Si respira. Malgrado il caldo torrido si respira. Dopo il finale da defibrillatore dello scorso campionato – iniziato male, continuato peggio e salvato in extremis – il nuovo anno dell’Hellas Verona comincia con tante curiosità, un buon entusiasmo e quella strana, leggerissima sensazione di giocare una partita di Serie A senza il cappio intorno al collo e la mano del boia già pronta ad aprire la botola. Si respira.

Il Verona ha fatto tutto il contrario di quello che aveva fatto l’anno scorso. Sta lavorando in silenzio, senza fare proclami e promesse da marinaio, ha trovato un allenatore che dal primo giorno ha mostrato una leadership chiara e un progetto tecnico definito, ha portato a termine operazioni di mercato ponderate e realizzate coi tempi giusti. Ha vinto la prima, e i tifosi hanno imparato bene quanto ogni punto possa fare la differenza (proprio contro l’Empoli peraltro).

I numeri degli abbonamenti lo dimostrano. Oltre all’amore irrazionale e passionale c’è una certa fiducia in città, una fiducia con sopra il nome di Sean Sogliano ma di cui sta beneficiando l’intero club. Il credito del direttore sportivo, artefice del miracolo dell’ultima salvezza, è un patrimonio che l’Hellas non si può permettere di sprecare, una linea vita che concede leggerezza a questo nuovo inizio.

Il Verona costruito da Sogliano è – per ora – una grande incognita. Un gruppo pieno di novità su cui è complicato fare previsioni, ma che sta già emanando una positiva atmosfera di entusiasmo fatta di sorrisi, ambientamenti rapidi, disponibilità e convinzione. La prima, fondamentale, vittoria conquistata ad Empoli è figlia di questa atmosfera.

Una pagina bianca

L’importanza di vincere alla prima non si può sottolineare abbastanza. I tre punti alla prima uscita rappresentano il modo perfetto per marcare il distacco dalle ansie dello scorso campionato. È un nuovo inizio e si inizia vincendo: non c’è via migliore per scordare i dolori. 

E come sono arrivati questi tre punti? Ovviamente con il gol dell’attaccante appena arrivato. Un gol di rapina, certamente non bello come la botta al volo su sponda di Djuric che Bonazzoli ha colpito fin troppo bene nella ripresa ma di sicuro più bello della ciabattata di Giasy che ha fatto urlare “cosa s’alo magnà?” dagli spalti metallici del Castellani fino ai baretti sul Lago carichi di aperitivi.

I tre punti sono arrivati grazie anche a una partita tutto sommato solida dei tre dietro – anche se il caldo era tanto e le gambe dure – al sacrificio degli esterni, con un Terracciano pronto a ritagliarsi un ruolo importante e a un Doig che dopo le prestazioni opache della primavera scorsa ha dimostrato di essere un giocatore valido alla causa.

A centrocampo si sono visti tanti errori, ma comprensibili. Dopo l’esperimento (fallito) della coppa Italia, la mediana tutta muscoli con Hongla e Dawidowicz doveva essere puntellata con della qualità. Duda non era pronto, le gambe non giravano e la testa grippava di conseguenza. Tanti errori in appoggio, costruzioni chiamate e prevedibili, ma anche tante cose buone, aperture a testa alta, impostazioni da dietro e disponibilità a rifinire tra le linee assieme ai tre davanti, tutto sommato il polacco si porta a casa la sufficienza, con la prospettiva di fare bene, una volta recuperato fisicamente. 

Davanti il Verona è davvero indecifrabile. Da quanto non si vedevano tre sostituzioni a rivoluzionare l’intero reparto avanzato? Tre uomini veloci e tecnici in un primo tempo senza punti di riferimento, un centro di gravità di quasi due metri nel secondo. Un giocatore, Saponara, che accende la luce e fa sempre la scelta giusta e un ragazzo che il Verona l’ha voluto davvero, e che ha tutto da dimostrare. Quante permutazioni con questi sei uomini? Quante le soluzioni?

Ngonge ha segnato gol pesanti l’anno scorso e ha mostrato di avere tiro e personalità, Mboula è forse il più tecnico dei tre scesi in campo nel primo tempo, e la sua velocità tornerà molto utile, Folorunsho ha la garra di chi viene dalla Serie B e le spallate sulla fascia le conosce bene. Talento e ruvidità che servono come il pane in un campionato che sarà, ancora una volta, una battaglia.

Baroni c’è e si vede

Sacrificio, convinzione, corsa, disponibilità. Ma anche tecnica nei punti giusti. Baroni ha vinto così la sua prima partita in Serie A sulla panchina gialloblù. La sua mano si vede già: aperture di prima, verticalizzazioni, pressing alto e uscite rapide, senza paura di calciare lungo alla bisogna. Certo, lui è arrivato con l’intenzione di giocare a quattro, ma per cambiare un impianto di gioco servono gli uomini giusti e i rincalzi giusti, insomma, servono i schei. 

Nel frattempo, con tutte le incertezze del mercato aperto, Baroni si è adattato cominciando comunque a fare i suoi esperimenti, soprattutto offensivi. I problemi per i progetti del tecnico sono sulle fasce, dove il Verona negli anni ha collezionato giocatori offensivi con i polmoni e la mentalità giusta per rientrare in copertura, non certo terzini. E poi se le ali ci sono, le mezzali non si vedono più da anni. Staremo a vedere.

Il mercato nel frattempo continua con le sue offerte, le sue indiscrezioni, le sue follie e i suoi bidoni. Persino i fondi americani spuntano dalla tana come la marmotta fuori stagione. Se esce dalla tana, avremo altre due settimane di chiacchiere.

Fortuna che è tornato a parlare il campo, fortuna che c’è l’Hellas.

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