Appena appresi gli sviluppi della riunione dell’Eurogruppo di ieri, Giorgia Meloni (FdI) ha citato il nostro amato Fabrizio De André parlando della corda d’oro della bellissima “Geordie” per alludere alla sua previsione di un’Italia in ogni caso impiccata. Gianluigi Paragone teme che nelle istituzioni europee ci stiano «imbrogliando con le parole, edulcorando quello che resta un credito privilegiato, da cui l’Italia non si potrà mai sottrarre». Insomma tra impiccagioni e ricatti, sembra passare in secondo piano che l’Europa ha finalmente deciso di diventare grande.

Era cominciata con le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel, poco prima della riunione, in cui si dichiarava d’accordo con il premier Conte sul fatto che «serve con urgenza solidarietà in Europa in una delle ore più difficili, se non la più difficile, ma ci sono molti strumenti che possono essere attivati e lo faremo». Apertura che ha reso più facile superare le differenze tra il blocco rigorista e le proposte mediterranee; così i ministri delle finanze europei hanno raggiunto un accordo, da presentare ai leader europei in Consiglio, che è frutto del compromesso, come succede tra persone adulte e responsabili.

il ministro per Economia e Finanze, Roberto Gualtieri

In un tweet il Commissario Paolo Gentiloni parla di «pacchetto di dimensioni senza precedenti (1.000 miliardi di euro complessivamente, nda) per sostenere il sistema sanitario, la cassa integrazione, la liquidità alle imprese e il Fondo per un piano di rinascita. L’Europa è solidarietà. Gli fa eco il nostro ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, confermando che sono stati «messi sul tavolo i bond europei e tolte le condizionalità del MES. Consegniamo al Consiglio europeo una proposta ambiziosa. Ci batteremo per realizzarla».

Nella confusione di post-verità e fake news che si è subito scatenata sui social, cerchiamo di capire cosa prevede l’accordo e quali sono i riflessi, ovviamente in casa nostra.

la presidente della Bce,
Christine Lagarde

Ricorderete che alcune misure, prettamente monetarie, sono già state prese dalla Banca Centrale Europea (ne abbiamo parlato in questo articolo) e che gli Stati sono stati sollevati dagli oneri di indebitamento massimo previsti dal patto di stabilità. A questo si aggiungono tre nuove misure.

Banca Europea degli Investimenti e Sure (300 miliardi di euro): vengono attivati 200 miliardi che la BEI potrà destinare alle imprese in difficoltà, a condizioni di assoluto favore, e oltre 100 miliardi per il nuovo programma Sure (dall’inglese “sicuro”) che contribuirà a finanziare i meccanismi anti disoccupazione e cassa integrazione.

MES (240 miliardi): per quanto riguarda il fondo salva-Stati, nelle conclusioni dell’Eurogruppo si legge che “il solo requisito per  accedere alla linea di credito del MES sarà l’impegno destinarla al finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette, cura e costi della prevenzione collegata al Covid-19”. Questo credito avrà una durata legata all’emergenza, alla fine della quale (nota dolente per chi voleva un pacchetto con il fiocco rosa) “gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici, coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo, inclusa la flessibilità“. Vengono quindi eliminate tutte le condizioni normalmente in vigore per accedere al MES tra cui austerità e il pericoloso (per la nostra traballante Italia) esame di sostenibilità ma restiamo vincolati agli impegni, peraltro già presi a monte, fin dal primo Trattato UE, per un piano di risanamento del bilancio statale. Si tratta di una grande vittoria della linea del premier Conte, sostenuto come mai prima da un gruppo coeso di Paesi nelle stesse difficoltà.

Recovery Fund (500-600 miliardi): la stessa unitaria determinazione da parte di Italia e Francia ha portato a un’altra novità assoluta, un fondo di solidarietà temporaneo per sostenere la ripresa, commisurato ai costi straordinari della crisi che verranno così spalmati su un periodo temporale più ampio. Bella idea ma il tema vero riguarda come il Consiglio Europeo deciderà di finanziarlo. Nella nota dell’Eurogruppo si legge che si lasciano “alla guida dei leader gli aspetti pratici e legali del fondo, la sua fonte di finanziamento e strumenti innovativi di finanziamento, coerenti con i Trattati”. Le due paroline magiche “strumenti innovativi” lasciano uno spiraglio (o un portone) aperto ai Coronabond, al famoso debito comune, sempre che si riesca a convincere gli scettici, Olanda e Germania in primis. Un grande passo avanti verso l’Unione Europea nel vero senso di comunità pronta a intervenire a difesa di se stessa e dei suoi membri.  

Come accennato, ora la questione arriva in Consiglio Europeo, dove i capi di Stato saranno chiamati a uno sforzo diplomatico e altruistico. Merkel ma anche il suo omologo olandese Mark Rutte dovranno per un momento dimenticare i problemi di leadership politica interna e anche i falchi pronti ad approfittare di un loro cedimento. Dovranno comprendere che la crisi è trasversale e soprattutto viene dall’esterno, tralasciando per una volta come essa si innesti in situazioni dei singoli Paesi molto diverse tra loro.

Il quotidiano tedesco “Die Welt” chiede alla cancelliera di restare salda, in quell’articolo di cui in Italia è arrivato solo l’occhiello sulla “Mafia che non vede l’ora piova denaro dall’Europa”; hanno usato la metafora per il rimando immediato al riciclaggio ma i giornalisti si riferiscono – e come dargli torto – alle profonde differenze tra gli Stati membri in quanto a etica e correttezza o, per contro, malversazione, evasione fiscale, corruzione e sì, anche criminalità organizzata.

Il governo italiano, oltre a un mea culpa silenzioso e intimo, che non fa mai male, deve ora mostrare le sue capacità di giocare di assist e triangolazioni con i due interlocutori di sempre, Francia e Germania, puntando ai tempi massimi ottenibili per la dilazione e proporre la soluzione degli Eurobond emessi dalla UE, con volontà ancora più forte dopo la dichiarazione del presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno per cui si avrà sul tema «un dibattito importante, che confluirà nel piano per il rilancio e avrà effetti sul bilancio pluriennale: dobbiamo costruire fiducia attorno all’Europa».

Un’ultima nota va a quelli che avrebbero preferito un grosso pacco dono, una cascata di monete a fondo perduto, addirittura una cancellazione del debito, che manco Bob Geldof per l’Africa ci mise tanta veemenza. Ci troviamo, qui ora, nell’inspiegabile situazione di dover ricordare ai sovranisti che noi siamo l’Italia, siamo una forza economica e imprenditoriale devastante, mutilata da difetti endemici che impediscono di far esplodere il nostro potenziale. Noi dovremmo credere nella nostra forza e schifare disgustati chi fa anche solo cenno a un’elemosina per i poveri. Noi non vogliamo regali, vogliamo condizioni eque e sostenibili per rilanciare il Paese, per riprendere da dove questo virus ci ha interrotti.

Vogliamo prendere la corda d’oro che ci viene offerta dalla UE ma, con buona pace del Faber nazionale, la useremo per uscire dal pantano attuale e, non smettiamo di sperarlo, in quello creato dalle nostre brutte abitudini.