Dobbiamo in qualche modo rinunciare alle nostre idee su cosa sia giusto o sbagliato, su ciò che si dovrebbe e non si dovrebbe fare, in modo da poter ascoltare senza timore dolore e sofferenza.

Christina Feldman

“In questi ultimi anni, pare gravare sul mondo e sull’umana avventura una quantità di male inaudito, tanto da essere inenarrabile.

Dico pare perché il male ha ammorbato di fatto da sempre la storia umana, ma per il fatto che oggi sia così concentrato, mediatamente e quindi immediatamente avvertito, si ha come la percezione che sia veramente immane, troppo.

Nel giro di tre anni si è verificata una pandemia globale, una guerra ai confini con l’Europa di cui non si scorge la fine, il terremoto devastante in Turchia e nella già vessata Siria. Una crisi economica globale ha segnato profondamente l’Occidente, per non parlare di guerre dimenticate, malattie endemiche, il morbo della fame in grado di uccidere un bambino ogni dodici secondi dall’altra parte del mondo.

A questo si aggiunga la mia e la nostra personale sofferenza; il male che perpetriamo, la corruzione dilagante, l’egoismo imperante, l’ignoranza regnante. E ancora l’ecocidio e il male smisurato su quantità gigantesca di bestie inermi. E poi l’indifferenza colpevole e il silenzio connivente, con la decisione di non decidersi mai da che parte stare.

Male come scandalo

Esiste una domanda antica quanto l’uomo dinanzi a tutto questo, soprattutto quando chi viene colpito è l’innocente e quando questi è un bambino: perché?

Una domanda necessaria, in quanto elevata da esseri umani necessitanti di senso.

E se la domanda viene posta da donne e uomini religiosi, o comunque all’interno di un percorso spirituale, viene necessariamente tirato in ballo Ciò che alcuni hanno imparato a chiamare Dio.

Male come scandalo, pietra d’inciampo, problema, mistero, interrogativo, grido, non-senso, bestemmia. Così è stato declinato dalla letteratura d’ogni tempo e latitudine, da ogni tradizione religiosa e spirituale il tema del male. E proprio le religioni hanno da sempre cercato di comprendere – per quanto possibile – il legame tra Dio e l’esistenza del male.

Si ricorderà l’antico aforisma di Epicuro: «Se Dio vuol togliere il male e non può, allora è impotente. Se può e non vuole, allora è ostile nei nostri confronti. Se vuole e può, perché allora esiste il male e non viene eliminato da lui?».

Ma per rimanere all’interno del secolo breve, non può non venire alla mente la drammatica domanda di Hans Jonas nel suo Il concetto di Dio dopo Auschwitz.

Il Mistero come paravento

Il tema del male e la domanda che porta con sé, mi ha da sempre accompagnato. Dopo molti anni trascorsi all’interno di un istituto di cura avente come mission precipua la cura di malati gravi e soli, mi abita ancora immutata la domanda: perché?

Ma ciò che invece è mutato in me, è il destinatario della domanda: non più un Dio assiso lassù nei cieli, ma l’essere umano. […] Oggi, molte donne e uomini divenuti adulti nella fede, con questo sommo Bene, premurosa attenzione, provvidenza amorevole, padre buono, “difensore degli orfani e delle vedove”, ma implacabile verso i nemici, che vince le battaglie “per noi” ma mai per la parte avversa, grande genitore pronto a togliere le castagne dal fuoco, cominciano a percepire un forte quanto imbarazzante disagio.

Non accontentandosi nemmeno più delle consolatorie risposte propinate dai “professionisti” di Dio che – pur in buona fede – si trincerano dietro al paravento ormai troppo liso del Mistero.

Personalmente cammino in questa narrazione – quella che s’evince dal libro –, in compagnia di tante amiche ed amici. Si tratta di teologi, filosofi, scrittori, cristiani e di altre tradizioni spirituali, credenti, atei e agnostici, comunque liberi e di un pensiero lucido e liberante.

Proprio a loro ho chiesto di farmi dono di alcune pagine, da cui poter respirare la loro personale riflessione sul tema del male, la sofferenza e il dolore.

Come già accadde per un altro tema, quello della preghiera, ancora una volta leggendo i loro contributi mi si è aperto il cuore e la mente, perché continuo ad intravedere strade fino a pochi decenni fa inimmaginabili, intuendo un pensiero libero dai gangli di teologie asfittiche e auto referenziali coltivate nei ‘palazzi’”.

