Più che un addio, la speranza è che sia stato un semplice arrivederci. Il Chievo torna a Frosinone, nel luogo in cui a fine maggio si è accomiatato dalla massima serie. Metabolizzata la discesa al purgatorio, i gialloblù nel frattempo hanno imparato a conoscere una categoria il cui manuale delle istruzioni per l’uso era rimasto per anni in soffitta. 

Niente paillette

Il nuovo “Benito Stirpe” rimanda anche all’ultima uscita da calciatore professionista di Sergio Pellissier. Chissà se proverà un po’ di nostalgia scendendo in campo, in giacca e cravatta, in uno stadio che ha segnato la tappa di chiusura della sua straordinaria carriera nel Chievo e nel mondo del calcio. Ben ha fatto Sergio, sia chiaro, a scegliere quella occasione per indossare per l’ultima volta le scarpe coi tacchetti: meritava che tutto ciò avvenisse in una categoria adeguata alla sua storia sportiva. Dunque in serie A.

Certo è che, ripensando a quella maglia numero 31 incorniciata nella sede di via Galvani, vista l’eccellente qualità espressa dai suoi ex colleghi veterani ancora in azione è lecito sospettare che tra i cadetti uno con il suo fiuto in area di rigore, pur a 40 anni suonati, avrebbe potuto ancora terrorizzare molti difensori.

La serie B si è svelata in queste prime undici giornate. Un universo lontano in ogni senso da quello a cui il Chievo era abituato. Niente paillette: qui si bada al sodo. Sul campo l’unica certezza è che in questa stagione il campionato appare più livellato che mai. Il tasso tecnico di dodici anni fa è stato in parte sostituito una sensibile componente fisica. Soprattutto in trasferta, ogni campo può trasformarsi in una potenziale Cayenna. In cui vale il detto “ogni lasciata è persa” in termini di occasioni da gol e opportunità di portare a casa i tre punti.

La lettura di Marcolini

Come a La Spezia, ad esempio. Anziché stravincere, come avrebbero meritato, alla lunga Cesar e soci hanno rischiato inopinatamente di lasciarci le penne. Paradossale per una formazione che in campo si muove compatta, è brillante e può contare su elementi che, se in condizione, possono fare la differenza. In Ciociaria serviranno tutte le qualità in gamma. Mister Marcolini ha dimostrato di saper leggere molto bene le partite. La sua squadra è un martello quando sa di poter battere e sa trasformarsi in incudine nei momenti in cui chi ha di fronte sembra aver più benzina.

Unico rebus sono le condizioni delle carte più alte nel mazzo. Giaccherini, Obi, Cesar Vignato, oltre a Djordjević e Meggiorini, sicuramente assenti, appaiono in grado di spostare gli equilibri: per quanto chi è andato in campo al loro posto nei momenti di indisponibilità abbia fatto un ottimo lavoro, è implicito che chi ha alle spalle anni di serie A se non di competizioni internazionali può far la differenza più di ogni altro. Soprattutto a Frosinone, dove di fronte si troverà una squadra con elementi potenzialmente da serie A, che gioca di fronte ad un pubblico caloroso.

La curiosità della vigilia è anche nel modulo che il tecnico del Chievo andrà a scegliere. Il 4-3-1-2 è oramai collaudato, con il trequartista pilotato verso sinistra. Alla guida dei padroni di casa [calcio d’inizio alle 21] Alesssandro Nesta da qualche settimana sta ottenendo buoni riscontri allagando il proprio centrocampo, in maniera non dissimile al Crotone di Stroppa. Due esterni a spingere e coprire e un terzetto a far legna. Mentre sulla coppia d’attacco (Cetar con Rodruguez) non dovtebbero maturare sorprese, il dubbio semmai potrebbe riguardare gli altri settori. Ovvero, dopo l’ottima prova contro i calabresi, Marcolini ha tra le soluzioni quella di andare a specchio di Rohdèn e soci, piazzando due esterni in mediana e tre difensori centrali. Comunque sia, sarà una gara che aiuterà i due club a capire a che punto sono nella corsa a cancellare la nostalgia.

(Foto AC ChievoVerona)