Da qualche anno, il reticolo di strade che circondando piazza Isolo si è arricchito di luoghi molto interessanti che si affiancano a quelli presenti da sempre, o quasi. Ci sono offerte gastronomiche di livello per tutti i gusti, bar vecchio stile e altri più “fighetti” che convivono serenamente in una simbiosi che beneficia tutti, nessuno escluso.

Incontriamo per una chiacchierata Luca Migliavacca, il gestore dello storico “Celtic Pub”, che si distingue nel panorama veronese per la sua professionalità ed esperienza nella gestione dei locali notturni.

Luca Migliavacca con Aurora Suarez, collaboratrice al Celtic Pub

Luca, molti avventori ricordano di averla “già vista in giro”… quali sono le sue esperienze passate?

«In effetti, possiamo dire che sono una faccia nota. Fin da quando, nel lontano 1999, con l’aiuto della famiglia, io e mio fratello abbiamo aperto un locale che pian piano è diventato un luogo di aggregazione e divertimento piuttosto importante nella storia veronese. Per dovere di cronaca, si chiamava “Camelot Knights & Dragons Irish Pub since 1999” ma per tutti gli affezionati clienti era semplicemente il Camelot.

Successivamente ho aperto una piccola osteria che si chiamava “La Locanda della Seconda Balena”, nelle vicinanze della libreria “Feltrinelli”. Una volta terminata questa esperienza, mi è stata proposta la gestione dello storico Celtic Pub e mi sono subito affezionato all’idea di tornare alla mia passione originale.»

A volte è proprio vero che per andare avanti la cosa giusta è un passo indietro. In fondo, si dice che il primo amore non si scorda mai. La sua gestione è iniziata nel pieno della pandemia. Posso solo immaginare le difficoltà ma sono convinta che ci siano anche tante soddisfazioni. Come è andata?

«Non è stato facile. In quel periodo terribile per tutti noi il permesso di apertura dei locali si fermava inderogabilmente alle 18 – un orario non facilmente compatibile con la clientela tipica del Celtic, come di qualsiasi pub, dove di norma si arriva dopo il lavoro per una pinta e quattro chiacchiere. È stata molto dura: abbiamo, noi come moltissimi altri lavoratori della ristorazione, letteralmente “tirato a campare” con quel che si riusciva o ci permettevano di fare.»

Ora va meglio, almeno a giudicare dalle presenze stabili al banco e ai tavolini.

«Meglio. Ma ancora adesso non è semplice andare avanti: i costi di gestione sono lievitati, la “movida” ha creato un tipo di cliente molto diverso, le persone hanno cambiato abitudini e anche i locali sono cambiati di conseguenza. Mi ritengo fortunato perché piazza Isolo è piena di bellissimi locali e funziona da calamita e, anche se noi siamo in un angolino un po’ nascosto, dove bisogna venire apposta, ci siamo accorti che la difficoltà si è trasformata in uno stimolo a farci conoscere e apprezzare. Ormai gli abitanti del quartiere, insieme ai tanti clienti storici del pub, vengono a trovarci sempre più spesso e funzionano come pubblicità nel passare parola agli amici, la vera soddisfazione per chi lavora bene.»

In lavagna vedo una proposta molto coerente con quella di un pub tradizionale. Quali sono i vostri punti di forza?

«Risposta molto facile: le birre, che proponiamo in gran parte alla spina. Oltre alle presenze costanti, ci piace cambiare spesso offerta, prima di tutto perché siamo molto curiosi di assaggiare quello che non conosciamo e ci piace un sacco trasferire questa curiosità anche ai nostri clienti. Le birre che vendiamo seguono quasi sempre la filosofia di una facile beva: leggere, fresche e piacevoli, possono spaziare dalle più classiche e tradizionali anglosassoni (compreso qualche real cask) alle più moderne espressioni dell’artigianalità italiana e straniera.

Per il resto, cerchiamo la tradizione, la coerenza ma con un tocco tutto veronese, coi classici spritz dell’aperitivo nostrano. In sostanza, birra, una trentina di etichette di gin (oltre a quattro cinque toniche in abbinamento) e altrettante di whisky, oltre ai cocktail più in voga e qualche selezionata bottiglia di vino.

Altro punto importante è il cibo. Forte delle mie esperienze precedenti, so quanto conta la qualità e sostenibilità dei prodotti che usiamo, a tutto beneficio del sapore. Ad esempio, per gli hamburger usiamo carne dei pascoli e bacon di malga, tutto dalla nostra Lessinia. Le salse sono fatte da noi, i fritti sono di alta qualità e tutto ciò che non potremmo preparare nella nostra piccola cucina lo prendiamo in rinomate macellerie della zona. Sul banco ci sono sempre polpette, fiori di zucca, baccalà fritto e tartine. Per l’aperitivo facciamo anche un piccolo ma sfizioso buffet e la cucina è aperta fino a tardi.

Infine, ci tengo a ricordare un ultimo elemento molto importante nel pub: la musica. La curiamo molto attentamente, sia per le playlist che allietano in sottofondo, sia per le serate live del giovedì, sospese solo quando fa troppo caldo e fino a settembre. Si alternano gruppi e generi di ogni tipo, anche se – e qui viene fuori di prepotenza la mia età – si tratta quasi sempre di musica che per i più giovani è decisamente “vecchia scuola”. Bello però vedere che la forza di un live ben eseguito supera le generazioni e riscuote consenso trasversale.»

Da altrettanto “vecchia” frequentatrice della vita notturna della mia città, noto un decadimento dell’offerta. Salvo qualche rarità, Verona non fa eccezione in una sorta di omologazione, senza arrivare alle catene con locali che hanno gli stessi mobili dello stesso colore. In un mondo così prevedibile, c’è posto per un pub particolare nella borghese Verona?

«A me sembra di sì, forse pecco di presunzione o forse è solo la mia voglia di pensare che sia davvero così. Ma dopo un inizio complicato, ora le cose funzionano, siamo in crescita costante, magari lenta ma questo ci dà tranquillità per il futuro. Il nostro pub è semplice e accogliente, le persone si conoscono e chiacchierano al banco, ascoltando musica e bevendo una pinta (beh forse anche qualcuna in più!), così come dev’essere in un vero pub all’irlandese e non molto diverso da com’era nelle vecchie osterie che ormai non esistono quasi più.

Credo che se anche le mode sono destinate a cambiare di continuo, le tradizioni invece tendono a rimanere fedeli a se stesse. Ora dimmi, cosa c’è di più tradizionale del primo pub aperto a Verona? Per quanto mi riguarda spero di riuscire a portare avanti questa stupenda tradizione continuando allo stesso tempo a cercare innovazione e nuovi prodotti che possano soddisfare la curiosità nostra e dei nostri clienti.»

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