Inutile girare intorno alle questioni. Il fascino di un’Olimpiade invernale sulle Alpi manca da troppo tempo un po’ a tutti gli appassionati. Beijing 2022, pur dotata di impianti impeccabili e organizzata con grande professionalità e ordine, è ancora una volta un’Olimpiade non del tutto coinvolgente. Dopo Sochi 2014 e Pyeongchang 2018, occorre adattarsi, nella speranza del ritorno del pubblico nelle arene delle gare e nell’attesa che arrivi Cortina 2026. All’ombra delle Tofane godremo di tutto un altro spettacolo.

Un’Olimpiade però è pur sempre un grande evento sportivo e le storie che porta alla ribalta non passano inosservate. Vero: Beijing 2022 obbliga a sveglie anticipate e impone notevoli sforzi per far diventare familiari immagini di colline – difficile definirle monti – senza un filo di neve naturale. Però il richiamo della competizione, della maglia azzurra, delle gesta di campioni conosciuti e carneadi qualunque, rimane irrefrenabile. Andiamo dunque a riassumere i fatti salienti di questi primi giorni olimpici.

Sci alpino maschile. Podi di prestigio

C’era un certo scetticismo da parte di tutti gli addetti ai lavori nell’avvicinamento alla “Rock”, il percorso destinato ai velocisti dello sci alpino. Ricavato sul dorso di una montagna, previo sbancamento epocale del crinale medesimo, aveva fatto storcere il naso a molti.
Neve artificiale sporcata dalla sabbia proveniente dal deserto dei Gobi, vento perenne, clima polare e tracciato tortuoso non facilmente interpretabile. Questi erano i principali elementi di dubbio e dibattito alla vigilia.
Disputate le gare di libera e super G, si può dire che, a prescindere da come la si voglia vedere, alla fin fine i campioni sono stati tutti davanti e l’albo d’oro olimpico si è arricchito di nomi prestigiosi e degni.

Beat Feuz ha dominato la discesa libera, Mattias Maier il Super G. Due campioni, due sciatori completi e da sempre in grado di adattarsi più di altri alle variabili di uno sport che presenta sovente l’imprevisto, elemento essenziale della sfida. Lo ha detto anche Dominik Paris, deluso dopo un sesto posto in libera. Chi è stato davanti ha dimostrato in tutta la propria carriera di essere il migliore, tanto più aumentava la posta in palio e le condizioni si presentavano mutevoli. Chapeau per la sportività e l’onestà.

Tra le storie da raccontare, quella del francese Johan Clarey, argento olimpico a 41 anni. Un premio alla carriera, ottima, ma non fenomenale, e alla perseveranza. Dietro alla lavagna invece il nostro Cristof Innerhofer. Uomo dei grandi appuntamenti, questa volta ha fatto cilecca in entrambe le discipline. E dire che, almeno sulla carta, sembrava una pista adatta alla caratteristiche tecniche dell’altoatesino, priva di punti di vera e propria scorrevolezza e molto difficile da interpretare.

Italiani lenti in pista, ma dalla lingua veloce

La vicenda di Mattia Casse, lasciato a casa inizialmente, convocato all’ultimo, infine impossibilitato a gareggiare, era già una di quelle vicende portatrice di pesanti strascichi post olimpici. Si è arricchita però di contorni che rasentano l’indecenza, almeno secondo le dichiarazioni di Matteo Marsaglia. Terzo velocista convocato, pare che gli sia stato richiesto di non gareggiare in Super G inventando una indisponibilità dell’ultim’ora. Il DS Massimo Rinaldi, tirato in ballo come ipotetico responsabile, ha smentito, ma la questione appare quantomeno sospetta.
I risultati in pista della poco onorevole valanga azzurra sono stati del tutto in linea con quanto si apprende in merito ai rapporti tesi in seno alla squadra. A prescindere da come finirà la vicenda, è una brutta storia che avremmo evitato volentieri.

Sci alpino femminile, altro podio regale

Bellissimo anche il tracciato dello slalom gigante femminile in cui la dominatrice della stagione Sara Hector ha surclassato con merito la nostra Federica Brignone, Lara Gut e tutte le altre avversarie. Fuori subito una Michaela Shiffrin già in crisi di astinenza di medaglie, fuori anche la nostra Marta Bassino. Dopo un’esaltante stagione nel 2020/2021, Marta ha perso leggerezza, spensieratezza e convinzione. Sorride ancora su Instagram, ma in pista non è più lei. Un talento sopraffino che ahimè è mancato in una gara che l’anno scorso si sarebbe letteralmente mangiata. Tutto il tifo è per lei. Per il personaggio positivo che è, si merita di tornare in alto.

