Quasi come quella vecchia canzone di Raf: “Cosa resterà di questi dieci anni di Zaia?”. Se lo chiede Arturo Lorenzoni, vicesindaco di Padova e professore universitario, l’uomo che per il centrosinistra (Pd, Verdi europei e la civica Il Veneto che vogliamo) sfiderà il Doge alle prossime elezioni regionali in autunno.

Lorenzoni, intervistato durante la diretta social “Succede alle 31” di Heraldo, dice che resterà poco o nulla: «Faccio fatica a trovare punti di forza sul piano amministrativo, al di là della comunicazione. Nulla per cui valga la pena di dargli fiducia altri cinque anni». Certo, Lorenzoni ammette che la sfida è (quasi) impossibile: «Zaia gode di grande consenso grazie alla sua capacità comunicativa e alla sua presenza mediatica».

Ma non ditegli “chi glielo ha fatto fare?”: «Vorrei portare in Regione l’esperienza civica padovana, non sono un politico di professione e credo di poter fungere da collante tra mondi diversi. E poi abbiamo visto che tre mesi fa il mondo era diverso, potrebbe cambiare nuovamente nei prossimi tre, per questo bisogna prepararsi a una proposta alternativa. Zaia è bravo solo a gestire l’ordinario, ma il Veneto deve essere competitivo a livello europeo e deve cominciare a fare sistema. Un sistema che non c’è tra fiere, o tra interporti, che non c’è quando vediamo che la lombarda A2a assedia la veronese Agsm. Dov’è la regia della Regione? Dov’è la Regione quando il distretto del freddo di Verona e di Padova, che è tra i più importanti in Europa, viene assorbito da Usa o Cina? Serve una marcia in più».

Lorenzoni poi ha parlato della coalizione che lo sosterrà, con il Pd come motore e una forza nuova come i Verdi europei «che sono per l’ambientalismo progettuale e non ideologico». Ha auspicato accordi con Più Europa e calendiani e anche con i renziani «con i quali il dialogo però è difficile». Lorenzoni non chiude la porta nemmeno ai 5 Stelle: «Non vedo ostacoli insormontabili con loro qui in Veneto, poi mi rendo conto che ci sono equilibri nazionali che magari vanno in altra direzione».

Oggi però il centrosinistra è ancora spaccato, mentre il centrodestra ha trovato l’accordo anche in Veneto, nonostante Zaia preferisse una coalizione ristretta Lega-Lista Zaia, in nome dell’autonomia. Non così ha agito Salvini che ha messo dentro anche Fratelli d’Italia e Forza Italia. «Il centrosinistra storicamente tende a dividersi perché ha un sistema valoriale meno gerarchico rispetto alla destra. Non mi sorprende quindi che a destra alla fine abbiano trovato l’intesa, anche se credo che Zaia auspicasse un’affermazione sua personale. Ma penso che sia un’ambivalenza tra la Lega di Zaia e quella di Salvini», dice Lorenzoni.

E Fratelli d’Italia, si sa, è freddina sull’autonomia, la grande battaglia di Zaia che Lorenzoni è pronto a fare sua: «L’autonomia è un tema centrale ed è allo stesso tempo uno dei grandi fallimenti di Luca Zaia, che ne parla da vent’anni ma alla fine il risultato è zero. La Lega non è più Nord, ma l’autonomia resta fondamentale, non tanto intesa come rivendicazione territoriale, ma piuttosto come organizzazione dello Stato in senso federale». Autonomia, dice Lorenzoni, «che Zaia non applica nemmeno nei campi in cui potrebbe, si veda la sanità, settore nella quale assistiamo a un centralismo regionale a discapito della medicina territoriale». 

Lorenzoni poi ha parlato dei giovani cervelli veneti in fuga dal Veneto, di innovazione e cultura, del terzo settore, di gestione dei servizi (propone di federare il sistema dei trasporti regionale), dell’emergenza climatica. 

Qui sotto il video completo: