Comunque io svuoto sempre la lavastoviglie.

Confesso di essermi recato al cinema un po’ prevenuto, perché quando leggi ovunque sperticati elogi su una pellicola la cosa mi puzza sempre un po’, figuriamoci poi se il tutto è accompagnato dall’immancabile “È un film necessario”, una delle frasette più irritanti dopo “Un silenzio assordante” e “Anch’io sto disattivando!”; ma “necessario” a chi, per chi? Per tutto quel pubblico mediamente erudito ed istruito che vedrà il film, ovvero persone che quasi sicuramente non necessitano di alcuna lezioncina sul patriarcato e sull’uguaglianza dei sessi?

In queste occasioni pare quasi di essere ad un raduno politico con gente che si dà pacche sulle spalle complimentandosi per la propria intelligenza, tolleranza e altruismo, facendo finta di ignorare che al di fuori della propria bolla la situazione è molto differente. Ma vabbè, torniamo al film.

Ce sta ‘a Cortellesi, la prima de ‘a classe (presenta, canta, recita, scrive ed ora dirige) che già nei primi 5 minuti der filme ce tiene a sottolinea’ quanto le donne nel primo dopoguerra fossero discriminate, menate dar marito, pagate du’ spicci in confronto agli uomini e per niente considerate dalla società. Per farcelo capi’ Paola c’ha sempre er broncetto, forse per le pizze prese in faccia, forse per Mastandrea che in casa manco svuota la lavastoviglie, o forse perché la lavastoviglie dovevano ancora inventarla, chissà.

Tutto è in bianco e nero, pure i personaggi e i personaggini di contorno; creare una figura almeno bidimensionale in fase di scrittura probabilmente non interessava a nessuno, quindi via con il marito buono solo per farsi odiare all’istante dal pubblico, via con la protagonista da compatire auspicando per due ore in un suo atto di ribellione, via ai figli rompiballe e sboccati, via alla figlia caruccia che giudica la mamma (tra l’altro Romana Maggiora Vergano regala la prova più convincente dell’intero cast), via al suocero ovviamente maschilista che ha cresciuto un figlio maschilista come la solita storia della mela marcia e bla bla bla, via all’amica comprensiva, via all’uomo dolce che incarna un’occasione di felicità mancata, via alle pettegole da cortile, via al soldato americano che vorrebbe aiutarla perché – si sa – gli americani aiutano sempre tutti e avanti così con altre figurine per riuscire a riempire la durata di un film che, incredibilmente malgrado tutto ciò, non mi è affatto dispiaciuto.

Una lezione calcolata

Paola Cortellesi si conferma anche con la regia una secchiona: ha studiato il cinema neorealista, lo ha fatto suo adattandolo ai tempi con soluzioni magari un po’ ruffiane e già viste – come ad esempio una colonna sonora con brani moderni – però sicuramente d’effetto, ha scelto pochi ed efficaci set ben fotografati, spezza sovente il tono drammatico con riusciti momenti ironici che contribuiscono ad allontanare lo sbadiglio e porta a casa il risultato, ovvero sale cinematografiche piene alle quali seguiranno, ne sono certo, pure dei prestigiosi premi.

Ma (perché c’è sempre un “ma” o anche più) se con gli sceneggiatori avesse dedicato più cura nella creazione di personaggi più sfaccettati, ma soprattutto se non fosse così evidente la volontà di portare avanti un discorso che, per quanto importante e fondamentale, negli ultimi tempi è un po’ inflazionato e al limite della retorica, beh, forse quella sensazione di operazione troppo calcolata che ne inficia la sincerità non l’avrei provata; però è anche vero che io sono solo un uomo, anche se svuoto sempre la lavastoviglie. Comunque da vedere.

C’è ancora domani

Regia di Paola Cortellesi, con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Emanuela Fanelli, Vinicio Marchioni, Giorgio Colangeli e Romana Maggiora Vergano.

Voto: 3/5

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