In Gran Guardia una mostra racconta la storia che ha portato all’eccidio e alla migrazione di massa degli italiani, nell’immediato dopoguerra.
Da quindici anni ormai, dal 2004 cioè quando il Parlamento emise una legge ad hoc, il 10 febbraio viene celebrato in Italia come il Giorno del Ricordo, per conservare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
Già, “complessa vicenda” descrive forse in maniera riduttiva quanto avvenne laggiù, in Istria e in Dalmazia, nei mesi successivi alla caduta del Fascismo nel 1943 e le conseguenze della successiva rappresaglia da parte delle popolazioni slave nei confronti dei “nemici italiani”. I quali, e furono oltre 300mila, dovettero letteralmente fuggire in poco tempo (spesso con mezzi di fortuna e cercando di raccogliere in poco tempo il più possibile, fra i propri averi) per evitare di finire vittime dell’odio dei locali, fomentati dal Maresciallo Tito, finalmente liberi di cacciare “l’italico invasore”. Questa sorte, però, non riuscirono a scamparla tutti: furono diverse migliaia, infatti, le vittime degli eccidi di massa (anche se gli storici, è bene sottolinearlo, su questi dati ancora dibattono perché non tutte le vittime sono state recuperate/individuate: si parla di un numero oscilla fra alcune centinaia fino ad arrivare a quasi quindicimila), soprattutto nelle cosiddette “foibe”, il metodo sistematico e purtroppo efficace per sterminare, senza “sprecare” costosi proiettili, gli avversari: si facevano cadere queste persone, il più delle volte legate fra loro, nelle profonde cavità carsiche di cui è caratterizzato un po’ tutto il territorio istriano; la morte sopraggiungeva nel migliore dei casi immediatamente, per le ferite riportate a causa della caduta, e nel peggiore dopo molte ore o addirittura qualche giorno di atroce agonia.
Anche per ricordare, fra le altre vittime, le 800 famiglie che si rifugiarono in quelle settimane a Verona e che vennero inizialmente ospitate in una sorta di “campo profughi” nel Chiosco San Francesco (dove oggi sorge l’Università della nostra città), da una decina d’anni a questa parte il Comitato Provinciale di Verona dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) allestisce una mostra (quest’anno, come negli ultimi, ospitata nella bouvette situata al piano terra della Gran Guardia, in piazza Bra) dal titolo Dedicata al Ricordo per (tentare di) spiegare quei controversi eventi, oggetto ancora oggi di dibattito a volte feroce. La mostra costituisce una bella occasione per approfondire il contesto politico-ambientale in cui nacquero quelle stragi e conoscere la millenaria storia di territori frequentati nel corso dei secoli dai Romani, dai Bizantini, dai Veneziani, dagli Austriaci e da molti altri popoli, che hanno dominato o sono stati dominati. Da sempre terra di conquista e di confine, l’Istria (che deriva il suo nome dal fiume Istro, cioè l’antico modo di denominare il Danubio, che in epoche passate erroneamente si pensava sfociasse in mare proprio in quelle zone) è stata infatti sempre abitata da diverse popolazioni, alcune originarie di quei luoghi (come, ad esempio, gli Illiri), altre arrivate successivamente. La stratificazione ha portato a convivenze più o meno pacifiche (furono soprattutto i Veneziani a creare un buon compromesso socio-economico affinché vi regnasse la pace), che si sono protratte fino alla Seconda Guerra Mondiale. Poi le tensioni millenarie si sono sfogate in pochi mesi e quanto è successo – anche se ancora molto deve essere appurato e ricostruito – deve essere tramandato alle generazioni, affinché si possano evitare in futuro drammi analoghi.
I 36 pannelli della mostra (che sarà aperta dalle 10 alle 19, ad ingresso libero, ogni giorno fino a lunedì 11 febbraio) permettono di effettuare un vero e proprio excursus, una sorta di viaggio nel tempo, attraverso mappe, didascalie e foto d’epoca, ricostruendo così la tormentata vicenda di quei luoghi, soprattutto quella relativa ai secoli XIX e XX, a noi più vicini. È, questa, anche l’occasione per ascoltare il racconto dalla viva voce di Giulio Beltrami, nipote di un esule – scappato nel 1910 da Cattaro, cittadina che ai tempi della Repubblica Veneta era situata nell’Albania Veneta, nel sud della Dalmazia – e socio del Comitato Provinciale di Verona dell’ANVGD, il quale con passione e dovizia di particolari spiega ai visitatori i tanti avvenimenti che hanno caratterizzato la coesistenza fra le varie etnie in quei luoghi. «Fino a qualche anno fa era pressoché proibito parlare di questi fatti», ci racconta Beltrami. «Oggi si sta ricostruendo un po’ di memoria storica ed è importante capire quanto è successo, per farne tesoro. La nostra associazione è diffusa in tutta Europa, ma anche in Nord America e in Australia. Quando c’è stata la diaspora molti degli esuli sono riusciti a raggiungere parenti in zone del mondo non devastate dalla Seconda guerra mondiale e hanno costruito una comunità di esuli istriani che tramanda la memoria di generazione in generazione». Attraverso le sue parole è possibile conoscere i tanti fatti, bellici ma non solo, che nel corso degli anni hanno caratterizzato e influenzato i rapporti fra italiani e slavi, creando le condizioni per arrivare all’eccidio delle foibe e la migrazione di massa da parte dei nostri connazionali.
Le celebrazioni della Giornata del Ricordo proseguono venerdì 8 febbraio a partire dalle 9.30, all’Auditorium del Palazzo della Gran Guardia, con il recital dal titolo Dalle foibe all’esodo giuliano-dalmata, storie umane di orrore e speranza, a cura della Rete Scuola e Territorio: Educare insieme, con il contributo delle professoresse Loredana Gioseffi e Anna Rismondo di A.N.V.G.D., e con la regia del Professor Paolo Tricarico. All’evento, promosso all’interno del calendario dell’associazione Prospettiva Famiglia, parteciperà anche lo scrittore e giornalista del “Corriere della Sera” Gian Antonio Stella. Il giorno dopo, sabato 9 febbraio alle 10.30, è in programma la commemorazione pubblica in piazza Martiri delle Foibe, nel quartiere di Santa Lucia, mentre lunedì 11 febbraio si chiuderà la serie di appuntamenti con una messa a suffragio delle vittime delle foibe e di tutti gli esuli deceduti, prevista alle 10.30 al Cimitero Monumentale di Verona.