«L’istanza di scarcerazione di Patrick è stata purtroppo respinta.» Così commenta in questi minuti il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury. Il grande rumore intorno alla storia di Patrick George Zaky non ha cambiato le sorti, per ora, della vicenda giudiziaria dello studente egiziano del Master in studi di genere e sulle donne dell’Università di Bologna, arrestato ormai 10 giorni fa al rientro nel Paese natale per visitare la famiglia. Inusualmente, era stato accolto il ricorso della difesa di Patrick contro l’ordinanza di detenzione preventiva emessa sabato 8 febbraio. L’esame del ricorso ha avuto luogo oggi, sabato 15 febbraio. Se fosse stato accolto, Patrick avrebbe potuto essere rimesso in libertà. Ora si passerà all’udienza del 22, nella quale sarà deciso se prorogare di altri 15 giorni la detenzione preventiva.

Il murale della street artist Laika, realizzato vicino all’ambasciata d’Egitto a Roma e rimosso dopo tre giorni

Patrick George Zaky, 27 anni, collabora con un’organizzazione non governativa, in Egitto, che si batte per difendere i diritti umani, la Egyptian Initiative for Personal Rights. Era appena atterrato all’aeroporto del Cairo, giovedì sera 6 febbraio, per tornare nella sua città, Mansura, e trascorrere qualche giorno di vacanza con la famiglia dopo i mesi di studio nel capoluogo emiliano. Ma ad attenderlo ha trovato la polizia egiziana, che lo ha arrestato e interrogatoIl mandato di cattura è del 2019, ma lo studente non ne sapeva nulla. «Per 24 ore di lui si è persa ogni traccia», ha denunciato immediatamente Amnesty International, tramite il portavoce Noury, e la ong Eipr

Riccardo Noury

Proprio a Riccardo Noury abbiamo chiesto un parere sulla vicenda: «Siamo molto preoccupati per gli sviluppi che potrà avere la vicenda di Patrick. In Egitto è partita da subito una campagna di stampa molto diffamatoria nei suoi confronti, narrando che fosse in Italia per promuovere l’omosessualità. Zaky è venuto in Italia non come un latitante che cercava di evitare un mandato di cattura, ma come un brillante studente che ha vinto un Master dalla selezione estremamente rigorosa e è che ha frequentato con profitto per sei mesi con ottimi risultati e ottenendo stima e apprezzamento da parte di tutti. Ci sono delle evidenti ragioni per cui Amnesty International sta chiedendo all’Italia di esercitare influenza nei confronti di un Paese con le cui autorità ha rapporti straordinariamente buoni, peraltro non che abbiano dato qualche risultato questi rapporti straordinariamente buoni dal punto di vista della tutela complessiva dei diritti umani, e nello specifico dell’avvicinarsi alla verità per Giulio Regeni».

«C’è un dovere di protezione che l’Italia è tenuta a dare a Patrick – spiega ancora Riccardo Noury a “IlNazionale.net” – perché era in territorio italiano o probabilmente spiato e seguito, e frequentava un’università italiana. E poi ci sono delle analogie che legano in qualche modo Patrick a Giulio. Due studenti, due ricercatori e due persone di grande cultura. Giulio sequestrato e Patrick catturato dallo stesso soggetto, l’Agenzia per la sicurezza dello Stato, cioè i servizi segreti civili. Finché Patrick è in carcere non siamo rassicurati sul fatto che la sua incolumità fisica sia garantita e stiamo chiedendo la massima presenza di osservatori dell’Unione Europea e dell’Italia all’udienza del 22 febbraio. A tutti chiediamo di sottoscrivere il nostro appello.» Si può leggere il testo al seguente link.

L’appello di Amnesty International

In Egitto l’evidente aumento delle sparizioni forzate risale al marzo 2015, ossia alla nomina a ministro dell’Interno di Magdy Abd el-Ghaffar, che in precedenza aveva fatto parte del Servizio per le indagini sulla sicurezza dello stato (Ssi), la famigerata polizia segreta dei tempi di Mubarak, responsabile di gravi violazioni dei diritti umani: è stata smantellata dopo la rivolta del 2011 ma solo per essere rinominata Nsa. Nella lunga lista di capi d’imputazione che sarebbero stati attribuiti all’attivista Zaky, si legge: «diffusione di false notizie che disturbano l’ordine sociale», «incitamento a protestare per minare l’autorità dello Stato», «incitamento alla destituzione del governo». Come in altri casi, il rischio è che i reati imputati a Zaky si riferiscano in realtà a legittime attività di denuncia, di informazione, di commento pubblico o critica: alibi per legittimare una procedura del tutto illegale. A Verona l’appuntamento per esprimere vicinanza alla vicenda è fissato per mercoledì 19 febbraio alle 18.30 a Ponte Pietra. Questo il link all’evento Facebook con tutti gli aggiornamenti.

L’articolo è stato scritto in collaborazione con Carolina Torres.