Del Male, di Dio e del nostro amore domani alle 19 in Sala Africa

Così scrive don Paolo Scquizzato nell’introduzione al libro Del Male, di Dio e del nostro amore. 21 dialoghi e un saggio nella collana di Gabrielli Editore “Intersezioni”, cui hanno dato un contributo, oltre allo stesso curatore, José Arregi, Raffaella Arrobbio, Alessandro Barban, Federico Battistutta, Leonardo Boff, Augusto Cavadi, Annamaria Corallo, Claudia Fanti, Paolo Farinella, Paolo Gamberini, Rita Maglietta, Stefano Manera, Carlo Molari, Gianluigi Nicola, Silvia Papi, Alessandra Prema De Salvo, Mariano Romano, Gilberto Squizzato, José María Vigil, Santiago Villamayor, Paolo Zambaldi.

Fresco di stampa, domani sera sarà presentato a Verona alle ore 19 in Sala Africa dai Missionari Comboniani, Vicolo Pozzo 1, alla presenza del curatore, della psicologa e psicoterapeuta Anita Godi, e della teologa biblista Annamaria Corallo, in collegamento streaming.

Dal libro pubblichiamo un estratto da “La gioia che nasce dalla compassione” di Santiago Villamayor.

Oggi, complessità e creatività

Possiamo rinunciare al Dio creatore – il Dio onnipotente e onnisciente che ci mette di fronte al problema del male – e al suo posto trovare la venerazione per la creatività incessante nello sviluppo della natura? Credo di sì. (Stuart Kauffman, Reinventare il sacro)

Oggi il nostro modello di fede sta cambiando radicalmente, tanto che in molti contesti ci troviamo in una fase post-religionale e post-teista, il che vuole dire che abbiamo abbandonato la fede in un Ente Supremo, creatore del bene e privo di male, il quale viene addossato alla libertà umana, creata da Lui stesso. Ma la bontà e la malvagità vanno sempre insieme e sono un risultato del processo di costituzione della realtà e della maturazione della libertà.

La scienza attuale sembra tendere verso un altro modello di creazione che non richiede un agente esterno o un Dio onnipotente. La moderna biologia e la teoria dei sistemi ci aiutano a capire ciò che siamo e come sorgiamo da specie anteriori. I concetti di autopoiesi (autoproduzione) di Maturana e Varela e soprattutto la ricerca di Stuart Kauffman ci pongono in una biosfera autocreativa. Gli esseri emergono gli uni dagli altri secondo la mutazione casuale dei geni e l’adattamento all’ambiente. Ma Kauffman introduce un terzo elemento, la autocatalisi (l’arricchimento e l’accelerazione delle relazioni in un sistema).

Gli elementi di un sistema biologico – molecole, geni, cellule – si interrelazionano con tale intensità e frequenza da rompere l’equilibrio anteriore e suscitare una nuova organizzazione, totalmente distinta. Producono nuove forme.

Non siamo, allora, solo frutto del caso, della necessità e della selezione naturale, ma anche della complessità e dell’auto-organizzazione interna. Siamo vicini a una certa intenzionalità evolutiva, la quale corregge tanto la creazione dal nulla e il letteralismo biblico, quanto l’esclusività del caso e della necessità o il riduzionismo scientifico.

L’impulso naturale della vita

Anche la nuova concezione della verità e della fede cambia la nostra percezione del male. Il male e la morte non sono una condanna per il peccato come a volte viene attribuito alla Bibbia. Le narrazioni religiose possono continuare a essere fonte di consolazione ma solo attraverso una lettura intelligente, che parta dal simbolismo della narrazione e dalle ragioni del cuore. In caso contrario, la lettura letterale le trasforma in fake-news o bufale, e nella post-verità.

Ma anche con queste spiegazioni il male resta con noi e la sua realtà contraddice con i suoi colpi bassi questa visione così ottimista. Allora ci chiediamo come si possa cantare la creatività della realtà se in molti casi si tratta di una creatività negativa, se le mutazioni e gli adattamenti non sempre sono favorevoli e i loro sviluppi spesso nocivi, e la risposta ci arriva dagli stessi limiti della ragione. Quando la ragione fa acqua, il cuore rompe le acque e la bambina si chiama speranza.

E queste sono alcune vene di speranza. L’impulso naturale della vita, sorto nell’oscurità dell’energia cosmica, che ci porta a espanderci e ci conduce fino alla meraviglia della coscienza e dell’amore.

Il benessere, la salute e la gioia di vivere di cui già gode molta gente, pur con scarse risorse e con la consapevolezza della propria provvisorietà, è qualcosa che apre la possibilità che ne possano godere tutti.

Le scoperte scientifiche, l’enorme sforzo per la giustizia, per la democrazia, per l’uguaglianza di genere, ecc. Lì c’è amore. C’è amore e non il nulla o l’odio, e la speranza lo sa.

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