Dopo l’intervista uscita su “Heraldo” a Flavio Tosi alcuni giorni fa – intervista in cui l’ex sindaco ha, fra le altre cose, criticato di immobilismo l’attuale giunta Sboarina e auspicato un confronto dei veronesi fra questa e la sua precedente amministrazione a dir suo ben più “produttiva” -, Giorgio Massignan, 68 anni, architetto e urbanista, ambientalista, romanziere, responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei, editore e con anche un passato da Presidente della sezione veronese di Italia Nostra, Consigliere comunale e Assessore alla Pianificazione del Comune scaligero, ha affidato a un lungo post su Facebook i suoi pensieri. Nei quali, senza mezzi termini, ha fatto le “pulci” all’amministrazione Tosi che avrebbe lasciato a Verona in eredità pesante. Eredità che la città starebbe ancora pagando. 

Massignan, partiamo proprio da quel suo post. Cosa l’ha spinta a scrivere quelle note?

«Il fatto che tutti i bocconi avvelenati che ha dovuto gestire la giunta Sboarina sono dovuti all’amministrazione di Tosi. Non si può dimenticare che Tosi è stato sindaco per dieci anni e che lui sì che non ha combinato nulla. Anzi, Ha svenduto i nostri gioielli, tutto quel patrimonio monumentale che il Comune di Verona aveva ricevuto in eredità o in gran parte acquistati dalla Fondazione Cariverona e che ora non sono più parte del suo patrimonio: l’isolato Forti, Palazzo del Capitanio, Castel San Pietro, Interrato Torre Pentagona. Tosi, di fatto, ci ha lasciato senza questo patrimonio. Se questo capitasse in un’azienda privata all’Amministratore Delegato si chiederebbe come minimo il perché di queste scelte. Ecco, tanto per cominciare un minimo di onestà intellettuale imporrebbe a Tosi di analizzare anche questi aspetti, non solo muovere critiche a Sboarina.»

Analizziamo, allora, i dieci anni di amministrazione Tosi…

«La sua amministrazione si era impegnata a fare il Traforo delle Torricelle che collegasse i caselli di Verona est e Verona nord, che secondo loro avrebbe risolto tutti i problemi del traffico veronese. Io avevo molti dubbi e mi opposi, ma in realtà non ce n’è stato bisogno, perché per fortuna alla fine il progetto non è stato realizzato. Il Piano Regolatore di Tosi, di fatto, è stato realizzato grazie alle richieste dei privati che mettevano a disposizione liquidità per poter costruire, ma non c’è mai stata una pianificazione pubblica seria e attenta, che desse delle direttive a questi privati ai quali al contrario è stata data carta bianca. A chi aveva le possibilità di costruire e di pagare gli oneri di urbanizzazione o fare comunque delle opere pubbliche di compensazione sono stati fatti ponti d’oro, ma non è così che si pianifica. Questa è deregulation urbanistica, che a mio modo di vedere porta solo guai.»

Flavio Tosi

Fra le priorità che ha posto Tosi, qualora tornasse a fare il sindaco, ha nominato anche l’Arsenale.

«L’Arsenale lui lo avrebbe ceduto a privati che per 99 anni ne avrebbero fatto quello che volevano. Quella bellissima corte-giardino interna sarebbe stata coperta da una struttura artificiale per farne un mercato coperto. Ma non si tratta solo di questa idea, che non mi ha mai convinto. Ricordiamo che Tosi ha proposto durante il suo doppio mandato anche idee come il cimitero verticale, che non ha fatto, la copertura dell’Arena, che è andata a monte, mentre nel frattempo ha ridotto le nostre splendide piazze del centro storico a delle sagre paesane. Per non parlare del progetto del filobus, la cui colpa va ripartita con la giunta Zanotto a dire il vero. Ricordo che con Corsi assessore il filobus, a un certo punto del suo percorso (nelle zone del centro storico, nda), avrebbe dovuto addirittura essere stato a trazione diesel con tutto l’inquinamento conseguente. Poi per fortuna lo sviluppo elettrico del progetto ha evitato almeno questa situazione paradossale.»

