Le immagini dell’Aqua Granda del 12 novembre 2019 hanno fatto il giro del mondo, un picco di marea di 189 centimetri ha invaso la città, le isole di Murano e Burano, Pellestrina con una mareggiata potente e devastante, anche il Lido, di solito preservato.

La laguna faceva paura, con onde anomale provocate da venti locali di Scirocco e raffiche di 100 chilometri orari in combinazione con quattro fenomeni naturali sovrapposti. I 189 centimetri raggiunti il 12 novembre rappresentano il secondo livello più alto dal 1872, poi in una sola settimana tra il 12 e il 17 novembre la marea ha superato ben quattro volte il livello di 140 centimetri, registrando così livelli che entrano tra i primi venti degli ultimi 150 anni.

Un disastro che ha ricordato l’alluvione del 1966 e ha risvegliato la consapevolezza del delicato equilibrio tra l’acqua, la città e la gente che vi abita.

Quella notte sono andati sott’acqua negozi, case, monumenti storici, biblioteche, laboratori. Un mondo inondato e anche distrutto.

Aquagranda, per fare storia e comunità

Nel 2020 è nato il progetto Aquagranda, nell’ambito del progetto H2020 EU Odycceus, insieme all’università Ca’ Foscari e Science Gallery di Venezia. L’obiettivo è di costituire una sorta di memoria collettiva digitale, un archivio di informazioni che raduna scienza, arte e cittadinanza.

L’iniziativa quest’anno promuove una mostra in movimento allestita sui vaporetti Actv itineranti delle linee 1 e 2, dal titolo “Stratigrafie operative” e curata da Armin Linke, Giulia Bruno e Lorenzo Mason. A questo progetto si affiancano incontri e dialoghi sulle maree, “Public program – Radici nell’acqua” (qui i dettagli degli incontri, alcuni anche in remoto, ndr).

Aquagranda si configura come un progetto di memoria attiva della comunità veneziana in continua evoluzione, un dibattito aperto sul rapporto tra città laguna e maree. 

Ca’ d’Oro simbolo di quella notte d’acqua

All’avvio delle iniziative, che dureranno un mese, il 12 novembre si è inaugurata la video istallazione L’antro della sirena del regista Giovanni Pellegrini, all’interno dell’androne della Corte monumentale della Ca’ d’Oro sul Canal Grande.

La Ca’ d’Oro subì gravi danni quella notte, la corte monumentale e tutto l’apparato lapideo dell’androne furono tra gli spazi museali più danneggiati. La pavimentazione – opera novecentesca dell’allora proprietario, il barone Giorgio Franchetti, comunque sempre soggetta alla presenza dell’acqua e dell’umidità -, fu letteralmente sommersa, arrivando a lambire le pareti e tutto il materiale lapideo fin oltre un metro e mezzo.

L’installazione del video “L’antro della sirena” di Giovanni Pellegrini è stata donata alla Galleria Farsetti. Foto Cristiana Albertini.

Il contatto costante dell’acqua salsa comporta inevitabilmente dei problemi: il sale che resta si cristallizza e si insinua nelle fessure dei materiali, scalza i pezzetti di marmo rosso di Verona e disgrega la pietra d’Istria; alghe e muffe contribuiscono al resto.

Uno degli interventi di restauro più lunghi e difficili è stato quindi il lavaggio accurato delle superfici con acqua dolce, per cercare di asportare il sale depositato.

Una video installazione condensa gli eventi di tre anni fa

L’antro della sirena, che è stata donata alla Galleria Farsetti da Ginko Film in collaborazione con Unisve, unisce alcune immagini girate nei giorni immediatamente successivi al disastro, che compaiono anche ne “La città delle sirene” (2020) e in “Lagunaria” (2022). Due pellicole, sempre firmate da Pellegrini, che raccontano in modo poetico l’effetto dei cambiamenti climatici su Venezia e la laguna.

“Nato in barca”, come si definiscono i marinai veneziani, nel 1982, il regista vive e lavora a Venezia. Nel 2012, dopo aver conseguito la laurea a Ca’ Foscari e lavorato come guida econaturalista, si diploma in regia del documentario al Centro Sperimentale di Cinematografia. Sue le pellicole “Bring the Sun Home” del 2013, “Ali di tela” del 2015, “Aquagranda in crescendo” del 2017, e i due ultimi film già citati.

“Lagunaria” è stato presentato in numerosi festival internazionali e racconta, con un aura epica senza tempo e con splendide immagini, la città a partire dalla sua laguna, i suoi innumerevoli problemi, la sua fragilità e la sua forza.

“La città delle sirene” oggi al cinema anche a Verona

La città delle sirene”, invece, racconta la notte del 12 novembre 2019 partendo dalle immagini della casa di Pellegrini e dello studio allagati, mette al centro cosa voglia dire convivere con l’acqua alta e come Venezia affronti la marea. Dal 13 al 19 novembre il film viene proiettato in diverse sale del Veneto e oggi, alle 18.50 e alle 20.10, sarà visibile al Multisala Rivoli.

«Sono nato a Venezia e l’acqua alta ha sempre accompagnato la mia vita. Negli anni ho visto questo fenomeno diventare sempre più frequente e minaccioso, fino alla notte di quel 12 novembre – dichiara il regista -. Mentre filmavo, la situazione di Venezia mi è sembrata sempre di più emblematica del nostro tempo. È il segno di come il cambiamento climatico possa portarci via da un momento all’altro ciò che conosciamo. Sono stati giorni scanditi dal suono delle sirene dell’acqua alta, un allarme a cui non siamo più abituati, grazie al lavoro del Mose, ma che quando capita di ascoltare è capace di gettarci immediatamente nell’angoscia di quei giorni».

Ginko Film per parlare di società e ambiente

Il prossimo progetto di Pellegrini riguarda lo stato dell’acqua e della salute dei fiumi del Veneto, la ricerca delle radici poetiche e culturali degli ambienti fluviali, il mito delle Anguane e le figure mitologiche, la musica e i colori.

Insieme a Andrea Mura e Chiara Andrich, Pellegrini ha fondato nel 2018 la Ginko Film, società di produzione cinematografica e audiovisiva che ha una particolare attenzione al cinema del reale e al documentario su temi ambientali e sociali.

Tra le produzioni più recenti “Toxicily” di Francois-Xavier Destors e Alfonso Pinto (2023), “Il teatro vive solo se brucia” di Marco Zuin (2022), “Transumanze” di Andrea Mura (2021). Attualmente è in corso una coproduzione internazionale ai documentari “Par delà les montagnes” di Manon Ott e Grégory Cohen e “The Last Lesson” di Andrea Mura e Federico Savonitto.

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