Come ci spiegano gli antropologi, è il riconoscimento della differenza a creare identità. Grazie agli Altri, esistiamo Noi. Quanto di originale e specifico ci sia in quel “Noi” è un altro discorso. L’ostinazione di Carlo Calenda ad escludere i 5Stelle, condivisa dai neofederati di Benedetto Della  Vedova, origina dalla fatale debolezza di un’area politica che è oggi allo “stato nascente”, come dicono i sociologi. Quando si è forti e riconosciuti, costa poco essere tolleranti. Quando si è ancora deboli è più difficile.

Ma andiamo con ordine. La vicenda 5Stelle – Azione e +Europa – Tommasi rimanda a tre questioni.

Liberaldemocratici. E basta

Il sistema politico veronese, quindici anni fa, molto più e molto prima di quello nazionale, vide crollare i consensi fino ad allora maggioritari vantati dal centro dello schieramento. Schiantata dal tifone Tosi, Forza Italia cercò di reagire nel 2012, candidando, contro l’ex sindaco, un professionista coi fiocchi come l’avvocato Luigi Castellini, poi duramente sconfitto. Da allora, poco più del nulla, in tema di idee, proposte, visione della città. Molti elettori di centro si sono così abituati a votare a destra. Nel frattempo, Flavio Tosi, all’inizio del secondo mandato, si è staccato da quello che era stato e aveva rappresentato, spaccando a metà quel mondo. Tuttavia, l’ex enfant-prodige della politica veronese non ha mai mostrato di volere ricostruire un centro: semmai, ha cercato di modernizzare la destra, civilizzandola – per così dire –  dopo gli eccessi sovranisti e populisti. Non è che sia rimasto a metà del guado: questo voleva fare e questo ha fatto.  Bisogna essergli grati. Quello che la destra-destra è a Verona ha avuto la sua palmare espressione nel terrificante Congresso della Famiglia del 2019: putiniano, cesaro-papista, reazionario, omofobico. Ma il centro era ed è rimasto lì, in attesa che qualcuno lo rappresenti. C’è un lavoro politico ancora da fare.

Giorgia Meloni al World Congress of Families tenutosi a Verona nel marzo del 2019

In questo quadro, Azione e + Europa hanno cercato di dipingere il centro della sinistra, peraltro su temi generali, nobili ma non territorialmente specifici. Col risultato di apparire troppo liberal per gli uni; e troppo liberisti per gli altri. Non hanno affrontato il vero nodo della questione: fare centro stando al centro. Rendere autosufficiente un’area liberaldemocratica smarritasi tra le lusinghe berlusconiane prima e le derive populiste poi. Per farlo, non bastano le battaglie per i diritti civili e l’europeismo. Occorrono idee per la città. Visione, soluzioni, copertura programmatica di interessi sociali. Occorrono iniziative politiche nel territorio. Militanza. Idee prodotte e consumate entro le nostre mura. 

Il rapporto tra istanze nazionali e territoriali

Autonomismo…: una barzelletta. Mentre il governatore Luca Zaia ci ricorda un giorno sì e uno no i diritti dei Veneti consacrati dal referendum del 2017, nel territorio tutte le forze politiche, a partire dalla Lega, si fanno condizionare pesantemente dalle segreterie nazionali. Se si interrogasse la base leghista scaligera, buona parte sceglierebbe Tosi, non Sboarina, lo sanno tutti. Ma non si può. “Accordi nazionali, mi dispiace, facciamo un’altra volta”.  Idem Forza Italia.

L'out out di Calenda a Tommasi: “O noi o i cinque stelle” - Verona News
Il “tweet” della discordia di Carlo Calenda

Data la perdurante dipendenza berlusconiana – il loro peccato originale: risorse materiali ad libitum, metà dei mass-media a disposizione, ecc.. – i forzitalici sono costretti a seguirne le bizze e gli errori a volte colossali (vedi Quirinale). Potrà accadere perciò, fra alcuni giorni, che Arcore decida che l’assemblea provinciale dei delegati veronesi non conti assolutamente un fico secco e che Forza Italia scaligera, al posto che stare con la destra buona di Flavio Tosi, si accordi con la destra cattiva di Federico Sboarina.

Infine Azione e +Europa. Hanno partecipato dall’agosto scorso a tutte le riunioni della coalizione di Damiano Tommasi. Hanno lavorato al programma, coordinato tavoli, fatto squadra e sul più bello, a causa di un tweet romano, tutto cade inesorabilmente a due mesi dalle elezioni. È inaccettabile. Come si può pensare di radicarsi nel territorio senza tenere conto delle specificità, delle relazioni concrete, delle opportunità?

Un soggetto costituente

Azione e +Europa si sono appena federate, non possono certo distinguersi in un’occasione così importante; né Calenda può dire: “ho scherzato”: ha già messo abbastanza in difficoltà la sua direzione provinciale. Come uscirne, allora? La soluzione potrebbe essere quella di sfruttare l’imprevisto per fare oggi quello che era già necessario fare ieri. Un lavoro politico, rapido ma profondo, che scavi nella città alla ricerca di risorse da fare confluire in una lista terza, rispetto ai due soggetti fondativi, e in un programma proprio, specifico, da confrontare con quello degli altri. Non basterà mettere assieme dei nomi. Il rischio è che l’operazione appaia semplicemente come una pezza da mettere a una toppa. E allora non servirebbe a nulla, se non a sprecare energie e deludere l’elettorato. La formazione della lista dovrebbe diventare l’occasione per attivare nuovi rapporti con ambienti professionali, imprenditoriali, accademici, sociali…Quello che tiene lontano tanti potenziali interessati ad una nuova proposta è la sensazione di sedersi a un tavolo già apparecchiato, con un menu fisso da digerire e il capotavola assegnato. È invece indispensabile che il nuovo soggetto si presenti come un vero e proprio soggetto costituente. Un’occasione per portare competenze, relazioni, idee. Cercando interlocuzione, senza fare gli sputini, anche in quella parte di Forza Italia o Italia Viva o delle destre che si trova in difficoltà sul piano dell’identità e del ruolo.

La “Rete” di Damiano Tommasi si è presentata compatta alla stampa: pochi giorni dopo la spaccatura con Azione e +Europa a causa della presenza del Movimento 5 Stelle all’interno della coalizione

Un soggetto in grado, nelle prossime settimane, di proporre almeno tre o quattro ben strutturate iniziative pubbliche su altrettanti temi di grande interesse cittadino, trasmettendo un’identità chiara, autosufficiente, non derivata per opposizione. Come giustificare il cambio di rotta? Dicendo la verità. Gli equivoci con Tommasi e i 5stelle hanno evidenziato la necessità obiettiva di accelerare la costruzione un soggetto politico nuovo, bene identificabile, da ancorare saldamente al tessuto produttivo e sociale scaligero.

Da tempo tanti osservatori annunciano che è il centro il nuovo spazio destinato ad aprirsi per gli elettori italiani. Questa è una prima occasione per dimostrarlo anche a Verona.

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