La Formula 1 è iniziata in modo inatteso dai più, ossia dai tifosi della Rossa. Il debutto della Ferrari nella stagione 2019, al Gran Premio di Australia, ha indiscutibilmente lasciato l’amaro in bocca alla maggior parte degli appassionati, siano essi semplici spettatori o addetti ai lavori. Perché le premesse erano apparse ben diverse a molti di noi. I test pre campionato di Barcellona, a fine febbraio, avevano dato ad intendere che la Ferrari avesse finalmente escogitato quel qualcosa (nello specifico il nuovo alettone anteriore) che riuscisse a rendere la sua vettura non solo vincente ma addirittura dominante. A farne insomma ciò che è la Mercedes da quando è iniziata l’era dei motori ibridi nella massima serie del motorsport. O ciò che è stata la stessa Scuderia di Maranello nel lungo ciclo vincente a inizio anni 2000 con Schumacher & C.

Le parole di Sebastian Vettel dopo la prima giornata di test, che sceso dalla SF90 aveva parlato di quasi perfezione e le prestazioni riportate nelle giornate seguenti, avevano illuso un po’ tutti. Per non parlare della pretattica fatta dagli avversari tedeschi, che sornioni assicuravano i media che la Rossa fosse la monoposto da battere e avesse mezzo secondo di vantaggio sul giro.

Arrivati a Melbourne di colpo siamo stati tutti riportati alla cruda realtà. Mercedes ha dominato il weekend, non c’è stata storia in qualifica e neppure in gara. Insomma il campionato è ripreso, pur con vetture modificate dal nuovo regolamento tecnico e squadre un po’ diverse, da dove era finito nel 2018. Il ciclo anglotedesco appare tutt’altro che concluso, le frecce d’argento restano ancora le vetture da battere (addirittura con un redivivo Bottas che ha dominato la gara dal primo giro) e le ombre sembrano allungarsi sulla Ferrari da subito. E quindi? Non ci resta che piangere? Assolutamente no. Se c’è una cosa che abbiamo imparato della Formula 1 contemporanea è che una stagione vincente la si costruisce con un continuo e inarrestabile sviluppo dei componenti della vettura, partendo da una base ottimale. E per capire le qualità di una monoposto occorrono alcune gare, la prima prova non può già essere un verdetto inappellabile, soprattutto perché disputata su un circuito anomalo come quello cittadino di Melbourne.

Adesso si va su una pista “vera”, in Bahrain. Qui Ferrari e soprattutto Vettel (in scadenza di contratto a fine stagione) sono chiamati al riscatto immediato. E poi a confermarsi nei gp successivi. Se così sarà, la performance di Melbourne sarà stata solo una estemporanea debacle prontamente risolta. Altrimenti le ombre si allungheranno per davvero dalle parti di Maranello e con esse le immancabili polemiche e cacce alle streghe. Francamente ci auguriamo di no. Dopo 12 anni dall’ultima vittoria nel mondiale piloti (era il 2007 col sempreverde Raikkonen), anni caratterizzati da prestazioni altalenanti, diverse illusioni, avvicendamenti di top manager e piloti, è davvero venuto il momento della svolta. Di iniziare insomma un ciclo vincente rosso. Sarà così questo 2019? La Ferrari di oggi ha uomini e mezzi per farlo? La risposta può darla solo la pista. E confidiamo arriverà molto presto.