Gioie e dolori da Beijing 2022 dove gli atleti azzurri si stanno distinguendo per quantità e varietà di medaglie raccolte in molte discipline diverse. Questi successi però non devono portare false illusioni e nascondere i settori deludenti o dello scarso ricambio generazionale a cui in molte discipline andremo incontro.

Medagliere italiano ricco e vario

Medaglie tante e in otto discipline diverse. Un record che restituisce gran lustro alla spedizione azzurra in Cina e che arriva già dopo la prima settimana di competizioni. Il risultato conseguito, a prescindere dal posizionamento nel medagliere, ha un valore maggiore anche rispetto alla quantità di allori complessivi conquistati e fa gioire i vertici dello sport italiano. In effetti, eccellere in alcune discipline può dipendere dallo stato di grazia di singoli campioni. A Beijing 2022, invece, la squadra italiana sta dimostrando una qualità diffusa, sintomo di capacità di eccellere ad ampio spettro. Aspetto non affatto scontato, in quanto è ben noto che negli sport invernali le risorse azzurre siano di gran lunga inferiori a quelle di altre superpotenze.
Buoni segnali, ma che vanno interpretati anche in chiave futura. E qui le valutazioni tendono a lasciare il posto a considerazioni meno ottimistiche, vista l’età di molti dei nostri atleti di punta e l’assenza di ricambio in ottica 2026.

Le medaglie azzurre

La coppia Michela Moioli/ Omar Visentin conquistano un argento nello snowboard cross. Poteva essere oro, visto l’andamento della gara. Rimane in ogni caso stupefacente se pensiamo che due mesi fa la partecipazione di Omar alle Olimpiadi era a rischio. Per non tacere poi dell’uscita di Michela nella gara individuale di pochi giorni fa. Brava a rialzarsi.

Immensa Dorotea Wierer che nella gara sprint porta a casa un bronzo dal valore inestimabile. Il risultato è importante in chiave azzurra perché salva sin d’ora il bilancio italiano del biathlon, per il resto in rosso. Da campionessa qual è, la Wierer ha tirato fuori la sua migliore prestazione di carriera con un ultimo poligono in piedi già leggendario. 22 secondi di shooting time senza errori. Per i non appassionati significa poco, ma basta rivedere le immagini di quel poligono per accorgersi di quanta classe, velocità e determinazione abbia messo l’atleta altoatesina in quegli ultimi cinque spari privi di errori. Uno spettacolo. E ora non è finita perché nella gara ad inseguimento Dorotea potrà bissare, avvalendosi del vantaggio conquistato.
Incredibile, di contro, l’involuzione di Elisa Vittozzi. Solo pochi anni fa era nell’elite del biathlon. Oggi è un’atleta da retrovie alle prese con difficoltà al tiro davvero incomprensibili per una professionista di tali trascorsi. Passare dal 90% a poco più del 50% in stagione non può avere una spiegazione esclusivamente tecnica o di preparazione.

Davide Ghiotto conquista il bronzo nella massacrante gara dei 10.000 metri nel pattinaggio. Laureato in filosofia, il finanziere vicentino alterna periodi di allenamenti all’estero – in Italia non esiste una pista coperta – a sessioni di preparazione in Italia. A Baselga di Pinè in primis, ma anche a Montecchio Vicentino dove c’è un impianto adibito ai pattini a rotelle. Insomma, quella di Ghiotto è una prestazione che si sviluppa nelle nicchie nascoste di talento tra sacrifici, tanta volontà e ben pochi agi e risorse. Come spesso accade in Italia.

Valanga azzurra: delusioni, polemiche

Nella salvifica attesa che Sofia Goggia trasferisca il suo immenso talento sulla “Rock” molti sono gli spunti che arrivano dalle piste di gara.

Il super G femminile ha consacrato Lara Gut tra le migliori sciatrici della storia. Le mancava l’oro olimpico nella “sua” disciplina. Quella in cui è più evidente la capacità della svizzera di adattarsi al tracciato e di interpretare le curve veloci senza prove. Una vera maestra della velocità, senza pari per grazia ed equilibrio in pista, così come nel cerimoniale e nelle interviste di rito con l’alloro al collo.
Peccato che l’oro olimpico sia arrivato su un tracciato semplice, più simile a quelli dei raduni sociali di fine stagione. Sarebbe stato l’ideale per le doti di scivolatrice di Goggia, ma non era partente per i noti motivi. Non era il tracciato ideale per Federica Brignone, sul podio virtuale senza i 20 secondi finali di scivolamento, più di un quarto del tempo di gara. Non lo era nemmeno per Elena Curtoni e Marta Bassino per caratteristiche tecniche e fisiche, andate alla deriva.

Nel frattempo, la vicenda “Marsaglia” – ne abbiamo parlato nel precedente articolo – prosegue nel silenzio più totale. Non che ci si aspettasse qualche dichiarazione ufficiale a spedizione olimpica in corso, ma questo tacere fa aumentare le perplessità e una certa indignazione. Il timore è che le responsabilità non siano addossabili solo al DS Massimo Rinaldi, che viceversa avrebbe già perso il posto per salvare onore e immagine azzurra, ma che vadano ricercate a più alte sfere. Sempre che la vicenda non sia solo frutto della fantasia di atleti delusi dai risultati, cosa ben difficile da credere.