Sci di fondo e Biathlon, luci poche, tante ombre

Brilla l’argento di Federico Pellegrino che bissa quello di Pyeongchang, ancora una volta alle spalle di un fenomenale Johannes Klaebo che, a 25 anni, sta già oscurando il mito di Bjorn Daehlie, il mito dei miti dello sci di fondo.
Per il resto è notte fonda, al netto di risultati al femminile e al maschile che possono soddisfare i singoli rispetto al proprio valore, ma che sono nulla al cospetto di una tradizione italiana di livello ben diverso.
Le altre nazioni volano e c’è da chiedersi se tale divario dipenda solo dal diverso talento che questa generazione sta esprimendo o se, viceversa, l’Italia sia rimasta indietro nelle metodologie e, ad essere malpensanti, nelle famose “scioline” di cui parlava Marco Pantani. Trovare una Stefania Belmondo non capita ad ogni decade, ma i tempi di Lillehammer con un Silvio Fauner scatenato nel tempio norvegese appaiono lontani e inarrivabili.

Del tutto negativo l’esordio dei nostri portacolori nel biathlon che peraltro, al contrario del fondo, può vantare qualche fuoriclasse in organico. Male tutti, a partire da Dorotea Wierer, allergica fin qui agli appuntamenti olimpici.

Short Track, che Arianna!

Belmondo non citata a caso, perché la nostra Arianna Fontana ha pareggiato a dieci il numero di medaglie conquistate nelle rassegne olimpiche dalla fondista piemontese. E in che modo! Un oro conquistato di classe, prepotenza, lucidità e volontà. Brava! Brava anche a non tacere, a non tenersi dentro le difficoltà avute in preparazione, in primis nel rapporto con la Fisg – Federazione Italiana Sport del Ghiaccio. Un atto coraggioso, forse sfrontato, ma di chi sa di poter ancora vincere e di avere la forza dei risultati a proprio favore.

I problemi della Fontana con la Federazione di appartenenza non sono un caso isolato nello sport. Sempre più spesso assistiamo a conflittualità, a vere e proprie prove di forza tra atleti, team privati, federazioni e corpi di Stato. Lo sport cambia, muta, si evolve, ma in Italia rimaniamo ancorati ad un meccanismo che appare ormai quasi medievale, in cui non sempre il riconoscimento del merito emerge. A prescindere dal caso Fontana e dai torti e dalle ragioni, è un nuovo spunto per riflettere su eventuali riforme del sistema.

Curling, se non è una storia olimpica questa…

Prendete un Mondiale di calcio, ipotizzate che un Honduras qualunque si qualifichi alla fase finale. Immaginate che superi agevolmente il primo turno battendo Brasile e Italia. Che vinca ottavi, quarti e semifinale senza mai giungere ai rigori. Che infine surclassi la miglior Germania in un’avvincente e pirotecnica finale. Insomma, ipotizzate per gioco ciò che mai potrebbe accadere e che nessun bookmaker oserebbe quotare sotto 1/10000.
Ebbene, la coppia italiana Mosaner/Costantini ha realizzato ciò che mai nessuno si sarebbe aspettato. Vincere l’oro olimpico da imbattuti, rappresentanti di un movimento che raccoglie poche centinaia di persone, dal dopo lavorista, al pensionato, al giovane dai gusti stravaganti.

Con tutta probabilità questa bella storia non insegnerà nulla agli atleti professionisti strapagati e straviziati degli sport principali. Nulla insegnerà ai dirigenti sportivi sul come il talento possa essere coltivato con passione e dedizione anche in scarsità di risorse e senza vantare scuole all’avanguardia.
Non educherà in nessun modo perché, in fondo, questa storia, racconta che il miracolo è possibile solo laddove la disciplina in questione non sia ancora matura nel suo complesso, non sia ancora strutturata a dovere. Insomma, laddove troviamo un mondo sportivo d’altri tempi, ben distante dalla smisurata professionalizzazione che caratterizza altri sport, ben lontano dall’asetticità e freddezza di quelle discipline in cui l’atleta o le squadre combattono per il risultato come automi. Quasi senza emozioni, eterei campioni alieni al nostro mondo. Una bella storia, sempre più rara, sempre più preziosa.

Gli altri

Menzione d’onore per il bronzo di Dominik Fishnaller nello slittino, per Francesca Lollobrigida, argento nei 3000 skating e per la staffetta mista di short track, anch’essa d’argento.
Un occhio, infine, alle performance della nostra Lucia Scardoni, fondista lessinese. L’atleta 31enne delle Fiamme Gialle è uscita ai quarti della gara sprint. Le altre volano, difficile fare di più. La qualificazione alle fasi finali è comunque un risultato positivo che la proietta alle successive gare con fiducia.

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