In provincia di Treviso è stato da poco presentata una piccola antologia che racchiude al suo interno storie di donne della Repubblica Veneziana. Sono storie atipiche, che raccontano l’influenza delle donne nella storia e nella cultura veneta in modo originale, regalando persino qualche sorpresa.

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Alice Barro, presidente dell’Associazione AiutoDonna e co-autrice del volumetto, insieme a Raffaella Pea. L’associazione AiutoDonna è nata nel 2014 ad Oderzo, in provincia di Treviso.

È un’organizzazione che offre gratuitamente ascolto, prima consulenza legale e psicologica a donne in situazione di difficoltà e che subiscono maltrattamenti fisici o psicologici in famiglia, in ambito lavorativo o sui social. Inoltre organizza eventi culturali nel territorio trevigiano e nelle scuole secondarie, per la prevenzione della violenza e il rispetto delle pari opportunità.

Dottoressa Barro, ci può raccontare com’è nata l’idea di questa antologia dal titolo Repubblica di Venezia: donne veneziane pioniere del diritto allo studio e al lavoro, per una cultura delle pari opportunità?

Alice Barro – Foto da Linkedin

«L’associazione di volontariato AiutoDonna viene spesso invitata dalle scuole secondarie a trattare i temi della prevenzione della violenza contro le donne e di educazione alle pari opportunità e del rispetto nelle relazioni interpersonali. Come operatrici ci siamo rese conto che è necessario pensare a qualcosa di innovativo, per non correre il rischio di riproporre narrazioni ormai stereotipate, usate e riusate nelle giornate dedicate alla violenza contro le donne. Inoltre non ci è sfuggita una certa insofferenza da parte degli studenti delle superiori a sentir parlare di violenza contro le donne in termini accusatori per il genere maschile. Abbiamo quindi pensato di proporre la storia delle donne Veneziane che dal 1300 al 1797, si sono emancipate per la particolare situazione sociale a Venezia in cui gli uomini erano spesso assenti per commerci e guerre e per questo motivo si sono visti costretti ad insegnare a leggere e a far di conto alle donne che restavano a casa a governare la famiglia e le proprietà.»

Qual è l’obiettivo che volete raggiungere con questo testo?

«Vogliamo dare una nuova impostazione del problema, una prospettiva diversa da proporre ai giovani e alle giovani di oggi, più che mai alla ricerca di un significato più profondo, di un senso che vada alle radici del problema. Le giovani generazioni studiano ancora oggi la stessa storia e la stessa letteratura dei testi del secolo scorso, i brani di epica, gli autori classici, la filosofia.Non è cambiato molto nei contenuti: è sempre e quasi esclusivamente la storia dei maschi, delle loro guerre e conquiste. Per questo in associazione, durante i nostri incontri, ci siamo chieste: dov’erano le donne mentre succedeva tutto questo? Perché ci sono così poche donne nei libri di letteratura e di storia?»

Rappresentazione del mito di Filide, simbolo in negativo della passionalità della donna che sottomette la razionalità dell’uomo

E cosa avete scoperto, con la vostra ricerca?

«Le prime a mettere in discussione il dogma dell’inferiorità della donna con argomentazioni filosofiche sono state donne veneziane: Cristina da Pizzano, Moderata Fonte, Lucrezia Marinelli, Arcangela Tarabotti. Queste donne non sono citate nelle antologie scolastiche, anche se i loro scritti sono meritevoli di studio essendo frutto di approfondite analisi dei testi classici e di riflessioni originali. Studiando la biografia di queste autrici scopriamo che quasi sempre sono state valorizzate nella loro famiglia di origine per il talento e che hanno avuto le stesse opportunità di accesso allo studio dei loro fratelli maschi mentre nel frattempo quasi tutte le altre donne erano lasciate volutamente nell’ignoranza. Non è banale osservare che queste autrici scrivono i loro trattati per valorizzare la donna in risposta e per controbattere scritti denigratori e offensivi di uomini misogini.»

Perché le donne a Venezia hanno avuto più possibilità che altrove?

Immagine di Cristina da Pizzano, prima donna scrittrice che
vive di questo lavoro per mantenersi.

«Le ragioni di questa emancipazione stanno proprio nell’organizzazione della vita della città di Venezia e del suo territorio: gli uomini erano spesso assenti da casa per commerci o guerre. Quindi, le donne della famiglia per poter gestire gli affari venivano istruite, sapevano leggere, scrivere e far di conto. La Repubblica di Venezia, rivolgendo i suoi interessi commerciali verso il mare e in particolare verso Oriente, mantenne una certa autonomia culturale limitando molto le censure che la Santa Inquisizione imponeva nel resto d’Europa. L’ordinamento giuridico veneziano si è andato costituendo nel tempo come sistema che garantiva controllo ed equilibrio, senza che fosse permesso a nessun doge di diventare un tiranno. Per questo Venezia è una città inclusiva, cosmopolita, serenissima, femmina. Non è un caso che a Venezia sia nata la prima donna laureata in filosofia al mondo: Elena Lucrezia Cornaro Psicopia

La copertina del libro

Quale figura l’ha colpita maggiormente?

«Penso Cristina da Pizzano che scrive La città delle Dame, dove racconta che, dopo aver letto ogni sorta di maldicenza contro le donne nei libri di uomini dotti, viene consolata da tre Dame che le compaiono: Ragione, Rettitudine e Giustizia. Le tre Dame la aiuteranno a fare un esame di realtà e a non credere alle calunnie. Un bell’esempio per difendersi dai giudizi malevoli e dagli stereotipi di genere, che ci condizionano e possono allontanarci dalla nostra vera essenza.»

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