La circoncisione maschile è un fenomeno diffuso a livello mondiale e non solo nelle regioni mediorientali, ove è praticata tradizionalmente: si stima che il 75% degli americani statunitensi, a prescindere dal loro credo religioso, sia stato circonciso alla nascita; nella promozione di questa pratica si muovono addirittura istituti dell’ONU come l’Organizzazione mondiale per la salute (Oms) già nel 2006 riteneva la circoncisione una misura da valutare nella prevenzione contro l’Hiv e aveva cominciato a promuoverne la pratica coinvolgendo i governi dei Paesi africani.

Il contesto normativo

Il 4 febbraio 2022 è stata nuovamente pubblicata la “Dichiarazione congiunta in occasione della Giornata internazionale della tolleranza zero contro le mutilazioni genitali femminili”; che afferma, tra le molte cose, che “questa pratica è inflitta a bambine e ragazze, dall’infanzia ai 15 anni, giustificandola (erroneamente) con motivazioni culturali, religiose o sociali” e riprende i principi della Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1991, la quale a sua volta impegnava gli Stati ad adottare “ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali” (art. 19) e “ogni misura efficace atta ad abolire le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dei minori” (art. 24).

Per la questione delle mutilazioni genitali femminili, le prese di posizione del Parlamento Europeo sono giustamente nette: all’art. 5 “sottolinea che, ai sensi dell’articolo 38 della Convenzione di Istanbul, gli Stati membri hanno l’obbligo di perseguire penalmente le MGF, nonché l’induzione, la costrizione o la fornitura a una ragazza dei mezzi per subirle” e all’art. 11 “deplora la crescente medicalizzazione in alcuni paesi e insiste sul fatto che questa è una risposta inaccettabile per affrontare le cause profonde”.

Viene infine stabilito un principio dirimente: sempre all’art. 5, “la Convenzione di Istanbul stabilisce che la cultura, le consuetudini, la religione, la tradizione o il cosiddetto “onore” non possono essere una giustificazione per qualsiasi atto di violenza contro le donne”.

E gli uomini?

Fatte le dovute proporzioni e ribadendo ancora una volta che stiamo parlando di due contesti molto diversi (uno gravissimo, la mutilazione genitale femminile, e uno di lievissima entità e che ha spesso fini terapeutici, la circoncisione maschile, ndr), in quanto compiuta su un minore che non può esprimere una propria volontà e al di fuori di necessità sanitarie pure la circoncisione rituale maschile (e sottolineamo la parola “rituale”, perché i contesti medico-sanitari hanno altra finalità, ndr) dovrebbe essere allo stesso modo contrastata; qui però si entra in un campo in cui la logica e la coerenza si incanalano su rette parallele e si scontrano con esigenze che nulla hanno a che fare con la salute.

Infatti, a livello europeo, la risoluzione 2076 (2015) sulla “Libertà di religione e di vivere insieme in una società democratica” permette la circoncisione rituale a patto che sia fatta in un contesto sanitario: ovvero, che pratiche rituali di matrice religiosa vengano eseguite in un contesto tecnico scientifico.

In Italia, il paradosso risulta stridente: il Comitato Nazionale di Bioetica nel 1998, “ritiene inaccettabile la circoncisione femminile in quanto pratica volta a mutilare irreversibilmente la donna” mentre, poche righe dopo “la circoncisione, ove intesa quale particolare manifestazione del patrimonio fideistico-rituale, viene solitamente praticata attraverso forme e modalità tecniche che non si concretizzano sotto alcun profilo in atti osceni lesivi del sentimento medio del pudore in materia sessuale”.

Se, dunque, per le donne si tratta di una mutilazione irreversibile, per l’uomo il problema si sposta, come nel gioco delle tre carte, sul pudore visto che, di fatto, non è possibile negare che si tratti comunque di un risultato irreversibile. Il CNB, almeno, non riteneva che lo Stato dovesse porre a carico della collettività le pratiche di circoncisione maschile di carattere rituale.

La posizione della sanità in Italia

E invece, le regioni del Friuli e della Toscana lo prevedono. Questo dichiarava già nel 2019 l’allora presidente della Toscana Enrico Rossi: «Propongo che si segua l’esempio della Toscana e di altre Regioni e che sia lanciata, in nome della tutela della salute, una campagna di informazione e sensibilizzazione per arginare il ricorso a pratiche domestiche o esercitate al di fuori di strutture sanitarie. Auspico che presto la circoncisione maschile, tanto quella rituale quanto quella terapeutica, sia confermata e inserita nei Lea a livello nazionale. È un fatto di civiltà, di sicurezza e di tutela della salute.»

Per lo stesso principio, ovvero la sicurezza dei bambini sottoposti a mutilazioni sessuali al di fuori delle strutture sanitarie adatte, anche l’infibulazione femminile dovrebbe essere non solo ammessa ma pure eseguita a richiesta nelle strutture mediche ufficiali “in nome della tutela della salute” e a carico dello Stato: il che è francamente aberrante nell’Anno Domini 2023.

Quindi, torniamo al principio di partenza: l’integrità del corpo di un bambino è un principio condiviso o meno?

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