Le Nazioni Unite hanno annunciato che la conferenza mondiale sul clima, la Cop 26, in programma per il prossimo novembre a Glasgow, è stata rinviata a una data da precisare durante il 2021. La location prevista, la Sec Arena di Glasgow, sta per essere trasformata temporaneamente in un ospedale da campo per curare le vittime del virus.

Sec Arena di Glasgow

«Il mondo sta fronteggiando una sfida globale senza precedenti e i Paesi stanno correttamente focalizzando i propri sforzi per salvare vite e combattere il Covid-19», ha dichiarato il presidente della conferenza e Ministro dell’Energia britannico, Alok Sharma. Anche l’Italia doveva ospitare a Milano la Cop26 giovani dal 28 settembre al 2 ottobre, e pure questo appuntamento sarà rinviato.

L’urgenza  momentanea di contrastare la pandemia virale sembra rappresentare una sorta di sottovalutazione di un’altra “pandemia” incombente: quella ambientale. John Sauven, direttore esecutivo di Greenpeace UK, ha sottolineato al “Guardian” l’importanza vitale che il rinvio non sia un’occasione per i governi di fare marcia indietro dagli impegni presi: «ma se il summit è stato rinviato, l’emergenza climatica non si ferma».

Il grande smog di Londra nel 1952

Per tentare di immaginare l’impatto che ha e potrebbe avere il completo svilupparsi della “pandemia  ambientale” sulle nostre vite possiamo riferirci a un evento storico avvenuto, in scala ridotta ma egualmente significativa, nella Gran Bretagna del dopoguerra. Ci sono molte analogie fra quello che stiamo vivendo in questi mesi e quello che viene ricordato come il grande smog o con il più gentile fumo di Londra: una coltre di nebbia densa e maleodorante provocata dall’uso diffuso del carbone, che avvolse Londra nel dicembre 1952. Una catastrofe ambientale con circa 12mila vittime nella sola Londra. Come noi oggi, i londinesi, impreparati ad affrontare la situazione, decimati dagli eventi, furono obbligati a fermare le fabbriche e rimanere a lungo in casa, al freddo, e cambiare poi le loro abitudini di vita.

Dal 1988 il foro scientifico IPCC, Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, il più ampio e qualificato gruppo di scienziati provenienti da 170 Paesi, tramite le Conferenze delle Parti COP, ci avverte che il “rischio pandemico ambientale” si sta rapidamente concretizzando.

Quello che è avvenuto a Londra in piccolo, per una causa limitata e tutto sommato reversibile, potrebbe presentarsi su scala globale, con probabilità di diventare irreversibile, in pochi decenni,  se non usciamo dall’emergenza climatica e non adottiamo un rapporto sostenibile con l’ambiente.

Entro il 2050 dovremo abbandonare i combustibili fossili (diventare carbon neutral), recuperare un uso sostenibile delle risorse del pianeta e non abbiamo più molto tempo per farlo. Vedendo gli effetti del Covid-19, come ci ha sorpreso, e il carico di sofferenze che ha provocato, il solo pensiero di non farcela fa rabbrividire: non basteranno poche settimane di reclusione in casa per porvi rimedio. Possiamo rinviare l’annuale conferenza mondiale sul clima (Cop26) ma non possiamo permettere la sospensione dell’impegno per la transizione energetica e ambientale.

Friday for future a Verona,
foto di Carolina Torres

Il 25 settembre 2015 l’assemblea generale dell’Onu ha adottato una risoluzione con la quale i capi di governo di 170 Paesi hanno stabilito gli obiettivi globali per lo sviluppo sostenibile del pianeta, riassunti nell’Agenda 2030. Il Governo italiano ha approvato nel 2017 la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile,  per cui tutte le Regioni sono chiamate ad elaborare la propria Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile (SRSvS). In Veneto, il processo di organizzazione e avvio dei lavori per l’elaborazione della Strategia ha avuto inizio con la DGR 1351/2018.

Il Comune di Verona si prepara a varare,  entro giugno 2020, il PAESC, Piano Azione Energia Sostenibile e Clima, con il quale si impegna a ridurre, entro il 2030, le emissioni di CO2 della città del 40%. Più saranno efficaci le misure adottate, più eviteremo una nuova, più tragica, “reclusione pandemica”.