I cantieri del filobus (foto di repertorio)

Pare, però, che il sindaco Sboarina abbia bloccato il progetto…

«I motivi per i quali il sindaco ha bloccato il filobus non li ho ancora capiti. Per carità, meglio tardi che mai. Ma a questo punto sono stati comunque già spesi sei milioni di euro per i primi interventi, la città nel frattempo è stata devastata, molti alberi sono stati tagliati e ci sono ancora cantieri dappertutto. Non si poteva bloccare prima questo scempio? Io ho scritto più volte all’attuale amministrazione, chiedendo di bloccare il progetto e invitando il sindaco ad andare a parlare con il Ministro preposto. All’epoca sembrava che non si potesse fare nulla di tutto ciò, che il progetto fosse irreversibile salvo pagare pesanti penali e via dicendo. Invece oggi all’improvviso si può bloccare il filobus. Meglio così, ripeto, però oggettivamente tutto quello che è successo non ha avuto molto senso. Sembra un po’ una presa in giro nei confronti dei veronesi. La Corte dei conti, a mio avviso, dovrebbe intervenire e capire perché sono stati spesi tutti questi soldi, facendo anche tutti quei danni ambientali.»

Rimanendo sull’attuale giunta, che ne pensa delle parole di Tosi che la accusano di immobilismo?

«Di certo quest’amministrazione si è trovata in eredità una serie di bocconi avvelenati, a cominciare dalle varie lottizzazioni: a Nassar, all’ex BAM, all’area Cardi al Chievo, a Quinzano, a Montorio  e in altre zone paesaggisticamente fragili, senza contare i vari centri commerciali tipo la Cercola. Sull’ipotetico progetto IKEA, fra l’altro, va spiegato che le attuali normative regionali non lo permettono. L’attuale giunta si è trovata un piano regolatore che, se fosse stato attuato come voleva Tosi, avrebbe fatto diventare la città una colata di cemento infinita. L’assessore Ilaria Segala ha fatto il possibile per cercare limitare questa “bulimia” costruttiva. Poi purtroppo secondo me un sindaco dovrebbe avere maggior coraggio. Capisco che ci siano anche gli equilibri elettorali da considerare, con le varie forze e i vari condizionamenti da gestire, però certe scelte arrivate un po’ in ritardo non mi hanno convinto. Di sicuro, però, ha dovuto gestire l’impostazione data da Tosi con tutte le difficoltà connesse.»

Giorgio Massignan (a sinistra)

Che riflessioni si sente di fare su tutto ciò?

«Purtroppo tutto questo si gioca sulle spalle di noi veronesi, che però hanno in mano lo strumento del voto. Qualora dovesse tornare di nuovo a Palazzo Barbieri fra due anni, Tosi porterà a nuovi progetti sulla copertura dell’Arena, su via Mazzini, torneranno le gare automobilistiche in piazza Bra, le sagre in piazza Erbe, i centri commerciali e via dicendo. Se i veronesi vogliono ancora questa Verona, che se la piglino, per carità. A mio avviso, però, non è questa un’immagine edificante per una città storica e bella come Verona, che si merita sicuramente di molto meglio.»

Sboarina ha ancora due anni di amministrazione davanti. Cosa dovrebbe fare, secondo lei, per incidere nella storia della città?

