Così, improvvisamente, Gianni Mura se n’è andato. A 76 anni un infarto lo ha portato via al mondo dello sport, del giornalismo e della cultura. L’Italia perde una delle penne più acute, sensibili, autenticamente intelligenti e libere del nostro tempo nell’universo a cavallo tra il calcio, il ciclismo e l’enogastronomia.

Il primo giorno di primavera di questo angosciante inizio 2020 si è riempito dunque di ulteriore tristezza. Mura è stato un professionista unico nel suo genere in questi ultimi trent’anni. Ci resta una produzione inesauribile di pezzi, tra cui l’imperdibile rubrica domenicale Sette giorni di cattivi pensieri per “La Repubblica” e una collezione di cronache sportive – memorabili quelle dal Tour del France – probabilmente inarrivabili nella storia della pedata e delle due ruote. Dell’insuperabile Gianni Brera, Mura è stato allievo ed erede. Le straordinarie qualità del primo sono state il sentiero battuto dal secondo nel proprio percorso con la macchina da scrivere. Tra i due i legami non si limitavano all’universo intorno alla mondo del lavoro. Entrambi amavano la buona tavola e il vino intesi come elementi di cultura, della valorizzazione della tradizione e del legame con il territorio. Non a caso, nei panni di esperto enogastronomico, una delle opere di Mura più amate e coerenti con il modo di vivere e analizzare il proprio paese è Non c’è gusto, un viaggio nell’universo delle trattorie italiane, da quelle stellate alle osterie di paese. Una guida che, sul piano filosofico, riassume la semplicità dell’uomo e la raffinatezza dello scrittore.

Gianni Mura nei panni di relatore a Verona

Per svariate ragioni Mura era molto legato a Verona. Nei panni di inviato lo si incrociava al Bentegodi e al Vinitaly, manifestazione in cui era uno degli ospiti più attesi. Piacevole, mai banale nella conversazione, disponibile verso chiunque gli rivolgesse la parola. Qualità che gli sono riconosciute e confermate da chi lo ha conosciuto bene come Luigi Licci, titolare di Gulliver, libreria scaligera specializzata in viaggi e sport. Che racconta la sua enorme sorpresa in occasione della prima volta in cui approcciò Mura. «Ero un semplice suo lettore e ammiratore, come tanti. Un giorno presi coraggio e gli scrissi via mail, all’indirizzo pubblicato in calce ai suoi articoli su “La Repubblica”. Intendevo organizzare una presentazione a Cerea di un libro di Emilio Rigatti e gli richiesi se aveva voglia di affiancarmi. Mi rispose subito e accettò, il che è davvero insolito avvenga al primo colpo, ancor di più nel caso di personaggi della sua fama. Quella fu la prima di tante occasioni in cui ho avuto l’onore della sua presenza.»

L’epica e il romanticismo del ciclismo sono stati la grande passione di Mura. «Amava i gregari molto più che i big», racconta Licci. «A Montorio una volta tirammo fino all’alba insieme a Campagnari, Guerra, Andreoli e Poli, corridori che hanno fatto le grandi corse a tappe al lavoro per i grandi campioni. I ricordi de La Fiamma Rossa, il suo libro dedicato ai suoi quarant’anni alla Grande Boucle, ci tennero compagnia ben oltre il termine della serata. Restammo a parlare e scherzare tra aneddoti e buon vino fino alle ore piccole.» Una disponibilità e una signorilità a tutto tondo: «Rifiutava che gli pagassi l’albergo, come quando venne in occasione della presentazione del libro sull’esperienza in Cina scritto da Damiano Tommasi, che stimava sia come calciatore che come uomo. Quella volta mi sdebitai portandolo a cena in una trattoria a Mizzole, da cui ne risultò una tanto accurata quanto eccellente sua recensione su “Il Venerdì”. Anzi, in quella occasione, semmai ce ne fosse stato mai bisogno, mi resi conto con i miei occhi di cosa significasse per lui essere giornalista e quanta preparazione ci fosse dietro il suo lavoro. Senza sapere che avesse in mente di scrivere un articolo, notai comunque la sua attenzione sul locale, dal menù al servizio ai tavoli. Il mese dopo uscì un suo pezzo. Il successo fu tale che quel ristorante dovette togliere il giorno di chiusura e triplicò le prenotazioni.»

Luigi Licci e Gianni Mura a cena

A Verona era molto legato. Dalle pagine delle testate per cui ha scritto, Mura ha contribuito a nobilitare il mondo enogastronomico dell’intera provincia. «Veniva qui con frequenza, come inviato, come ospite, anche televisivo. Ha recensito tantissimi ristoranti nel corso degli anni. Certo, da grande appassionato di calcio lo stimolavo spesso sulla Lazio, la mia squadra del cuore. Parlava senza farsi mai influenzare dal tifo: non ho mai capito se in fondo davvero parteggiasse per una squadra in particolare.» Una sensibilità che gli faceva ammirare le imprese degli sfavoriti. «Aveva una grande stima per il Chievo e la favola dei “Mussi volanti”, così come per l’Hellas di Bagnoli. Di sicuro era un uomo che amava le genuine storie sportive e le sapeva raccontare come pochi. Ci mancherà.»