La notizia circolata in queste ore e relativa alla decisione della FIGC – il massimo organo calcistico in Italia -di rinviare a tempo indeterminato tutte le scadenze per i pagamenti di tasse e contributi per la Serie A, B e C allo scopo di evitare un’irrimediabile crisi di gran parte delle società di calcio italiane suona come l’ennesima beffa per l’AC ChievoVerona. Una beffa a dir poco cocente, visto che quest’estate al Chievo non è stato permesso di iscriversi al campionato di Serie B (e nemmeno a quello di C o di D) proprio per l’accumulo di debiti nei confronti dell’erario a cui non erano stati pagati alcuni milioni di IVA nel periodo 2014-2021. Debiti che effettivamente esistevano, ma che, come sostenuto da più parti, il Chievo non era certamente l’unico ad avere. E oggi ne arriva anche la conferma. Troppe squadre non sarebbero riusciti a saldarli e da lì, onde evitare il tracollo dell’intero sistema, la decisione della FIGC.

Si conferma ancora una volta in questo modo il “doppiopesismo” che spesso vige in Italia, dove si è forti con i deboli e deboli con i forti. Già perché di fronte all’eventuale difficoltà di alcune importanti squadre (fra queste si tira in ballo sempre più spesso l’Inter, che ha vinto lo Scudetto 2020-2021 carico di debiti nei confronti dello Stato e non solo) la FIGC è riuscita a strappare il non scontato consenso dal Governo di una sorta di “moratoria fiscale” che quindi pospone a data da destinarsi il problema che sarebbe emerso prepotentemente già ora. Sottintesa, dunque, la volontà di non procedere con l’inflessibilità dimostrata nei mesi scorsi nei confronti della società di Luca Campedelli. E questo nonostante le ripetute richieste proprio del Chievo e della sua squadra di avvocati di dilazionare il debito e di ripagarlo nel corso di qualche anno. Come invece sta già facendo da tempo la Lazio e come d’ora in poi faranno probabilmente tante altre società coinvolte in questo “affaire”. D’altronde la durezza della FIGC, prima, e dei vari giudici (TAR, Corte dei Conti, Consiglio di Stato), poi, aveva già lasciato estremamente perplessi nel corso dell’estate, visto che si stava decretando senza troppi scrupoli la fine di una azienda (perché di questo si tratta) con decine di dipendenti e un indotto su numerose realtà locali più che significativo, ma oggi, alla luce della nuova decisione della FIGC, più che lasciare l’amaro in bocca rischia di produrre addirittura bava di rabbia.

Sia chiaro, le tasse vanno pagate, le scadenze rispettate e troppo spesso abbiamo assistito in passato a gestioni economiche più che “allegre” nel cosiddetto Pianeta Calcio. Il Chievo, va detto, si è in qualche modo messo in questa brutta situazione da solo, servendo ai suoi detrattori su un piatto d’argento la scusa per rovinarlo, ma la sensazione, ormai, è che ci sia stato qualcosa di più che un “semplice” (si fa per dire) debito da far rispettare a tutti i costi e che si sia voluto utilizzare quella motivazione (fondata, ribadiamo) per far pagare al Chievo la sua ostinata e scomoda presenza nel calcio che conta, quello che da tempo ormai vive quasi esclusivamente di contributi da parte delle televisioni e poco altro. Un contesto nel quale chi produce pochi abbonamenti, (in A o in B che sia) debba essere in qualche modo ridimensionato o addirittura – come per la compagine gialloblù – cancellato.

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