Tu te lo stavi già chiedendo da mo’, ma ‘sta cosa delle selve ha peggiorato la situazione provocando un’estensione del dilemma. Già non ce l’avevi prima, una risposta valida, ma ora ti interroghi davvero sulla ragione per cui la maggior parte dei tuoi amici sia fortemente dotata di quella che potresti definire, ad essere buoni, “un’intelligenza circolare” [d’ora in poi IC]. Spieghiamoci: tu ne sei fan eh, però il fatto che l’IC tra i tuoi conoscenti scorra potente quanto la forza nella famiglia Skywalker ti fa sorgere qualche dubbio, che riassunto in breve suona più o meno così: “sono io che li attiro o la circolarità è generalizzata e, all’insaputa di tutti, la base fenomenologica del mondo, stile terzo mistero di Fatima però più visibile?” Il dilemma è serio, ontologico e pure destabilizzante. Una risposta affermativa alla prima ipotesi è da catalogare sotto “bene ma non benissimo”. La seconda potrebbe aprire nuove piste di interpretazione sociologica.

In breve, ‘sta cosa dell’intelligenza circolare è una teoria di un tuo amico – parecchio circolare pure lui, un po’ il primo prototipo dell’homo circolaris sapiens sapiens – basata su una modalità alternativa di misurazione dell’intelligenza. Cioè: se si misura il QI con valori compresi tra un minimo e un massimo non su una retta ma su una circonferenza, il punto di massima intelligenza e quello di massima demenza obbligatoriamente coincidono. Ergo, ne deriva scientificamente che si possono dire cose scemissime in modo intelligentissimo o cose intelligentissime in modo scemissimo. Poi ovviamente puoi fare anche la roba standard, tipo dire scemamente cose molto sceme, ma lì immagini ci sia un’interruzione della circonferenza che impedisce il sacro contatto tra minimo e massimo. Comunque. La teorizzazione dell’IC è alla base stessa delle selve, qualunque versione esse incarnino – cerchio perfetto stile Giotto o cerchio storto e interruptus stile i tuoi sgorbi di quando avevi 3 anni.

Insomma, come che sia, i tuoi amici/familiari/conoscenti circolari già si davano parecchio da fare prima fornendoti, tra tutti, spunti selvatici sufficienti per vari piani quinquennali di staliniana memoria. Già c’hai le sorelle che parlano del sesso dei pavoni che sono sexy e promiscui, gli amici che ti scrivono che lo squalo ha due peni, chiamati “missopterigi” e usati alternativamente – con annessa analisi psicologica per cui “ovvio che allora ‘sta bestia se ne va in giro per l’oceano con la rabbia addosso, perché lo squalo è frustrato, soffre, è solo ma nessuno lo abbraccia, e insomma la vita è nammerda”, cit. e pure gesummaria, ndr – o che se a pranzo prendi l’insalata, ché già è una roba triste di suo, ti citano Battiato (“A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata / A Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie”). Insomma, #eciaoneatutti già prima. Ma adesso, con la scusa di darti spunti per scrivere, come se già l’universo mondo non fosse abbastanza selvatico, pare si siano risvegliati tutti insieme come un vampiro al tramonto pronto per un party con sangue di vergine. Nel giro di tre giorni tre, uno ti trascina in una specie di posto alternativo dove è fumato anche il cane che circola libero e dove c’è l’elezione di una drag di colore. Una ti manda l’invito ad un gruppo fb di gente coi cani da cui affermazioni tipo “tesoro cucciolo mio” sono bandite a vantaggio di narrazioni di disavventure di quadrupedi e/o padroni disagiati – qui tu stai a casa, perché pure tu hai un cane sì patato ma pure disagiato, visto che casca nel fiume per vedere le anatre mentre tu, nell’ordine, a. chiami i pompieri b. ti fai aiutare a estrarlo da un passante volenteroso e dall’ex marine suo amico, per poi c. richiamare i pompieri dicendo che è tutto ok e d. scusarti con una decina di pompieri ormai arrivati in loco e che per fortuna la prendono sportivamente senza buttarci te, nel fiume. Un altro, dopo aver letto la selva pre-natalizia si prende per tempo e il 5 dicembre, simultaneamente, ti invita alla festa del regalodemmerda e ti manda un wup sonoro che fa testualmente, tranne la punteggiatura che hai messo a tuo criterio e per mero scrupolo filologico: “[sottofondo di musichetta natalizia] Era un Natale difficile: le renne avevano la dissenteria, e Babbo Natale aveva dovuto pulire tutta la stalla. Metà degli gnomi era a letto con l’influenza, e gli elfi erano in sciopero per solidarietà con i tacchini. Poi si era rotta la slitta e Babbo Natale si era appena maciullato un dito per aggiustarla, quando entra un angelo e dice “auguri, auguri!”, dove lo metto l’abete? E fu così che nacque la tradizione dell’angelo in cima all’albero di Natale [aumento del volume della musichetta natalizia]”. Ora. Siccome stai ancora ridendo – non per niente stai nel gruppo fb dei disagiati –, tu decidi di lasciar perdere i dilemmi ontologici, anche perché c’è una forte probabilità che quello dell’IC sia un non-dilemma: forse l’intelligenza non c’entra e si tratta di banale demenza, senza nessun bisogno di scomodare alcun tipo di circolarità.

 
 

Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita./Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte/che nel pensier rinova la paura!

Tant’è amara che poco è più morte;/ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,

dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte./Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,

tant’era pien di sonno a quel punto/che la verace via abbandonai.

Dante Alighieri, Commedia. Inferno, Canto I