La primavera porta all’immancabile campagna delle dichiarazioni dei redditi. Tra scadenze, verifica dei cambiamenti normativi, introduzione di nuove misure e raccolta documenti, è sempre un momento complicato.

Per i contribuenti, per una atavica ritrosia nell’affrontare ogni argomento che riguardi aspetti fiscali, ma anche per gli studi professionali e i Caf, chiamati sempre più a minuziosi aggiornamenti per stare al passo con il nostro Legislatore, fervido di creatività, discontinuo tra un Governo e l’altro.

Proviamo dunque a riunire in questa breve guida alcune informazioni utili a fare chiarezza.

Dichiarazione dei redditi, a cosa serve

Può sembrare scontato, ma serve a liquidare le imposte da calcolarsi sui redditi prodotti nel corso di un anno. Per le persone fisiche, lavoratori autonomi e soci di società di persone, l’imposta si chiama Irpef e, per l’appunto, viene calcolata secondo una logica di progressività. Tanto più si guadagna, tanto più si contribuisce al sostentamento della collettività, più specificamente si partecipa in quota parte a coprire le spese dello Stato. Discorso diverso, di cui non ci occuperemo, è per le imprese strutturate in forma di società di capitali che sono assoggettate all’Ires, quest’anno calcolata con aliquota fissa al 24%, una flat tax per intenderci.

La dichiarazione dei redditi serve, come detto, a calcolare le imposte dovute dal contribuente per l’anno solare di riferimento e permette di verificare se lo stesso ha già adempiuto ai pagamenti corretti durante i dodici mesi precedenti, attraverso le trattenute fiscali effettuate dal datore di lavoro, vedasi busta paga dipendente.

Eventuali debiti/crediti da dichiarazione verranno poi conguagliati sempre attraverso le buste paghe o, nel caso di lavoratori autonomi e soci di società di persone, attraverso l’eventuale pagamento delle imposte con modello F24.

Vari modelli dichiarativi

Per i contribuenti assoggettati a Irpef, i modelli dichiarativi di riferimento sono il modello Redditi PF e il 730. Quest’ultimo è riservato ai dipendenti, pensionati e ai lavoratori in cassa integrazione o mobilità. Il modello PF, invece, per differenza è il dichiarativo dedicato a tutti gli altri soggetti, autonomi, titolari di redditi diversi e soci di società a cui non si applica l’ires, dando una sintesi non esaustiva di tutte le categorie.

La principale differenza tra i due modelli risiede nel sostituto d’imposta. Chi può fare il 730 ha il sostituto d’imposta, cioè un datore di lavoro che per legge può e deve costituirsi come intermediario tra il Fisco e il contribuente consentendo a quest’ultimo di gestire la propria posizione di debito/credito fiscale, attraverso trattenute e accrediti fiscali in busta paga.

Nota non irrilevante è la necessità della presenza del sostituto d’imposta al momento della dichiarazione e dell’accredito o addebito delle imposte, non tanto alla data di fine periodo fiscale.

730, chi non può utilizzarlo

Detto delle categorie a cui è riservato il modello 730, esistono però alcune specifiche situazioni che vanno approfondite.

Sono impediti all’utilizzo del modello 730:
a) gli eredi di contribuente deceduto per il quale si presenta l’ultima dichiarazione (appare evidente che non ci sia la presenza del sostituto d’imposta);
b) coloro i quale non siano residenti in Italia nel periodo fiscale di riferimento e/o al momento della dichiarazione;
c) i contribuenti obbligati a presentare anche altri dichiarativi (es: iva, Irap…), vedasi imprenditori agricoli o venditori porta a porta;
d) chi ha anche percepito redditi diversi o redditi d’impresa nel periodo fiscale di riferimento;
e) chi ha datori di lavoro non definibili come sostituto d’imposta (collaboratori domestici il cui titolare è persona fisica, ad esempio).

Chi non è obbligato alla dichiarazione

Va precisato che in alcuni specifici casi il contribuente non è obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi. Vediamo in quali casi:
a) quando non ci siano imposte da versare o siano già state trattenute correttamente dal sostituto d’imposta. In questo caso il dichiarativo è esclusivamente facoltativo a discrezione del contribuente che valuterà il da farsi in base ad eventuali detrazioni o deduzioni fiscali da apportare.
b) chi ha percepito redditi esenti quali, ad esempio, le pensioni di invalidità.

