Gran parte dell’Europa sudoccidentale sta vivendo un eccezionale episodio di polvere del Sahara, che ha trasformato i cieli e suoli di molte regioni in arancione.  Il servizio di monitoraggio dell’atmosfera di Copernicus (CAMS) prevede che questo trasporto su larga scala di polvere del Sahara si sposterà nei prossimi giorni più a nord, interessando molte parti dell’Europa occidentale e centrale, previsti cieli torbidi fino alla Gran Bretagna e Danimarca.

Dimensione e composizione della polvere sahariana

Si sono osservate concentrazioni molto elevate di particolato grossolano (PM10) nell’Africa settentrionale e nella penisola iberica, con concentrazioni che raggiungono i 250 µg/m3 in alcune parti della Spagna. 

La granulometria delle polveri sottili sahariane arrivate sulle nostre regioni varia tra 0.5 e 30 μm ( milionesimi di metro), con i picchi centrati sui 10 μm, quindi di dimensioni analoghe alle polveri fini che inquinano le nostre città e cinque volte in più del diametro dei nostri capelli (fig.2).  Tuttavia sono presenti, pur in numero inferiori, anche le particelle “giant” maggiori di 75 μm che ha un effetto sul bilancio radiativo.

Per quanto riguarda la composizione si sono effettuate diverse analisi chimiche delle polveri sahariane dalle quali si vede come prevalgano il silicio, gli ossidi di alluminio, calcio, ferro ecc. (fig.3) e purtroppo sono stati trovati anche diversi tipi di batteri. L’analisi a microscopio mostra che i minerali che costituiscono le polveri sahariane sono prevalentemente quarzo e mica (fig.4)

Deposizione della sabbia

Il sollevamento della polvere/sabbia dai luoghi d’origine richiede diversi fattori: un vento forte, un suolo secco con vegetazione rada o assente,  fenomeni come quelli della saltazione e strisciamento dei granelli che ne permettono lo spostamento, ma ancor più importante il sollevamento verso le quote superiori atmosferiche tramite le correnti aeree che effettuano il loro trasporto a distanza. In questa fase prevalgono due processi: la deposizione umida, ciò la cattura delle particelle da parte delle gocce di pioggia che cadendo al suolo portano con se il particolato che viene reso visibile per esempio sulle nostre automobili come chiazze giallognole e la deposizione secca che avviene senza precipitazioni ed in cui interviene la  sedimentazione gravitazionale per cui nei punti più vicini alla sorgente cadranno particelle più pesanti rispetto a quelle depositate a migliaia di chilometri di distanza.

L’importanza del monitoraggio

Gli aerosol rilasciati nell’atmosfera dall’attività antropica (automobili, industria) ed eventi naturali (incendi, tempeste di polvere, vulcani) influenzano la salute umana, riducono la visibilità e alterano il bilancio della radiazione terrestre. L’Aerosol Optical Depth (AOD) è una stima quantitativa della quantità di aerosol presente nell’atmosfera e può essere utilizzata per stimare in maniera estesa il particolato PM2.5 (particelle inferiori a 2,5 μm di diametro). AOD misura l’estinzione di un raggio di luce mentre attraversa l’atmosfera. Il tasso di estinzione della luce aumenta all’aumentare dell’AOD. Si è ultimamente rivalutato l’impatto sul clima che hanno gli aerosol tra cui le polveri terrigene specie nel bilancio radiativo terrestre. Determinante è inoltre il ruolo che giocano sia come nuclei di condensazione che sappiamo sono funzionali all’origine delle goccioline e cristalli di ghiaccio che producono poi precipitazioni, sia come trasporto di materiale biochimico e batteriologico a distanza.

Il trasporto di nutrienti

La polvere del Sahara fornisce agli ecosistemi terrestri e marini importanti nutrienti come il ferro che è un micronutriente necessario per la fotosintesi nei produttori primari marini come il fitoplancton e altri batteri marini. Nei suoi trasporti la sabbia sahariana può a seconda delle correnti aeree andare verso est, nord ed ovest. Proprio lo spostamento verso occidente è stato oggetto di ricerche da parte della NASA che ha scoperto come il terreno fertile della foresta amazzonica sia tale grazie all’arricchimento di fosforo presente nelle nubi di sabbia nel loro movimento transatlantico.

L’impatto sulla salute

Mentre la sabbia del Sahara può fertilizzare l’oceano e la terra, l’esposizione umana a questa polvere del deserto combinata con la materia organica può causare potenziali infezioni dei polmoni. Gli studi hanno dimostrato che la polvere del Sahara può contenere allergeni biologici tossici e irritanti. È anche possibile che i composti non biologici presenti nella polvere possano generare effetti negativi sulla salute, tra cui malattie respiratorie (ad es. asma, tracheite, polmonite, rinite allergica e silicosi), cardiovascolari (ad es. ictus) e cardiopolmonari.  Inoltre, è stato riscontrato che congiuntivite, irritazioni cutanee, malattie meningococciche e coccidioidomicosi sono correlate alle tempeste di polvere.

Per lunghi periodi di tempo, la concentrazione di polvere in alcune aree supera di parecchie volte i livelli massimi suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Anche la concentrazione di particolato (PM) aumenta a un livello pericoloso che potrebbe minacciare la salute umana e la prima infanzia. Altre ricerche mostrano che porzioni significative di comunità microbiche possono essere trasportate su grandi distanze ed essendo altamente resistenti allo stress e possono contenere patogeni fungini e batterici distruttivi:

L’impatto sul clima

La polvere influenza l’equilibrio radiativo del pianeta in due modi diversi, sia direttamente disperdendo e assorbendo la radiazione solare in entrata, sia indirettamente modificando le proprietà ottiche delle nuvole, esse stesse sono un attore importante nel sistema climatico; quindi nel bilancio radiativo potrà esserci sia un effetto di riscaldamento sia di raffreddamento in base alla dimensione delle particelle di sabbia e alla quota di arrivo delle stesse.  La polvere, abbiamo visto,  contiene anche ferro, un nutriente limitante in molte aree dell’oceano, quindi quando la polvere cade nell’oceano, può fungere da fertilizzante per la crescita di alghe o fitoplancton, che utilizza CO2. 

Piste da sci sui Pirenei trasformate in “deserto”

Durante la storia della Terra, la polvere è stata fortemente legata alle condizioni climatiche: carote di ghiaccio e sedimenti marini ci dicono che il mondo dell’era glaciale era molto più polveroso del mondo di oggi.  Quindi la polvere è sia un motore che un registratore passivo del cambiamento climatico in diversi regimi climatici del passato della Terra. Poiché la polvere colpisce e interagisce con il sistema climatico in tanti modi diversi, per valutarne il ruolo e l’impatto è necessaria un’ampia gamma di esperti: modellisti atmosferici, paleoclimatologi, geologi, scienziati delle carote di ghiaccio, biogeochimici, oceanografi chimici e molti altri.

Importantissimi risultano quindi, i dati raccolti sia con gli strumenti a terra che da satellite (remote sensing) nell’ambito delle missioni satellitari della NASA, tra cui Terra, Aqua e Cloud-Aerosol Lidar e Infrared Pathfinder Satellite Observation (CALIPSO), una missione congiunta tra la NASA e l’agenzia spaziale francese, Center National d’Etudes Spatiales.

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