Ciò che è non è sempre ciò che appare.

Questa massima, tanto vera quanto banale, è il punto di partenza per parlare di un libro come Abito da sera (in originale, Yakaifuku) di Yukio Mishima, pubblicato a puntate su una rivista femminile tra il 1966 e il 1967, ma tradotto in italiano solo nel 2008 negli Oscar Mondadori e riproposto quest’anno dalla casa editrice Feltrinelli. Se siete attratti dalla possibilità di spiare la vita e gli eccessi dell’alta società e dall’ambientazione lontana quanto misteriosa di paesi orientali come il Giappone, allora questa commedia a metà tra la satira e il romanzo rosa fa per voi.

Yukio Mishima è in realtà pseudonimo di Kimitake Hiraoka, scrittore, poeta, saggista e drammaturgo vissuto a Tokyo tra gli anni Venti e gli anni Settanta del secolo scorso. Per la Feltrinelli, oltre alle opere ancora in corso di pubblicazione, sono usciti anche Il sapore della gloria (2010), Confessioni di una maschera (2013), Musica (2013), Il padiglione d’oro (2015) La voce delle onde (2016).

Nonostante oggi sia considerato uno dei massimi scrittori giapponesi del ventesimo secolo (fu candidato al Nobel per la letteratura nel 1968, ndr), è stato ed è tuttora una figura per molti versi controversa, perennemente in bilico tra la sua immagine di convinto tradizionalista e la modernità delle sue opere.

La lunga ombra gettata dalla sua morte, avvenuta in osservanza del seppuku, rituale e privilegio esclusivo della casta dei samurai, ha infatti oscurato per molto tempo l’originalità delle sue opere, intrise di satira e critica ad un mondo che vuole solo apparire, quello dell’alta società giapponese degli anni Sessanta.

Le ombre dell’alta società nipponica

Mishima arringa le Forze di autodifesa dal balcone prima di suicidarsi tramite seppuku (25 novembre 1970)

Abito da sera segue infatti la storia di due giovani rampolli dell’alta società giapponese: la giovane Ayako Inagaki, studentessa universitaria figlia di un importante imprenditore farmaceutico, ma priva di legami diretti con la nobiltà, e l’ambitissimo scapolo Toshio Takigawa, il ricco quanto affascinante erede di Donna Takigawa. Quest’ultimo personaggio, che rivestirà in pratica il ruolo della suocera, è una sorta di “vedova allegra”, a sua volta figlia di un barone e presenza fissa dei ricevimenti più blasonati e chic di Tokyo.

I due giovani, belli quanto raffinati nei gusti e nei modi, vengono fin da subito considerati un match perfetto e spinti ad unirsi in matrimonio secondo l’uso dell’omiai, traducibile con il nostro matrimonio combinato, usanza talvolta ancora in voga nel Giappone più tradizionalista di oggi.

Da qui in poi è un succedersi di ricevimenti chic e alla moda per presentare i novelli fidanzati all’alta società: marche e termini inglesi dell’alta moda occidentale si susseguono nel testo e si sposano perfettamente con i nomi di rituali tipicamente nipponici, riflesso di un tono moderato quanto trattenuto nel modo giapponese di parlare e presentarsi agli altri.

La prigione di un mondo perfetto

Tuttavia qualcosa stona e viene percepito subito dalla nostra protagonista Ayako. La futura suocera sembra agire sempre nell’ombra e secondo i suoi interessi: tutte le occasioni di incontro tra i due giovani vengono trasformate in ricevimenti formali in cui bisogna presenziare in black tie (il famoso “Abito da sera” che dà il titolo all’opera) e ogni tentativo di sfuggire a queste formalità e ritrovarsi da soli viene sabotato.

Lo scintillio di un mondo perfetto e aristocratico, così come di una futura felicità e unione talmente perfetta da sembrare invidiabile, lasciano quindi il posto ad una sensazione di disagio quasi claustrofobica, tanto che il movimento iniziale di inserirsi a tutti i costi in questo mondo per pochi, incoraggiato in tutti i modi dal padre di Ayako, diventa un tentativo di fuga quasi spasmodica alla ricerca di aria.

Lo stesso Toshio, nato in questo paesaggio vacuo e pieno di falsità, manifesta in realtà la stessa insofferenza di Ayako, quando si chiede se la sua vita dopo il matrimonio sarebbe stata solo organizzare ricevimenti e cene di gala. Una ricerca di autenticità che finirà, a discapito delle pressioni esterne, per legare veramente i due fidanzati.

La libertà di scelta preclusa alle donne

Il tutto viene raccontato in generale dall’autore con grande leggerezza e ironia, in qualche modo facendo percepire la stessa spensieratezza di un mondo dove problemi seri come la fame e la povertà non scalfiranno mai una serenità idilliaca, creando al contempo lo spazio in cui la critica per questo tipo di esistenza vuota e vana diventa necessaria, tagliando il velo delle apparenze della trama e del testo.

Abito da sera di Yukio Mishima, Feltrinelli 2023.

Primo fra tutti il punto in cui, dopo aver sorpreso i due fidanzati soli ad amoreggiare, Donna Takigawa insiste sotto falsi pretesti ad anticipare le nozze, forzando Ayako a scegliere se terminare gli studi e laurearsi o se abbandonare per essere solo una moglie altolocata, rivelando un mondo sessista in cui la donna non ha veramente libertà di scegliere. Oscuro presagio questo anticipato dalla stessa madre di Ayako, che ricorda alla figlia come una volta nell’omiai solo l’uomo avesse diritto di tirarsi indietro, lasciando spesso una macchia indelebile nel passato della donna.

I personaggi femminili che ci regala Mishima infatti sono spesso complessi: esteriormente solari, ma tormentati dalle scelte nella loro interiorità. Il romanzo rimane comunque molto divertente nel seguire la storia d’amore dei due promessi sposi e la classica dinamica conflittuale tra suocera e nuora, fino all’epilogo che risolve una situazione tanto tragica per il mondo aristocratico quanto esilarante per quello di noi comuni mortali. Resta ai lettori rispondere al vero quesito, ossia se la scelta finale di vita di Ayako sia stata quella corretta.

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