo in idrogeno, rilasciandone una parte nella rete insieme al metano, con ovvie ricadute sulle minori emissioni, a parità di combustione.»

Gli autobus di Bolzano

Vorrei parlare ora delle applicazioni comuni dell’idrogeno, in sostituzione al carburante fossile o in alternativa alle batterie al litio nelle automobili elettriche. Anche qui, va considerata la componente sociale delle batterie, in tema di produzione, manutenzione e smaltimento.    

«Certo. Ma ci sono anche altre differenze, ad esempio in termini di ricarica, che con le batterie richiede molto tempo e un cambiamento di abitudini importante, oltre a non essere praticabile in alcune zone dei centri cittadini. Con la bombola di idrogeno, invece, l’utente si reca al distributore, dove il pieno si fa in pochi minuti e a un costo in tutto simile, con l’ulteriore vantaggio di non avere cali di performance fino all’esaurimento, come invece accade con le batterie, la cui durata nel tempo può dare brutte sorprese. Le auto sono un prodotto che dà immagine, di forte impatto, ma credo che gli usi veramente interessanti siano per il trasporto pubblico e quello pesante, camion, navi, attrezzatura cantieristica e anche carrelli elevatori. A Rotterdam l’autorità portuale sta sostituendo i motori termici con motori elettrici azionati dall’idrogeno e ci sono i primi casi di applicazione sugli aerei, sui droni per il controllo a distanza degli oleodotti. Sarà una rivoluzione pulita, con tantissima anidride carbonica in meno nella nostra atmosfera e con impatti sul tessuto produttivo italiano notevoli. Qui a Verona, per dire, ci sono molte aziende, anche in difficoltà, che già producono le parti tecnologiche che, combinate con altre, rendono possibile la generazione di idrogeno. Solo che non lo sanno. Usciremo con il nuovo marchio registrato Enstack proprio per concentrarci sull’idrogeno e creare una sinergia con molte aziende del territorio.»

Von der Leyen parla del Green Deal equiparandone gli effetti dirompenti a quelli seguiti allo sbarco sulla Luna. Come vedi il futuro, Emanuele? Per la tua azienda e per il pianeta azzurro.

«Il grande fermento sul tema ambientale produrrà molti effetti positivi; forse non basterà ma sarà un grande passo nella giusta direzione e sicuramente servirà a creare consapevolezza. In Italia, a cura dell’associazione H2it, esiste un piano per la mobilità a idrogeno, accolto dal Ministero per lo Sviluppo Economico, che prevede di estendere la rete dei distributori, sia per uso civile che – come già avviene a Bolzano – per il trasporto pubblico. Sarà una spinta ulteriore alla crescita. Per quanto riguarda la nostra azienda, è una realtà piccolina in un mondo di giganti ma viene chiamata a sedersi al tavolo dei grandi proprio perché ne viene riconosciuta l’adattabilità e l’esperienza. Si sa, i grandi studiosi sono pieni del genio che ci serve per innovare, ma hanno sempre bisogno di chi li rimetta con i piedi per terra.»

Per restare nel campo velistico, in un mondo dominato da enormi e puzzolenti petroliere, che arrivano in porto grazie all’abbrivio e hanno ormai dimenticato cosa sia il vento, sembra esserci bisogno di una piccola optimist, una barca leggera e minuta, pronta a cogliere il minimo refolo di brezza e facile da manovrare per cambiare direzione se qualcosa ci allontana dalla meta. L’idrogeno è il più leggero degli elementi in natura, tende alla dispersione per non farsi notare ma è anche il più abbondante e si lega ad altri per creare ad esempio aria e acqua. Nella sua incredibile leggerezza, potrebbe avere un impatto davvero pesante sulla qualità della nostra vita futura.