Una bella storia olimpica

Non ci sono solo polemiche nello sci alpino a Beijing 2022. E nemmeno solo atleti delusi, vedasi Mikaela Shiffrin su tutte a cui rimane solo la combinata per salvare il salvabile. Emergono anche storie fantastiche, storie olimpiche a tutti gli effetti.

La carriera sportiva di Johannes Strolz è emblematica in tal senso. Figlio d’arte, suo padre oro a Calgary 1988, lo slalomista austriaco non è mai stato un fenomeno. Ormai trentenne, quest’anno sembrava avviato sul viale del tramonto senza podi in Coppa del Mondo. Abbandonato anche dallo squadrone del suo paese, sempre pronto a rinnovare il proprio parco atleti di eccellenza. Strolz inizia la stagione in corso privo anche della fondamentale figura dello skiman, poi la grande opportunità a gennaio 2022 sulla pista di Adelboeden. Una sorta di Wimbledon dei gigantisti, ma il tracciato di slalom speciale non è da meno per rilevanza sportiva.

Con il pettorale 38, numero altissimo per sperare di arrivare a podio, addirittura vince dopo una gara assurda in cui il nostro Alex Vinatzer, ad esempio, recupera 21 posizioni, pur facendo un errore clamoroso nel finale.
Strolz, avvalendosi di questo risultato, ottiene la qualificazione olimpica e non delude, e si aggiudica pure la combinata di Beijing 2022. Come a voler dire che i sogni si possono concretizzare anche quando ormai nemmeno si sogna più.

L’altro lato della medaglia della storia di Strolz

Le prime pagine ora sono per tutte per Strolz ma, se ci fermiamo a riflettere, questa bella storia di sport nasconde altro. Lo sci alpino, come alcuni altri sport, impone una maturazione a step comandati e precoci. Se non vali ad una data età, non sfondi. Il sistema non ti aspetta ed è molto difficile avere altri treni. Può essere che questa sia una sacrosanta legge dello sport professionistico, ma in fondo sappiamo bene che non tutti i talenti maturano alla stessa età. Esigere uno sviluppo sportivo precoce in generale non può essere un bene, sia per chi poi mai arriverà ad una Olimpiade, sia anche per il futuro professionista in termini di longevità di carriera.
Nello sci alpino il sistema è talmente selettivo, esigente e incalzante, specie in quelle nazioni dove c’è tanto talento diffuso, che qualche interrogativo sul sistema vigente andrebbe posto.

Sci di fondo, dopo le Olimpiadi occorre voltare pagina

Federico Pellegrino a parte, la spedizione italiana sta raccogliendo solo sonore batoste ed è difficile che le cose possano cambiare prima della fine della rassegna. Non scopriamo certo oggi il livello del team azzurro, ma la debacle che si prospetta anche nelle staffette, potrebbe arrivare come stimolo per un più urgente cambio di rotta in seno ai vertici tecnici e dirigenziali. O dimostriamo, prove alla mano, che gli altri viaggiano di più in quanto competono con mezzi non leciti o, altrimenti, occorre fare mea culpa e lavorare per Milano-Cortina 2026 con metodi diversi e rinnovato entusiasmo.
Lo stesso Pellegrino è “scappato” dall’Italia per preparare le Olimpiadi, unendosi ad un team di lavoro straniero. Va detto, senza per questo riuscire a colmare il gap con Klaebo.
In ogni caso, per le prossime Olimpiadi siamo già in ritardo e mascherarsi dietro alle difficoltà con la preparazione dei materiali – scusa buona per ogni momento – non può essere sufficiente a giustificare i troppi minuti di ritardo nei vari arrivi.

La nostra Lucia Scardoni si è difesa nella 15 km per un 38° posto finale non del tutto soddisfacente che può avere una duplice interpretazione. O il mix di forma/materiali non è al top, o l’atleta veronese si sta un pò risparmiando per la staffetta sprint mista, gara in cui abbiamo un lumicino di speranza di ben figurare.  

ROC – ancora scandalo doping

Le frontiere del doping sembrano allargarsi sempre più e tra le fila del Russian Olimpic Comitate – ufficialmente la Russia è squalificata proprio per doping di stato – si è andati oltre l’accettabile. La quindicenne Kamila Valieva pare essere risultata positiva alla Trimetazidina, farmaco pericoloso per la salute e inserito nell’elenco dei dopanti. Prodotto che di certo una minorenne non può aver assunto in piena autonomia. In attesa che la positività venga confermata, lo scandalo è già partito con implicazioni sportive e legali molto dubbie, in quanto la minore età dell’atleta coinvolta crea seri problemi di giurisprudenza. Vedremo, ma girarsi dall’altra parte sarebbe criminale.

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