Ilaria Malagutti, veronese di nascita e di crescita, indole creativa e viaggiatrice, oggi ha base in laguna, a Venezia, da cui però prende spesso il volo verso altri lidi grazie a un lavoro che la porta a contatto quotidiano con il mondo artistico.

Ilaria se ti chiedo chi sei cosa ci racconti?
«Sono nata nel 1982 a Borgo Roma, fino a quando ho avuto 24 anni ho vissuto in Zai, molto prima che diventasse “cool”, e ci stavo bene. Ho frequentato l’istituto tecnico Luigi Einaudi dove ho trovato dei docenti fantastici come la prof. Patrizia Vedovello e dovessi ripetere le superiori le rifarei lì 1000 volte. Mi sono iscritta a Scienze della Comunicazione nel 2001 a Verona e nonostante la facile ironia che spesso accompagna questa facoltà, chi aveva voglia di fare e studiare ha trovato pane per i suoi denti. La nostra classe – e qui metto anche il mio ragazzo, Riccardo, e tutti i miei amici e compagni di corso – ha avuto la possibilità di fondare la radio dell’università Fuori Aula Network e frequentare le lezioni di professori che ho amato alla follia come Adriana Cavarero, Emilio Franzina, il compianto Marco Marandola, esperto di diritto d’autore e senza il quale mai avrei pensato di potermi laureare con una tesi sul diritto d’autore dei format radio televisivi. Verso la fine dell’università la mia famiglia si è trasferita in campagna, nella Bassa, e da lì è iniziato il periodo delle esperienze all’estero tra cui un Erasmus in Spagna, e il progetto Mae-Crui in Canada nonché il primo lavoro in una piccola società di produzione audio, White, che ho fondato con il mio compagno e altri amici quando avevo 24 anni.»

Cosa volevi diventare da grande?
«La panettiera e non escludo di diventarlo un giorno. Da adolescente volevo fare la traduttrice ma a dire la verità quello che speravo era riuscire a lavorare in un ambiente internazionale che mi permettesse di utilizzare le lingue, stare a contatto con persone di qualsiasi tipo, organizzare il lavoro di squadra e di viaggiare.»

Ilaria e una collega in viaggio

Cosa fai ora? E quali sono gli aspetti più particolari di esso.
«Da qualche anno lavoro per un’agenzia di comunicazione di Venezia che cura progetti di arte contemporanea e una magnifica serie di guide in inglese agli eventi più importanti di arte contemporanea nel mondo, “My Art Guides”. Io mi occupo della raccolta pubblicitaria all’interno delle guide e ogni tanto supporto le colleghe nell’organizzazione di eventi. Mi fa un certo effetto essere, per la prima volta in vita mia, la più “anziana” dell’ufficio. A essere sincera, lavorare in un contesto totalmente femminile ha portato inizialmente a parecchi mal di pancia, ma con il tempo abbiamo tutte imparato a parlare più schiettamente e siamo diventate una squadra coesa, considero ogni collega anche un’amica. Quando parlo del mio lavoro, di solito, l’interlocutore presume sempre che l’ufficio sia a Milano e io rispondo sempre che Milano non è il centro di tutto, a dispetto di quello che vorrebbero far credere molti milanesi. Sono molto fiera di lavorare a un progetto unico al mondo e che questo sia basato a Venezia.»

Hai a che fare con l’arte, cosa ti attira di essa.
«Dell’arte in generale mi piace la possibilità di “vivere” un’opera anche dopo che un artista non è più in vita, credo, infatti, che un quadro o una scultura possano parlare anche a generazioni di epoche molto lontane dal loro creatore successive. Dell’arte contemporanea in generale ho capito che questa è una vera industria che smuove flussi e interessi finanziari non indifferenti, concezione abbastanza lontana dal sentimento comune che di solito dipinge il mondo dell’arte come qualcosa di immateriale, di romantico e avulso dal denaro. Tutt’altro: anche nell’arte ci sono fiere da visitare, espositori da incontrare, agenti pronti a venderti fino all’ultimo improbabile frutto delle fatiche dell’artista che devono piazzare in quel momento. Ogni tanto però mi trovo improvvisamente davanti un’installazione che mi smuove nel profondo e lì capisco che l’arte è ancora un lusso necessario ai miei neuroni.»

Ilaria alle prese con la sua passione per l’arte

Viaggi per lavoro? Dove e perché e cosa ti lasciano questi viaggi.
«Di solito viaggio in concomitanza degli eventi di arte più importanti e ormai ho le mie tappe fisse: Dubai, Hong Kong, Miami, Basel. Apprezzo molto il poter organizzare le mie trasferte in maniera autonoma e non è qualcosa che mi pesa, lo sperimentare la cucina locale e il poter viaggiare sia da sola sia con le amiche dell’ufficio, come Carlotta Santini che in questi anni è diventata il mio navigatore ufficiale, da Miami a Basel.»

