Lockdown e aumento della violenza domestica nei confronti delle donne. Se ne è parlato nella diretta “Succede alle 31” di oggi, venerdì 8 maggio. Ospiti due esponenti del Telefono Rosa di Verona, Lorella Don, attuale presidente, e l’avvocata Sara Gini, già presidente dell’associazione. Il Telefono Rosa di Verona è anche un centro antiviolenza, riconosciuto dalla Regione Veneto, fa parte della rete dei Telefoni Rosa d’Italia ed è componente di Iris – Coordinamento centri antiviolenza del Veneto.

La convivenza forzata in questo periodo ha acuito situazioni che già prima erano difficili. Dall’inizio dell’anno a oggi le vittime sono 24, mentre nel mese di marzo, rispetto allo stesso periodo del 2019, le richieste d’aiuto, su scala nazionale, sono aumentate del 74,5 per cento. Le donne però non sono state lasciate sole: associazioni, avvocati, procure e forze dell’ordine hanno continuato a operare per la loro tutela.

«Questa emergenza ha creato un paradosso: se da un lato rimanere a casa rappresenta una sicurezza contro l’incolumità fisica, certamente per certe donne questa sicurezza viene a mancare proprio tra le mura domestiche. Questo lockdown ha esacerbato delle situazioni di violenza – ha spiegato l’avvocata Gini –. È tipico della violenza di genere prevedere un’escalation: si parte da un maltrattamento psicologico, che significa mancanza di rispetto e di considerazione in famiglia, disprezzo e denigrazione. Poi c’è il maltrattamento economico, con donne che non sono autonome o il cui stipendio viene gestito dal marito. E infine c’è la violenza fisica. Mentre prima del lockdown per le donne era più facile sottrarsi alla violenza anche solo per il semplice fatto che andavano a lavorare, questa convivenza ha reso il tutto più pericoloso. Con l’ulteriore aggravante che è più difficile chiedere aiuto. I centri antiviolenza si sono attivati nel dare dei suggerimenti a queste donne per telefonare in sicurezza, ma è anche stato suggerito l’utilizzo delle email.»

Il Telefono Rosa ha proseguito con il servizio delle telefonate in tutto questo periodo: «Sono state sospese le attività in presenza, sia in sede e che negli sportelli. Appena sarà possibile le riprenderemo – ha sottolineato la presidente del Telefono Rosa di Verona –. Dal lunedì al venerdì possiamo essere presenti con le nostre operatrici in determinati orari, mentre la segreteria opera 24 ore su 24. Oltre al servizio c’è la possibilità di un colloquio informatico con le nostre legali. Per le urgenze è sempre attivo il numero nazionale, antiviolenza e stalking, 1522, con cui si può interagire in totale anonimato, anche chattando, così come l’app della Polizia di Stato Youpol». 

«Abbiamo mantenuto la possibilità di poter usufruire di una consulenza legale – ha aggiunto Gini –. Opportunità importante e molto utile visto l’incremento di violenza, perché le donne sono confuse e fragili e hanno bisogno di sapere quali sono i loro diritti.» I media nazionali hanno riportato la notizia della “Mascherina 1522” (il numero antiviolenza, nda), un progetto che ha coinvolto i farmacisti di tutta Italia: si tratterebbe di una frase in codice che la donna vittima di violenza dovrebbe comunicare al farmacista, che attiverebbe poi i canali per la denuncia, ma, come ha precisato Lorella Don, questa iniziativa in realtà a Verona non è partita: «Il protocollo firmato in aprile dal Dipartimento delle Pari Opportunità insieme a Federfarma e Assofarma ha come finalità l’esposizione di locandine e di depliant all’interno della farmacie affinché la donna possa accedere al numero per denunciare la violenza. Personalmente sono andata in quattro farmacie di Verona e nessuna di esse esponeva le locandine. Ho chiesto chiarimenti e mi hanno risposto che non è mai arrivato il materiale e non ne sapevano nulla. Mi sono attivata presso l’Ordine dei farmacisti di Verona e mi hanno confermato che ai primi di aprile, subito dopo la firma di questo protocollo, avevano inviato a tutti i farmacisti di Verona un’informativa in cui si chiedeva di affiggere la locandina e di essere disponibili se le donne si fossero rivolte a loro. È piuttosto grave che queste procedure non siano state messe in atto. Voglio pensare che ciò sia stato dovuto dal momento caotico di pandemia.» 

Sul progetto proprio ieri si è espresso anche il Dipartimento delle Pari Opportunità, comunicando che non c’è nessun “codice segreto” da utilizzare per denunciare una violenza: «A queste donne stiamo dando tante informazioni flash – ha aggiunto Don –, quando ne vanno comunicate poche e precise, perché la vittima, recandosi in farmacia, può capire che dicendo “voglio una mascherina 1522” scatti una denuncia, ma non è così. Per queste iniziative si dovrebbe lavorare di concerto con i centri antiviolenza. Le idee non ci mancano». 

«Verona ha un tavolo di lavoro dove sono presenti tutti i soggetti che a vario titolo intervengono nei casi di violenza – ha concluso Sara Gini al riguardo –. Questo tavolo deve essere implementato perché la Regione ha chiesto alle Province di organizzare dei protocolli di intervento con la collaborazione di tutti i soggetti. Il lavoro intrapreso è stato interrotto dal lockdown ma siamo speranzosi che possa ripartire perché la rete è la soluzione migliore, con interventi specialistici e coordinati.»