«Due anni sono pochi, però per impostare alcune strutture e per fare alcune riforme importanti per la futura amministrazione ritengo siano sufficienti. Innanzitutto bisogna dare atto a Sboarina che lui ha scelto alcuni amministratori capaci, come il compianto Bertacco, Segala, Briani. Che poi non siano riusciti a fare tutto quello che avrebbero dovuto fare, ci sta, ma ci hanno provato e va dato loro atto. Detto questo secondo me le aziende partecipate andrebbero “rivoltate”. Non ho mai capito perché debbano avere un consiglio con presidente, vicepresidente e consiglieri vari, tutti super pagati. Questi consigli sono delle camere di compensazione per tutti quei politici “trombati”, che devono avere comunque la possibilità di ricevere un lauto stipendio. Ecco, io dico: cominciamo da lì. Portiamo in consiglio una delibera che preveda che a partire dalla prossima amministrazione tutti i consigli delle partecipate abbiamo solo una struttura tecnica, con un direttore e un controllo politico dell’Assessore alle Partecipate e della stessa giunta. Sarebbe un risparmio enorme per la città, anche perché un conto è avere delle aziende gestite da politici e un conto e avere delle aziende prese in carico dai tecnici, come in fondo dovrebbe essere.»

Cos’altro dovrebbe fare, Sboarina?

«La tranvia non si fa in tempi brevi, però a questo punto si dovrebbe azzerare completamente la grana del filobus. Io, se fossi nel sindaco, acquisterei come hanno fatto ad esempio a Bergamo, i maxibus con batterie al litio in numero sufficiente per i bisogni della città. Introdurrei, poi, una vera ZTL in tutto il centro storico e la finirei non questa “burletta” che c’è adesso, con tutte le finestre che permettono di entrare e uscire con le auto. Infine, cercherei di portare a termine questo benedetto Piano Urbano di Mobilità Sostenibile (PUMS) in modo che possa entrare nella pianificazione futura individuando finalmente le priorità da realizzare in città. Un PUMS che dovrebbe essere oggettivo, obiettivo. Gli amministratori successivi, chiunque essi siano, troverebbero così delle linee guida da seguire.»

Qual è il problema, secondo lei, di Verona?

«Io non sono un politico. Sono stato in Consiglio comunale per tre anni come indipendente, eletto con l’associazione dei Verdi con un intento ben preciso: quello di partecipare al piano di salvaguardia della città, perché Verona era all’epoca in un momento difficile e pensavo che questo piano avrebbe potuto mettere al riparo le aree più preziose. Poi è arrivata Tangentopoli e mi sono trovato inaspettatamente assessore all’Urbanistica. Ho fatto questo piano che poi è scaduto perché ovviamente le amministrazioni successive si sono ben guardate dal confermarlo. A parte la mia esperienza, secondo me la politica dovrebbe essere proprio questo: un insieme di persone che si mettono al servizio di tutti per fare il bene della città. Ora, secondo me, non è così salvo, in rare occasioni. Purtroppo ancora molte, troppe, persone senza arte ne parte si candidano in politica per cercare di emergere sia personalmente sia economicamente. E tutto quello che porta alla scelta dei candidati e delle persone che poi dovrebbero governare una città sono il prodotto di questo meccanismo malato.»

Si spieghi meglio…

«È difficile che delle persone scevre da interessi particolari, sia pur legittimi, possano diventare assessori o consiglieri. Io ho provato tre anni fa di creare una serie di incontri per far si che si aprisse un processo di partecipazione e di scelta di possibili candidati da quel gruppo di cittadini che avevano delle competenze in grado di poter gestire la Verona del dopo-Tosi, impresa che sapevamo già sarebbe stata difficilissima per quei bocconi amari di cui si parlava prima. Era una chiamata aperta a tutta la cittadinanza, senza alcuna appartenenza politica, perché si sarebbe dovuto trovare l’accordo sui programmi e sui contenuti e non sulle ideologie. D’altronde penso che amministrare un Comune significhi essenzialmente essere dei bravi amministratori e comunque le speculazioni edilizie negli anni le hanno fatte esponenti di destra, di centro e di sinistra. Noi cercavamo solo persone competenti e perbene, che volessero gestire la città come un buon padre di famiglia.»

Palazzo Barbieri, sede del Comune di Verona

E che epilogo hanno avuto quegli incontri?

