Perché nel mito greco Ade rapisce Kore? Cercare di rispondere a questa domanda può suscitare la sensazione di non avere spazio, come se si volesse confinare nelle parole qualcosa di infinito.

Di fatto, a pensarci bene, in realtà è proprio così, essendo la mitologia non solo un genere letterario che ci narra di come gli antichi rispondevano alle domande sulla natura e sulla vita, ma anche un qualcosa che trascende il visibile e che fa parte di noi: il nostro mondo interno, la nostra storia.

Mito e psiche

Come accade con i sogni o le fiabe, anche i miti attingono alla dimensione dell’inconscio, diventando un modo per “rimembrare parti di noi tagliate fuori” (smembrate). Le divinità greche rappresentano aspetti diversi presenti nella psiche umana e il pantheon, nel suo complesso, al maschile e al femminile, è presente in tutti noi come archetipo. I miti evocano emozioni, sentimenti, passioni, immaginazione e toccano temi che fanno parte del retaggio umano collettivo; si narrano ancora oggi, dopo migliaia di anni, restando attuali e significativi, perché contengono un anello di verità che accomuna l’esperienza umana di tutti.

Ad esempio, con “oggi sono proprio giù di umore” si intende comunicare che si è un po’ depressi, che ci si sente “sotto” un normale (gradevole, accettabile) livello di umore; e ci ritroviamo in questa dimensione, spesso senza aver ben chiara la strada che lì ci ha condotto perché, come canta Battisti: “Quando la tristezza cade dentro al cuore, come la neve non fa rumore”.

Un po’ come quello che è succede a Kore, la fanciulla, che, rapita da Ade – dio del mondo sotterraneo, delle anime, delle ombre – viene condotta giù, sotto, negli Inferi, in Ade (il nome “Ade” designa contemporaneamente il regno di cui è il solo sovrano).

Ovidio nelle Metamorfosi descrive così il rapimento: ”[…]Qui la primavera è eterna. In questo bosco Proserpina (Kore) si divertiva a cogliere viole o candidi gigli, ne riempiva con fanciullesco zelo dei cestelli e le falde della veste, e faceva con le compagne a chi ne coglieva di più, quando Plutone (Ade)- fu quasi un tutt’uno- la vide, se ne innamorò e la rapì. Tanto precipitosa fu quella passione. Atterrita, la divina fanciulla si mise a chiamare con mesta voce la madre e le compagne e poiché si stracciò l’orlo superiore della tunica, questa si allentò e i fiori raccolti caddero per terra:e tanta semplicità c’era nel suo cuore di vergine, che anche la perdita dei fiori le causò dispiacere.[…]”

La fanciulla senza tempo

Una volta discesa agli Inferi, Kore giovane fanciulla senza tempo “la primavera è eterna” ne diviene regina; il suo nome ora è Persefone (medesima radice di Perse, Perso, Perses, Perseus, che indicava probabilmente fin dall’età pre-greca la regina degli Inferi). Nel frattempo sua madre Demetra (da-meter o da-mater, la madre-terra) si dispera e si arrabbia, scioglie i suoi lunghi capelli, leva dalle spalle la sua veste oscura e vola come un uccello sopra la terra e le acque alla ricerca della figlia, “ rifiutando di adempiere alla propria funzione di dea delle messi. La conseguenza fu che niente poteva crescere e niente poteva nascere. La carestia minacciava la razza umana e Zeus se ne accorse. Mandò Ermes da Ade ordinandogli di restituire Persefone in modo che la madre, vedendola con i propri occhi, abbandonasse la collera. All’udire che era libera la giovane dea balzò in piedi con gioia per seguire Ermes.

“Ma sarai la stessa persona che è stata rapita?”

Quando Demetra vede nuovamente la figlia corre ad abbracciarla e le chiede se per caso abbia mangiato qualcosa nel mondo degli Inferi. Si, Kore ha mangiato dei semi di melograno offerti da Ade, e così facendo trascorrerà una parte dell’anno con sua madre nel mondo visibile e la rimanente parte, nel mondo sotterraneo con Ade.

[…] “Quando sarà con te, la Terra sarà ricolma di fiori e frutti, ma quando tua figlia scenderà nel paese delle ombre, calerà il gelo e sarà deserto, come il tuo cuore comanda, perché Persefone porterà via con se i chicchi delle spighe. Lei stessa sarà come il chicco, che solo se viene sepolto sotto terra può rinascere e germogliare”. Demetra lasciò che spuntasse il frutto nei campi pieni di zolle. L’ampia terra si coprì di una pesante massa di erba e di fiori. […] “Ora il confine tra l’ombra e la vita è reso più incerto.”

