Fra le tante “bufale” diffuse su Internet in questi tempi ce n’è una – adottata da una larga parte della popolazione italiana – che afferma che i profughi che arrivano sulle nostre coste siano portatori di malattie contagiose, ormai debellate da tempo nei nostri territori. Una convinzione, questa, che appesantisce ulteriormente il già-non-sereno clima attorno al tema dell’immigrazione e che spesso è al centro di discussioni feroci sui social network, ma non solo. Per fugare ogni dubbio sul tema abbiamo consultato il dottor Federico Gobbi, del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS – Ospedale Sacro Cuore di Negrar (Verona).

Dottor Gobbi, partiamo dalla lotta alle fake news legate al mondo della medicina: il suo collega Roberto Burioni – dopo aver litigato su Facebook con i No-Vax – ha da poco inaugurato un sito per combatterle. Secondo lei questa è la strada giusta per comunicare con la gente riguardo a temi così delicati?

«Sicuramente un sito curato da parte di medici e rappresentanti delle comunità scientifiche, per divulgare la propria opinione su argomenti di interesse pubblico, può essere un metodo di comunicazione diretto ed efficace. All’interno della comunità scientifica, a dire il vero, ci possono essere anche delle discordanze, ma l’importante in ogni caso è dimostrare le evidenze scientifiche. È persino ovvio, comunque, che un sito curato da un professore competente sui vaccini, come ad esempio Burioni, abbia un peso diverso rispetto a quello di un comune cittadino.»

Oggi, però, su Internet si trova un po’ di tutto, anche da parte di sedicenti esponenti della comunità scientifica…

«È ovvio che il singolo utente si possa trovare di fronte a diverse opinioni e prese di posizione. Bisogna capire a che livello sia la sua capacità di discernere l’attendibilità delle verità scientifiche che gli vengono proposte. A questo proposito sarebbe, comunque, fondamentale che le istituzioni e le organizzazioni sanitarie ponessero sempre la loro posizione, sui principali temi dibattuti. A quel punto si partirebbe almeno da una base ufficiale.»

Fra le tante presunte fake news di questi ultimi mesi c’è anche quella, piuttosto diffusa, relativa al fatto che i migranti siano portatori di malattie pericolose, debellate in Italia da molto tempo. In questo caso dove risiede la verità?

«I migranti possono avere alcune malattie infettive, diverse da quelle che abbiamo noi. Parlo di malattie come la schistosomiasi, la strongiloidiasi o la filariasi. Malattie che vanno curate e trattate, perché pericolose per l’organismo di chi ne è infetto, ma assolutamente non contagiose – e quindi non pericolose – per noi. È molto importante capire questo: molte delle malattie che hanno i migranti spesso non sono trasmissibili ad altre persone.»

Qualche giorno fa, però, gli specialisti infettivologi della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) hanno diffuso la notizia che circa 1 migrante su 1.000 arriva malato di tubercolosi polmonare attiva e necessita, quindi, di immediato ricovero e cure. Si tratta di un possibile motivo di allarme?

«Le patologie potenzialmente contagiose per la nostra popolazione portate dai migranti possono essere la scabbia e la tubercolosi, ma sono entrambe patologie già presenti nei nostri territori, perché non sono mai state veramente debellate. La scabbia è per fortuna facilmente curabile, con dei trattamenti ad hoc. Nulla di pericoloso per la nostra popolazione, insomma. Per quanto riguarda la tubercolosi, invece, c’è da dire che la prevalenza della malattia nei Paesi di origine dei migranti è spesso più alta che in Italia. Inoltre anche a seconda del paese di provenienza del migrante esistono percentuali diverse di presenza della tbc. Bisogna, però, sottolineare che dall’Africa difficilmente arriva quella denominata “resistente”, più diffusa nell’Est Europa, in Russia e in Cina, e che necessita di farmaci di seconda linea per il trattamento. Quella classica viene trattata attraverso delle terapie che durano alcuni mesi, ma che permettono di curare perfettamente il paziente. Ribadisco che si tratta solo di un problema di differenza di prevalenza di malattia che comunque è già presente in Italia.»

Per finire, si è diffusa anche la notizia che siano gli immigrati, in realtà, ad ammalarsi quando sbarcano sulle nostre coste. Cosa c’è di vero?

«In effetti molti di loro si ammalano quando arrivano da noi, ma il motivo è dovuto al fatto che vengono ammassati nei centri di accoglienza, dove vivono per molto tempo in condizioni precarie e in condizioni di promiscuità la trasmissione di patologie respiratorie è più facile.»