«Sono intervenuti Rifondazione Comunista, Pippo Civati, il PD, i 5stelle. La Destra non aveva partecipato, pur invitata. Poi comunque non se ne fece più nulla. C’è stato il timore che questa nascente lista civica, che non doveva essere appoggiata dai partiti che avrebbero dovuto fare un passo di lato, potesse essere troppo indipendente. Si preferì mantenere un candidato di bandiera ed eventualmente spartirsi le poltroncine in qualche azienda e via dicendo. Per qualche settimana si parlò anche della candidatura di Gianpaolo Trevisi, che sarebbe stata davvero significativa, ma alla fine venne accantonato anche lui e venne preferita la Salemi, che manteneva certi equilibri anche a livello nazionale, non scombussolando nulla. Mi pare che da allora questa tendenza non sia cambiata.»

Cosa intende?

«La Sinistra mi pare abbia perso completamente il rapporto con il territorio. Nei decenni passati c’erano le parrocchie, con la Democrazia Cristiana che forniva delle consulenze, e nel settore laico i circoli dei vari partiti, che aiutavano le persone con le dichiarazioni dei redditi e con sostegno e aiuto di vario genere. I partiti erano presenti nelle fabbriche e gli operai si sentivano rappresentati. Poi c’è stata una sorta di reflusso: si è preferito chiudersi in spazi culturalmente più importanti ma anche più staccati dalla gente, spazi che però sono stati riempiti dalla Lega e dalla Destra in generale, che ha saputo benissimo sostituirsi a tutta una serie di organizzazioni che prima erano appunto appannaggio della Sinistra. Siamo arrivati al paradosso di oggi in cui la Sinistra rappresenta una borghesia più o meno illuminata e la Destra rappresenta il proletariato. Uno degli esempi più clamorosi, a Verona, è rappresentata dalla zona di Borgo Roma e delle Golosine dove, nonostante i comitati e le battaglie portate avanti da alcuni volenterosi, le percentuali per la Lega sono schiaccianti.»

Tommaso Ferrari (a destra)

Eppure a Verona negli ultimi anni qualcuno sta tentando di ricucire proprio questo fondamentale rapporto con il territorio…

«Sono d’accordo. Federico Benini del PD, ad esempio, copre da solo un ruolo molto importante, che prima coprivano intere sezioni. Lo stesso movimento Traguardi è rappresentato in Comune da un consigliere, Tommaso Ferrari, che sta facendo un buon lavoro e anche le sue scelte non sono mai dettate da schieramenti di parte ma sono basate sui contenuti, tanto che a volte si è staccato da scelte che non condivideva. Poi non dimentichiamo il lavoro dei vari Bertucco e Campagnari. Ci sono, insomma, persone che si muovono in questo senso. Io però ho visto in varie occasioni, con l’avvicinarsi alle elezioni, le organizzazioni dei partiti – che per cinque anni non si sono fatte né sentire né vedere – venire fuori, intervenire nelle scelte dei candidati e alla fine decidere cosa fare. È su questo, secondo me, che bisogna intervenire. Bisogna togliere questo potere che è una sorta di “Manuale Cencelli” delle varie correnti che ci sono all’interno dei partiti. Alle elezioni, insomma, torna prepotentemente il potere decisionale dei partiti che spesso fanno fuori candidati eccellenti perché non sono manovrabili, non fanno parte di questa o quella corrente e via dicendo. Ovviamente questo discorso non vale solo per la Sinistra ma per tutto il sistema dei partiti, a livello nazionale e soprattutto a quello locale.»

Ci faccia un esempio concreto…

«Un buon candidato per la Sinistra è stato Paolo Zanotto: famiglia conosciuta, buon cattolico, da indipendente aveva occupato varie cariche. Una volta vinte le elezioni, grazie soprattutto al sindaco uscente Sironi che si mise contro Bolla, sono subentrate subito le strutture dei partiti, che hanno tirato fuori e imposto “vecchi arnesi” come assessori, che hanno poi portato a una giunta che alla fine ha fatto poco o nulla. Tanto che poi alle elezioni successive Zanotto non è andato nemmeno al ballottaggio. Credo sia un caso più unico che raro per un sindaco uscente.»