Un duplice mondo

Ecco la principale caratteristica di Persefone: appartenere sia al mondo supero che a quello infero. Ma a quale scopo? Una prima lettura di questo mito ci narra della ciclicità delle stagioni come noi le conosciamo. Ma negli Inferi Persefone riceve le Anime e fa loro da guida. “Nessuno la trovò assente”. Quando ritorna da sua madre, si mostra non più come la giovane fanciulla totalmente da lei dipendente, ma come una donna con in sé la ciclica dinamicità, fatta dell’esperienza di tutto quello che ha conosciuto grazie ad Ade, il “Buon consigliere”, che quindi può essere interpretato come fonte di conoscenza soggettiva, come quell’aspetto che ci aiuta con le sensazioni corporee, le reazioni viscerali, le emozioni, le immagini, a saper quale sia la nostra reazione soggettiva a qualcosa o qualcuno. Ed è tutto questo che Kore, stando sotto, scopre e sente.

Stereotipi culturali attraverso le storie mitiche: Persefone ha scelto  l'Amore

Non dobbiamo infatti dimenticare che simbolicamente il regno degli Inferi può rappresentare gli strati più profondi della psiche, luogo dove giacciono le parti di noi che non conosciamo o che non volgiamo conoscere, perché non ci piacciono o perché le temiamo, nel bene e nel male. Nel nostro mondo interno troviamo le nostre ricchezze che appartengono alla sfera sia dell’inconscio personale che collettivo.

Ad indicare l’opulenza di questo regno uno dei tanti nomi attribuiti al suo sovrano Ade è Plutos, il “ricco” ma anche “il donatore di ricchezza”. Quindi “discendere agli Inferi” può significare andar in cerca di quelle ricchezze che in ombra giacciono dentro di noi per poi integrare ciò che si è trovato con quanto già noto (ma c’è anche chi, però, una volta rapito, non riesce a risalire e in Ade rimane intrappolato).

I sotterranei dell’anima

Potremmo allora leggere questo mito come una metafora delle cicliche discese e risalite dentro di noi, nei sotterranei dell’anima; sul piano della quotidianità, traduciamo questa ricerca “più o meno inconscia nell’inconscio” come un periodo più o meno lungo di improduttività, di rallentamento, come momenti di tregua che precedono un nuovo impulso di attività o di creatività. Questo perché tutto ciò di cui abbiamo bisogno per diventare individui autentici, si trova nel nostro mondo interno, sotterraneo; le ombre che lì vivono sono come potenziali che aspettano di nascere. Ma questa dimensione vista con gli occhi del logos, risulta faticosa e quasi riluttante. Chi mai si avventurerebbe spontaneamente in Ade, l’invisibile, il meno rappresentato e il meno conosciuto fra gli dei, che vive nell’ombra, nel suo mondo ricco ma isolato?

Ermes è circondato dagli spiriti dei defunti che attendono sulle sponde dello Stige che Caronte li trasporti nel regno dell’Ade. Dipinto di Adolf Hirémy-Hirschl. 1898. Galleria Belvedere, Vienna

Metaforicamente, per trasformare in Persefone quelle parti che vivono dentro di noi e quindi per poter proseguire nel processo di individuazione, abbiamo bisogno che qualcosa ci rapisca e ci costringa in qualche modo ad attraversare quei momenti che seppur bui e inferi ci permettano di arricchirci grazie alle nostre risorse interne

Ade rapisce Kore perché “ancora non sa” e a lui non si sarebbe mai concessa. Ma poi capita che Ade scopra di aver bisogno bisogno di Kore-Persefone. Infatti la “fanciulla” potrebbe rappresentare quella dimensione, presente in tutti noi, che ignora alcuni aspetti giacenti nei sotterranei. Solo grazie ad Ade, alla sua forza che trascina e che investe di forza, si spinge a conoscere e a vivere le zone d’ombra non più come luoghi spaventosi ma come fonte di ricchezza. Solo così avviene la metamorfosi in Persefone, colei che media fra i due livelli, integrandoli entrambe nella personalità. Ed è proprio questo che Ade scopre di lei, la capacità di fare da tramite tra se stesso e il mondo esterno. E diventa irrinunciabile! Solo grazie a lei egli potrà aprirsi e condividere le percezioni e la ricchezza della propria vita interiore evitando di rimanere eternamente confinato nella sua dimensione quasi grottesca, pieno di ricchezze inutilizzate.

© RIPRODUZIONE RISERVATA