In occasione dell’uscita dell’album Crops and Sports, per l’etichetta veronese All Right Riserva Recordz, abbiamo incontrato il pianista Giulio Stermieri. Il quartetto è composto da Giulio Stermieri al pianoforte e Fender Rhodes, Giovanni Benvenuti al sassofono tenore, Martino De Franceschi al contrabbasso e Federico Negri alla batteria.

Ci racconti brevemente come ti sei avvicinato al jazz?


«Ho incontrato per la prima volta il jazz alle scuole medie, quando il professore di musica ci fece ascoltare Blue Train di John Coltrane. Poi spiegò brevemente la forma del blues, mostrò le cinque note della scala che voleva che usassimo, iniziò ad accompagnarci e ci chiese a turno di improvvisare.
Io già suonavo il pianoforte da diversi anni ma l’esperienza sul momento fu sconvolgente. Poi però, come accade per molte cose che si imparano a scuola, me ne dimenticai.
Fu un paio di anni dopo, al liceo, che un mio carissimo amico iniziò a passarmi i dischi di suo padre, soprattutto rock e blues. Un giorno gli chiesi se avesse per caso anche qualcosa di questo John Coltrane di cui avevo sentito parlare, così iniziai ad avvicinarmi al jazz».

Come è nato lo Yabai Quartet?


«Yabai è nato come trio alla fine del 2017,  conoscevo Federico da tempo e mi aveva convinto ad iscrivermi per il biennio di jazz al Conservatorio di Vicenza. Quando ci fu bisogno di una ritmica per accompagnarmi all’esame di ammissione, fu sempre lui a suggerirmi Martino. Ci trovammo subito molto bene e iniziammo a lavorare in trio.
Nell’agosto 2018 ci fu l’opportunità di coinvolgere un ospite in occasione di una rassegna a Mantova e, d’accordo con gli altri, preferii immaginare qualcuno che potesse poi collaborare con noi stabilmente. Conoscevo Giovanni perché per due anni avevamo suonato insieme negli Assassins di Francesco Cusa e mi sembrava la persona adatta per il suono che avevo in mente e per la dimensione umana che desideravo per il gruppo.
Quando Giovanni accettò, iniziai a scrivere i brani che poi sono confluiti in Crops and Sports».

L’album appare attraversato da continui movimenti di contrazione e distensione ed influenze del passato: uno sguardo al jazz elettrico degli anni 70, l’approccio modale di alcuni brani e accenni di avant-jazz. Sei d’accordo?


«In un ascolto a posteriori posso ritrovare le influenze di cui parli, ma non si è trattato di un atto voluto di citazione o di omaggio.
I rimandi alle diverse tradizioni ci sono perché da ascoltatore prima e poi nel corso dei miei studi sono fortunatamente venuto a contatto con molti dei linguaggi associati al jazz. Immagino che qualcosa di queste esperienze, filtrate dal mio gusto, rimanga nella scrittura e nel mio modo di suonare. Nel momento della composizione però non richiamo questi elementi per il contesto da cui provengono, cerco solo di seguire un’idea di narrazione.
Perciò mi riconosco piuttosto nell’idea di contrazione e distensione, che provo a sviluppare nel senso più ampio possibile su tutti i parametri del suono e nelle forme, tanto dei singoli brani, quanto nella forma più ampia della scaletta, nel live, come su disco. Sento questa necessità di equilibrio tra momenti più liberi e altri più definiti per poter dialogare con l’ascoltatore e le sue aspettative, mantenendo quanto più possibile vario il grado di prevedibilità».

Giulio Stermieri Yabai, Crops and Sports

Il progetto è stato registrato per l’etichetta All Right Riserva Recordz di Verona, ci racconti come è nato l’incontro?


«L’incontro è avvenuto tramite Martino, il veronese del gruppo. All Right Riserva è l’etichetta di Yoloco, un’agenzia che organizza eventi da metà degli anni novanta. Abbiamo iniziato a collaborare con loro appena il trio è nato e dopo un anno, nello stesso periodo in cui con Giovanni si definiva il suono del quartetto, Achille Caifa ci ha proposto di produrre il nostro disco.
All Right Riserva per le produzioni di jazz ha un’etica molto rigorosa: la proposta era di registrare tutti e quattro nella stessa stanza, ripresi principalmente da una coppia di microfoni a nastro. Questo approccio, che rende quasi impossibile editare ciò che è stato registrato, è stato di grande stimolo per andare in studio con le idee chiare e ha contribuito molto allo spirito del disco».

Oltre all’etichetta discografica veronese la tua presenza a Verona, in passato, è stata assidua con diverse esibizioni live al Music Pub Cohen: si è creato un legame particolare con la città?


«Negli ultimi due anni, prima del cambio di gestione, ho suonato spesso a Verona grazie ad Alessandro Nobis ed Elena Castagnoli del Cohen. Per il bel rapporto che si era creato, non hanno solo accolto le mie proposte musicali, ma mi hanno anche coinvolto come pianista a presentazioni di libri e reading, potendo così incontrare personaggi incredibili come Mark Worden o Mauro Dal Fior.
Frequentando così regolarmente un locale è stato più facile instaurare un rapporto con il suo pubblico, iniziando così a conoscere alcuni degli appassionati di jazz di Verona con cui si è creato un legame che spero possa durare».

Quali i prossimi appuntamenti per promuovere il disco?


«Al momento abbiamo diverse date sparse nel nord Italia previste per la primavera, ma stiamo aspettando di confermare un evento speciale proprio a Verona, in un luogo che in passato ha ospitato grandi nomi del jazz, in cui da anni non si organizzano più concerti. In quell’occasione presenteremo dal vivo anche materiale del prossimo disco su cui abbiamo iniziato già a lavorare». 


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