Tanto tuonò che piovve. Mancavano i gol? Ne sono arrivati quattro in una volta sola. Serviva un successo per rilanciare classifica e morale? Nulla più della vittoria conquistata dal Chievo rimontando tre reti può generare fiducia. Se è vero che nel 4-3 ottenuto sul Livorno qualcosa non ha funzionato, il sorriso a trentadue denti con cui Cesar e soci sono tornati a Verona è ben giustificato.

A fine gara Michele Marcolini ha enfatizzato la prova caratteriale della squadra. Ha ragione: è proprio nei momenti di difficoltà che si misura la validità di un gruppo. I meriti, visti da fuori, però, non dovrebbero andare soltanto a chi, in campo, ha fatto la differenza. Un contributo importante è da ascrivere alla sua capacità di intervenire in itinere: le scelte del mister hanno inciso eccome.

La svolta

Come in una sorta di “stop and go”, il Chievo ha sfruttato al meglio la sosta ai box all’intervallo. Il punto di svolta all’Ardenza è arrivato indirettamente a bocce ferme. Dopo un primo tempo di sofferenza, evitato il colpo del kappaò in chiusura di frazione (qui bravo Šemper a sventare una clamorosa palla gol), nello spogliatoio le parole (d’incitamento) e le decisioni (sul piano tattico) hanno permesso al Chievo di svoltare.

Nel primo tempo, soprattutto dalle linee esterne, il sostegno alla fase difensiva ha traballato più volte, in maniera più evidente a destra. Marcolini ha così rimescolato le carte: ha trasformato la linea mediana a quattro, portando maggior ampiezza a copertura e spinta. L’inserimento di Vignato (con Pucciarelli dirottato sull’ala opposta), con la sua classe al servizio dell’esperienza della fase offensiva, ha permesso ai gialloblù di trasformarsi in cacciatore, mentre Marras e soci si sono ritrovati nei panni della preda. Dal quarantaseiesimo in poi la formazione di Breda è apparsa disorientata. Una sorta di contraccolpo tattico ma anche psicologico: dopo aver pensato di avere ormai la partita in mano, gli amaranto hanno perso tutte le certezze.

Il coraggio a volte necessita d’esser stimolato: così è avvenuto in quei quindici minuti nello stanzino. La squadra, presa per mano dalla vecchia guardia, ridisegnata e galvanizzata, si è trasformata da anatroccolo smarrito ad aquila. Una determinazione a cambiare le sorti della partita mantenuta fino al match-winner di Segre.

Le prospettive

Queste prime sette giornate consegnano al torneo dei gialloblù un bilancio positivo. La classifica pone Meggiorini e compagni a metà del guado nonostante prestazioni che, sul piano del gioco, li hanno visti superiori agli avversari incrociati. Il bicchiere mezzo vuoto semmai è causato al basso tasso di conversioni in gol rispetto alla mole di gioco. Un difetto di precisione sotto porta che ha contribuito negativamente ad una raccolta in termini di punti per certi versi modesta rispetto al seminato, almeno prima della gara al “Picchi”.

Analogamente, qualche scricchiolio difensivo ha fatto ondeggiare la barca in un paio di occasioni: senza entrare in merito delle singole prove, non bisogna dimenticare il percorso estivo che, sul piano tecnico ha portato a completare il puzzle della rosa solo nelle ultime ore del mercato. Durante gli ultimi tre mesi Marcolini è stato innanzitutto bravo a tenere alta la tensione del gruppo e dare un’identità alla sua squadra. Una volta definito l’organico, ha iniziato a concentrarsi sull’amalgamare gli ingredienti. Oggi il Chievo è un cocktail di giovani prospetti (nel primo tempo di Livorno dei tre di centrocampo il più “vecchio” contava ventidue anni) che, al momento, per rendere al meglio, necessitano del traino di chi ha spalle esperienza e qualità.

La settimana di stop al campionato arriva, se vogliamo, nel momento giusto. Anche se saranno via ben sette “nazionali”, la pausa consente di rifiatare, lavorare con calma e, possibilmente, recuperare alcuni infortunati. Come Giaccherini, che potrebbe tornare disponibile già dal prossimo turno casalingo contro l’Ascoli, in attesa di indicazioni su Obi e Djordjević, usciti malconci sabato in Toscana ed elementi non certo secondari nell’economia della squadra. Marcolini e i suoi uomini sono attesi da due settimane di “fine tuning”. E dopo lo stop, sarà il momento del “go”.