Ha la saggezza di chi incarna lo spirito della montagna, Fabrizio Curtaz, il dt della nazionale italiana di biathlon: poche parole, ben pesate sul bilancino, e sempre molto chiare: «Ha fatto un capolavoro.  Dorothea Wierer ha la determinazione della campionessa; un mondiale in casa porta un bel carico di pressione; lei l’ha saputa trasformare in energia. Le sue vittorie sono frutto di testa e talento». E intanto in questi Doro-days di febbraio dal Brennero al Canale di Sicilia impazza la biathon-mania: «È bellissimo – prosegue Curtaz – vedere tanti italiani appassionarsi al nostro sport. E pensare che al mondiale di un anno fa a Östersund (l’Italia tornò a casa con cinque medaglie, il miglior raccolto di sempre) erano veramente in pochi a seguirci. La maggior soddisfazione è proprio questa».

Dorothea Wierer è l’eroina nazionale del momento, l’antidoto a rogne e magagne varie che il quotidiano ci riserva; in questi giorni su di lei si è detto e scritto così tanto che persino la casalinga di Voghera ormai sa tutto di sci e carabina. Spigliata, effervescente, bella, ha tutto della regina. Lei si tiene lontana dagli abbagli del divismo: l’altra sera l’abbiamo vista festeggiare il suo secondo oro mondiale alla Südtirol Home in compagnia del marito Stefano, la sorella Magdalena e alcune amiche: bella rilassata, come come se nulla fosse, cortese, sorridente e disponibile. «Sono orgogliosa di portare il tricolore» ripete, e canta felice l’inno di Mameli facendo venire l’ulcera a qualche nostalgico sudtirolese che col cappellone piumato ancora si nutre di anacronistico irredentismo e cerca goffamente di pungerla. Patetico.

Personaggio a tutto tondo, Dorothea Wierer; ha rotto canoni monastici tipici del mondo della neve: ama portare i tacchi, in gara ci va col trucco, fa tendenza, tanto che ora qualche sua avversaria la imita. Cura l’immagine della sua avvenenza, ma non a tal punto da accettare la proposta di un servizio fotografico su Playboy, cui ha detto grazie per la lusinga ma anche no. Perchè conosce i confini del buongusto. «È una vincente – spiega il marito Stefano Corradini, allenatore di sci di fondo delle Fiamme Gialle e del Comitato Trentino -, questa è la sua dimensione. Lei vuole sempre vincere, è arrivata a questo mondali in condizioni perfette nel momento migliore. Sono orgoglioso di lei». La paragonano a Federica Pellegrini, ma lei fa un passo indietro: «Campionesse di quello spessore, sono molto più in alto» dice. Eppure la doppietta d’oro di Anterselva, la erge al rango della ‘Divina’, che il bis in una vasca mondiale in casa lo concesse nel 2009 a Roma. E se proprio vogliamo rimanere sulla neve, l’accostamento è con Deborah Compagnoni, che la doppietta la centrò ai mondiali di Sestriere del 1997 con l’accoppiata gigante e slalom. Benvenuta nel salotto delle regine, ‘Doro’.

Oltre ai media, di lei parlano per fortuna anche i numeri: ha portato per la prima volta in Italia la coppa del mondo, (31 vittorie per un totale di 44 podi) e va ora a caccia della seconda; ha fatto incetta di medaglie mondiali (ben 9, di cui 3 d’oro); ai giochi olimpici ha colto due bronzi, entrambi in staffetta, nel 2014 e 2018. Alla torta manca solo la ciliegina d’oro al poligono di Olimpia. Saranno i giochi di Pechino del 2022, l’ultimo treno? Stando alle sue dichiarazioni, parrebbe proprio così: «Milano-Cortina è troppo lontana. Nel 2026 avrò 36 anni, ma mi volte vedere in gara col bastone? E poi nella vita non c’è solo il biathlon» risponde. Eh già…allargare la famiglia, ad esempio. Magari dopo Pechino, Dorothea. Porta pazienza, ma qui ci siam fatti il palato fino, e mica siam stufi di far festa.