“Giovani e pandemia. Il ruolo dell’informazione per contrastare il disagio delle nuove generazioni”, questo il titolo del webinar organizzato l’11 febbraio dall’Università di Verona nell’ambito del progetto “Diffusioni: l’università incontra la città”. L’incontro online ha posto innanzitutto al centro la situazione psicologica vissuta – e subita, potremmo dire – dagli adolescenti da marzo dello scorso anno, quando ha avuto inizio la diffusione della pandemia di Covid-19 e, con questa, tutti i provvedimenti volti al contenimento del contagio.

Tra sensi di colpa e capacità di adattamento

Come ha sottolineato Caterina Diani, psicologa e psicoterapeuta specializzata in età adolescenziale e collaboratrice d’ateneo, i giovani si sono ritrovati a dover gestire le conseguenze indirette del Coronavirus, vale a dire non quelle strettamente legate alla malattia, ma quelle legate al contesto più generale della vita adolescenziale. Hanno dovuto necessariamente cambiare il loro stile di vita, limitare o sopprimere i contatti con i propri coetanei, eliminare le occasioni di gruppo, per evitare il contagio, e soprattutto per evitare che si ammalasse o venisse a mancare un loro caro. Questo ha portato inevitabilmente alla nascita «di un forte senso di colpa nei giovani, e quindi a una maggiore chiusura, e ha aumentato i disturbi legati all’ansia e quelli alimentari», ha sottolineato Diani, generatisi anche dal perenne desiderio di avere tutto sotto controllo, atteggiamento che nella norma è invece molto distante dall’adolescenza.

«Per i giovani, nel corso di questa situazione di isolamento e di allontanamento dagli ambienti scolastici e di gruppo in genere, doveva essere fondamentale l’accettazione dell’esame di realtà», ha evidenziato Mirella Ruggeri, docente di Psichiatria nell’ateneo scaligero. Secondo studi molto recenti, ancora in attesa di pubblicazione, «gli psicologi e gli psichiatri sono in grado di affermare che i bambini e i ragazzi cresciuti in un ambiente familiare in cui i genitori hanno accettato la situazione pandemica e il conseguente isolamento e hanno cercato di guardare al positivo, senza concentrarsi esclusivamente sulle mancanze e le negatività, sono a loro volta quelli che hanno subito una sofferenza minore».

Si entra dunque nel discorso legato alla genitorialità, alla responsabilità di essere dei punti di riferimento, persone proattive e coerenti. «Serve chi indichi ai giovani dove trovare delle occasioni positive anche in un momento che può sembrare al primo sguardo solo negativo – ha affermato Ruggeri -, in cui chiarire le incertezze e mostrare quanto possa influire la responsabilità personale di ciascuno».

A tal proposito, questi i consigli e i piccoli metodi dell’Unicef, rivolti ai bambini e agli adolescenti, per vivere nel miglior modo possibile la situazione attuale:

  • riconosci che la tua ansia è del tutto normale
  • creati delle distrazioni
  • trova un modo per collegarti comunque con i tuoi amici
  • concentrati su di te
  • ascolta i tuoi sentimenti, impara a conoscerli e ad ascoltarli e a non averne paura
  • sii gentile con te stesso e con gli altri.

Il compito dell’informazione

Ma quale dev’essere, in questo momento storico, il ruolo dell’informazione? Come deve porsi il settore giornalistico nei confronti dei giovani? Carlo Tecce, giornalista e redattore de L’Espresso, intervenuto alla tavola rotonda online, ha sottolineato con un giudizio piuttosto severo quanto l’informazione abbia sottovalutato, o addirittura in certi casi ignorato, l’importanza della scuola in questo contesto e come si siano altrettanto ignorate le conseguenze psicologiche che questo momento porterà ai giovani.

Commovente, a questo proposito, la frase ricordata da Tecce, pronunciata dalla professoressa Eugenia Carfora, preside dell’Istituto superiore tecnico “Morano” di Caivano, nella periferia di Napoli, luogo tristemente noto per episodi di degrado, spaccio e pedofilia. «Per questi ragazzi – ricorda la preside – andare a scuola significa sentirsi uguali», poiché la scuola diventa conforto, possibilità di avere un futuro.

Al di là, dunque, degli schieramenti semplicistici messi in atto dal mondo dell’informazione, dalla divisione della popolazione in negazionisti, o riduzionisti, e allarmisti, tra chi voleva aprire e chi voleva chiudere, al di là della pervasione della politica e del peso da essa rivestito anche in questi temi, la classe giornalistica, secondo Tecce, ha talvolta tralasciato la cautela e il rigore che, ora più che mai, dovrebbero costituirne le fondamenta.

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