Un’immagine curiosa di Massignan

Molti commenti al suo post su Tosi la invitavano a prendere in considerazione una candidatura a sindaco per la prossima tornata. Cosa ne pensa?

«Se non cambia questo meccanismo, cercando di mettere da parte tutto ciò che blocca la possibilità di formare coalizioni davvero interessanti, non posso prenderlo davvero in considerazione. Da elettore, in fase di campagna elettorale, vorrei sapere cosa vuole fare il candidato sindaco, qual è il suo programma, con quali finanze intende realizzare quei progetti, in quali tempi e quali saranno gli assessori che governeranno insieme a lui la città. Non è possibile aspettare il dopo-elezioni per sapere tutto questo, ma oggi purtroppo avviene ancora tutto così: dopo che il sindaco è stato eletto, in base ai vari equilibri, si decide a chi va questo assessorato e a chi va quello in una sorta di “questo tocca a me e questo tocca a te”.»

Si può fare d’altronde politica in molti modi…

«Sia pur con i miei poveri mezzi, cerco di fare tutt’ora quello che posso per la città e forse risulto anche più utile così. Di fatto sono quasi 50 anni che mi spendo per la città, mettendoci sempre la mia faccia. Sia con il volontariato, sia con tutte le mie attività, anche in politica. Io farei volentieri il candidato sindaco perché Verona è la mia città e non ho ambizioni di fare la carriera politica, anche perché non ho nemmeno più l’età. Non voglio andare in Regione o in Parlamento e mi sono sempre e solo dedicato a Verona, non interessandomi nient’altro. Questo perché le mie energie e le mie conoscenze mi permettevano di fare un lavoro che io ritenevo positivo per Verona e forse non avrei potuto svolgerlo nello stesso modo in ambito più grande. Però ribadisco che non voglio fare il candidato di facciata. Essere eletto, cosa che comunque per un candidato non di centro-destra a Verona sarebbe complicatissimo, per poi divenire ostaggio di quelle consorterie che in qualche modo sono quelle che alla fine gestiscono realmente la città, non mi interessa. O viene creato un meccanismo che permette la formazione di una compagine amministrativa, indipendente, libera, senza interventi determinanti di organizzazioni politiche già formate o niente. Non voglio che succeda quello che è successo a Zanotto. A Palazzo Barbieri ci devono andare persone competenti, anche se di Destra. Perché per amministrare una città l’importante è la competenza, non l’ideologia di fondo. Temo, però, che questo non verrà mai permesso.»

Paolo Zanotto, all’epoca in cui era sindaco

Va bene, ma ipotizziamo per un attimo che Massignan si candidi e fra due anni vinca le elezioni. Cosa farebbe per Verona?

«Probabilmente molte cose che la stessa Sinistra o gli stessi Verdi non approverebbero in toto. Ad esempio comincerei con le zone pedonali estese, con i commercianti che inizialmente mi contesterebbero aspramente, per poi proseguire con un tipo di trasporto pubblico efficiente e che penalizzerebbe quello privato. Mi piacerebbe fare un “microtraforo” che collegasse la Biondella con via Mameli per salvare la zona di Veronetta e del Teatro Romano che al momento risultano invivibili. Secondo me sarebbe un’opera necessaria, da destinare all’inizio al passaggio di auto private e poi per farci passare solamente la tramvia. Ecco, ci sono scelte che andrebbero contro quei miti e quei dogmi che sono economici e che allo stato attuale risultano spesso intoccabili. Probabilmente perderei voti, ma un buon sindaco agisce per il bene della città, non per essere rieletto alla tornata successiva. In cinque anni si possono fare tante cose e Verona ha bisogno soprattutto di coraggio.»