In generale, appare dunque evidente che il profilo di contribuente non obbligato alla dichiarazione sia per lo più un pensionato o dipendente con un unico datore di lavoro nell’anno di riferimento, in possesso di un’unica abitazione principale e non titolare di altri redditi di qualsiasi natura che non siano esenti o già assoggettati a ritenuta alla fonte.
Appare comunque opportuno verificare sempre la propria posizione, anche se si appartiene a casistiche in possibile esonero, in virtù di possibili errori del sostituto d’imposta nell’effettuare le trattenute fiscali.

Entrando nello specifico, possibili imprecisioni o omissioni possono esservi sovente nelle trattenute riguardanti le addizionali all’irpef (imposte che hanno destinazione regionale e comunale).

Il 730 precompilato

Dalla dichiarazione 2015/redditi 2014 è stato introdotto, all’epoca in via sperimentale, il 730 precompilato. Una riforma fortemente voluta dal Governo presieduto da Matteo Renzi e che nel tempo ha evoluto in maniera significativa il rapporto tra Stato e 23,3 milioni di cittadini, stando ai numeri pubblicati dall’Agenzia delle Entrate e riferiti al 2022. In realtà questo è un dato che si riferisce a quante dichiarazioni 730 vengono effettivamente trasmesse per un anno d’imposta. Se guardiamo, invece, a chi utilizza il precompilato per l’invio effettivo, i numeri si abbassano a poco più di quattro milioni.

La procedura di adesione al 730 precompilato passa attraverso due fasi. La prima in cui il contribuente consulta quanto lo Stato gli propone, attraverso le informazioni in suo possesso, e una seconda fase in cui è possibile apporre modifiche e integrazioni. Questo avviene in circa tre casi su quattro.

Facendo un breve calcolo tra i 730 presentati in totale e quelli inviati precompilati senza modifiche emerge come solo il 5% venga accettato così come proposto dall’Agenzia delle Entrate. Un numero esiguo, ma in crescita. Sia per una maggiore capacità del sistema di identificare correttamente la posizione fiscale dei contribuenti (si stimano in più di un miliardo i dati precaricati a sistema), sia per una progressiva modifica delle abitudini del cittadino che dovrebbe gradire la ridotta possibilità di verifica formale del Fisco sui precompilati (limitata solo ai dati eventualmente integrati).

Dichiarazioni, le scadenze 2023

Per chi presenta il modello 730, disponibile la consultazione del precompilato dal 2 maggio, la scadenza 2023 sarebbe fissata al 30 settembre, ma cadendo di sabato si slitta al 2 ottobre.
Per chi presenta invece il modello redditi PF, la data limite è il 30 novembre, ma solo per chi effettua la presentazione in via telematica. Chi dovesse eventualmente ricorrere alla presentazione in forma cartacea, la scadenza è anticipata al 30 giugno.
Questi, va ricordato, sono riferimenti temporali per la presentazione dei dichiarativi, da non confondere con le scadenze di pagamento.

I pagamenti

Chi usufruisce del modello 730 riceverà addebiti o conguagli indicativamente uno o due mesi dopo la presentazione della dichiarazione. Per i dipendenti di solito è un mese, salvo mancanza di capienza Irpef in capo al sostituto d’imposta.
Viceversa, per chi utilizza il modello Redditi PF i casi sono due:
a) in caso di credito fiscale, questo verrà esposto in dichiarazione per essere riportato all’anno successivo non generando nessun beneficio monetario immediato per il contribuente. Il credito può eventualmente essere chiesto a rimborso, ma i tempi di accredito non sono rapidissimi;
b) in caso di debito fiscale, questo dovrà essere versato tramite F24. Le scadenze per il 2023 sono:
30/06/2023, saldo 2022 e primo acconto 2023 (40% dell’imposta 2022)
30/11/2023, secondo acconto 2023 (60% dell’imposta 2022)

La prima scadenza può essere differita di 30 giorni o rateizzata fino a novembre, in entrambi i casi integrando gli importi con gli interessi. Non è possibile rateizzare il secondo acconto.

©RIPRODUZIONE RISERVATA