Bored & confused, che non è l’ultimo singolo dei The Lake Poets, e nemmeno il manifesto di un movimento nichilista d’avanguardia, ma la sensazione che accompagna alcuni studenti veronesi in questi giorni di scuole chiuse e didattica a distanza. A raccontarcelo è Silvia Zoppello, professoressa di inglese al liceo Galileo Galilei di Verona, che proprio in queste ore sperimenta gli effetti delle ordinanze del Governo in tema di coronavirus (Covid-19, pardon).

Turn off your mic and webcam, I don’t want to see your bedroom, è questa la schermata iniziale con cui accoglie i suoi studenti. «Ai ragazzi viene inviato un link e una notifica per l’orario di inizio della lezione in video conference. Pian piano li vedo connettersi, ovviamente quasi nessuno spegne le sua webcam e io mi godo i loro capelli arruffati e le facce stralunate, ma almeno possiamo cominciare».

Silvia non parte subito a spron battutto con la lezione, prima un paio di parole con i suoi ragazzi le scambia. La situazione è straniante, quasi distopica, e c’è bisogno di alleggerire. «Parlo con i ragazzi, cerco di capire le loro sensazioni. Ognuno reagisce in base alla situazione che vive in famiglia, e la percezione della problematica Covid-19 cambia a seconda delle età. La maggior parte dicono di sentirsi un po’ confusi, bombardati da messaggi contrastanti, e annoiati. La lezione diventa quasi un momento per staccare dagli allarmismi e pensare a qualcos’altro».

Cronache di una normale mattinata di didattica a distanza, potremmo dire. Con la scuola italiana che praticamente per la prima volta si trova a dover valutare il proprio grado di preparazione in tema di digitalizzazione ed e-learning. I supporti e le piattaforme condivise già c’erano e, ovviamente, a seconda di come ogni istituto ne ha promosso l’utilizzo in questi anni, oggi gestire una lezione a distanza risulta più o meno facile. Idem per i professori, chi ha sfruttato già in passato gli strumenti digitali, in queste ore si trova meno a disagio.

E pure i ragazzi, in quella generazione che dovrebbe essere dei “nativi digitali”, dimostrano di non essere sempre così smart. «Questo credo sia una sorta di falso mito che andrebbe sfatato. Certamente gli adolescenti sono ferratissimi nell’utilizzo di smartphone, app e funzioni legate principalmente allo svago, ma poi quando c’è da utilizzare il digitale in maniera diversa, emergono alcuni limiti. Dovremo trasmettere loro approcci e capacità che saranno essenziali, e basilari, quando dovranno confrontarsi col mondo del lavoro».

 L’insegnante Silvia Zoppello

Le scuole resteranno off-limits almeno fino al 15 marzo, chiediamo quindi a Silvia un parere su quanto possa essere sostenibile, a lungo termine, la didattica a distanza. «Anche qui, dipende caso per caso. Una lezione al liceo è differente da una delle medie o delle elementari. Così come ci sono materie per le quali l’approccio a distanza è più facile, e altre meno. Con i colleghi, poi, ci stiamo confrontando per capire come gestire al meglio la fase di valutazione, sia per quanto riguarda le interrogazioni che i compiti scritti. Di certo ci sono impegno e voglia di sfruttare l’occasione che questa emergenza ci sta presentando. L’attenzione principale è per quelle classi che stanno andando incontro alla maturità, per loro marzo è un mese davvero fondamentale.

“Con G Suite for Education gli insegnanti possono creare occasioni di apprendimento a distanza senza interrompere i flussi di lavoro esistenti”. Lo dice il Ministero dell’Istruzione, mentre presenta le funzionalità di Hangouts Meet e Classroom, gli applicativi firmati Google più utilizzati dagli istituti scolastici. Il colosso di Mountain View chiarisce che la privacy di studenti e insegnanti è tutelata al massimo. Se chi scrive fosse un complottaro, però, non potrebbe fare a meno di chiedersi quanti milioni di altri dati possano essere registrati in una semplice video conference tra adolescenti. Ma, come amava ripetere Michael Ende alla fine di ogni capitolo, questa è un’altra storia.

«Tutti questi supporti sono certamente utili – conclude Silvia -, ci aiutano a reagire ed a proseguire il nostro lavoro. Ma chiaramente non potranno mai sostituire del tutto la didattica in presenza. Le emozioni, le attenzioni e l’empatia di una lezione fatta in aula sono fondamentali. Perché con-vivere ci permette di imparare con gli altri, degli altri e dagli altri. E il confronto con l’altro racconta qualcosa, anzi, molto di te, rendendoti un essere umano connesso, senza bisogno di reti internet.»