Da quanto tempo vivi a Venezia e come descrivi questa esperienza fuori casa?
«Dopo un periodo non proprio felicissimo da pendolare, vivo a Venezia da circa 4 anni e mezzo. Trovare casa qui è stato veramente difficile: il problema degli affitti turistici c’è ovunque in Italia ma a Venezia è particolarmente sentito da chi ancora lavora e vuole vivere qui come residente. Personalmente sono sempre stata molto indipendente e avere il mio piccolo appartamento qui mi ha fatto sentire finalmente “adulta”. Considero i miei anni qui a Venezia come un grande privilegio, ogni giorno ci si risveglia circondati dalla Bellezza.»

Amore e odio per Venezia: ovvero cosa ti piace e cosa no?
«Odiavo Venezia prima di venirci a lavorare e abitare: la trovavo eccessivamente turistica (e lo è) e i veneziani attaccabrighe e insofferenti verso chiunque non sia isolano (e lo sono). Ho però imparato ad amare le calli meno frequentate, il rumore delle fontanelle pubbliche la sera, il fatto di poter girare alle 3 di notte senza timore, la sensazione di trovarsi in un posto che è a metà via tra New York e il villaggio di campagna, tanto è varia la gente che ci arriva. Spero solo che l’acqua alta non ritorni a sfiorare i 160 cm da record come a fine 2018: mi allagò casa ed è un’esperienza che non vorrei ripetere.»

Pro e contro dell’esperienza lavorativa veneziana.
«Pro: l’agenzia è una realtà piccola e complessa e molte volte ci si ritrova a fare un po’ tutto, nonostante una divisione dei compiti che è diventata via via sempre più definita. Il mega “pro” è stato quello di essere entrata come addetta all’amministrazione e produzione ed essere passata alla vendita, tenendo un piede sempre nell’organizzazione degli eventi che ci capita di organizzare. Come tutte in ufficio, sono stata messa alla prova e come nei videogiochi, se sopravvivi al livello, passi al successivo. Altro pro, i viaggi: alcuni si stressano, io vivrei con la valigia sempre in mano. Contro: lavorare in un contesto al 100% femminile può essere problematico se non si disinnescano certi meccanismi “sotterranei”. Poi non è piacevole stare lontani sia dai miei familiari a Verona (ma non scrivete che mia mamma è veronese altrimenti si incavola) che dal mio compagno e ogni tanto mi scoccia dover vivere con l’agenda sempre in mano per incrociare viaggi, appuntamenti e riunioni di famiglia.»

Cosa farai, progetti futuri?
«L’obiettivo è scoprire cosa voglio fare da grande, ahahah.»

Consigli a chi, giovane alle prime esperienze lavorative, vuole lasciare la città di nascita?
«Per primo, fare una seria valutazione delle proprie capacità lavorative, economiche e motivazionali, metterli in rapporto con i propri obiettivi e organizzarsi di conseguenza; poi, continuare ad aggiornarsi e studiare anche se si lavora (aver frequentato un corso di inglese mentre ero impiegata in un lavoro che non mi piaceva mi ha “salvato” qualche anno fa; infine, rimanere aperti alle possibilità che ci si parano davanti e saltare su quei maledetti treni, quando ci passano davanti.»

Vivi una storia di amore a distanza, entrambi veronesi ma lui a Milano e tu a Venezia, come fate? (ndr abbiamo raccontato la storia di Riccardo Poli qui)
Con Riccardo ci conosciamo dai tempi dell’università e con il tempo siamo cambiati ma ci siamo sempre sostenuti a vicenda. Vivere tutto a distanza è pesante e non è per tutti ma il patto che abbiamo è questo: finché ci sta bene e ci vogliamo bene, resistiamo.»

Ilaria e Tobi, cane venexian.

So che hai un cane cui sei molto affezionata, lui preferisce Verona, Milano o Venezia?
«Ho adottato Tobi dopo essermi trasferita a Venezia: è ormai un cane “venexian”. Sale in barca senza paura, andiamo a “bacari” insieme, sa trovare la strada di casa tra le calli e ha il senso dell’avventura degno di Marco Polo, si adatta a qualsiasi situazione ma tollera poco i rumori del traffico in terraferma quindi direi che preferisce Venezia (e i suoi parchi nascosti) e la campagna.»

Di Verona cosa ti manca?
«Mia mamma, non cito mia sorella solo perché lei vive in Spagna da 9 anni. L’università e i miei anni passati in radio con Riccardo, il mio amico Fox e tutta la gang della radio universitaria Fuori Aula Network. Le grandi querce della casa nella bassa veronese dei miei nonni, toscani, dove torno ogni tanto a ricaricarmi.»

Di Verona cosa non ti manca?
«La diffidenza verso qualsiasi cosa e il vizio di “fissare” che in molti sembrano avere: una mia amica irlandese me l’ha fatto notare e… può risultare abbastanza inquietante.»