Si è tenuta ieri mattina di fronte alla mensa del Polo Zanotto la manifestazione organizzata dall’Unione degli universitari di Verona, che associa studenti dell’Università e dell’Accademia delle Belle Arti. La protesta è stata organizzata per dare voce ai 512 studenti che secondo Esu sono “idonei non beneficiari” e che quindi non hanno ricevuto la borsa di studio.

La figura dell’idoneo non beneficiario sembra essere, purtroppo, un’esclusiva veronese in tutto il territorio veneto. Tra le tre università della Regione, Verona è infatti l’unica che quest’anno non è riuscita ad erogare il sostegno agli studenti che ne avevano fatto richiesta e risultavano in linea con i criteri di assegnazione.

Ogni anno, infatti, l’università emana un bando, che comprende la domanda per la borsa di studio e la riduzione dei contributi, ed è strettamente legato all’Isee. Successivamente, i dati raccolti vengono spediti a ESU, che si occupa dell’erogazione dei fondi agli studenti e alle studentesse idonei.

Solo a Verona l’Isee taglia fuori molti studenti aventi diritto

«Quest’anno, grazie al decreto ministeriale indetto per la pandemia, l’ateneo ha messo l’Isee a 22mila punti, mentre l’anno scorso era a 13mila» commenta Deborah Fruner, coordinatrice UDU Verona e aderente anche alla commissione per il diritto allo studio. E aggiunge: «Noi oggi siamo qui nella speranza che la Regione comprenda la gravità del problema. Perché per quei 512 studenti ciò significa non poter affrontare la carriera universitaria, perché con i loro mezzi economici non riescono a sostenere gli studi».

La richiesta è semplice: il diritto allo studio deve essere garantito. Ogni studente deve potervi accedere, senza disuguaglianze né discriminazioni economiche. «Non poter beneficiarne significa anche rinunciare al diritto alla carriera, significa rinunciare al futuro», commenta Stefano Ambrosini, presidente del Consiglio degli studenti, intervenuto durante la manifestazione. «Questa è la punta dell’iceberg di una società che non vuole investire nella cultura e nell’istruzione. Il problema è strutturale, dobbiamo cambiare tutti, far cambiare il modo di pensare al tessuto sociale che ci circonda».

«Il Rettore dell’Università di Verona, Pier Francesco Nocini, ha fatto sapere di voler introdurre all’interno del CdA dell’ESU una figura in rappresentanza dell’università», continua Ambrosini. «È una scelta giusta, perché un ateneo di 20 mila studenti non può essere in balìa di persone esterne».

Diritto allo studio in bilico, tra Dad e lezioni in presenza

Durante la pandemia, anche l’università scaligera ha dovuto adattarsi alla DAD, la didattica a distanza, e pur con qualche ritardo – e poi risolto – è riuscita a gestire la situazione. Ora, però, è arrivato il momento di ripartire. L’università, in questo ultimo semestre, ha infatti permesso la didattica in presenta grazie a un sistema di prenotazione in modo da monitorare l’affluenza e la capienza delle aule.

«La didattica è anche relazione – sottolinea Fruner -, e crediamo possa definirsi tale solamente in presenza. La didattica online non deve essere esclusa, perché ha permesso di velocizzare i tempi, gli studenti lavoratori hanno potuto recuperare le lezioni, e tutti i benefici del caso. Ma la didattica in presenza è assolutamente da garantire».

uno studente partecipa al sit-in per richiedere il riconoscimento economico delle borse di studio, foto di UDU Verona

Sia UDU che il Consiglio degli studenti hanno portato avanti la battaglia per assicurare gli spazi adibiti allo studio. Perché se da una parte la DAD permette agli studenti lavoratori o impossibilitati a seguire di poter frequentare le lezioni e studiare, c’è anche una fetta di coloro che questo non possono farlo a casa.

«La modalità duale è fondamentale», commenta Stefano Ambrosini, precisando che questa richiesta è stata fatta anche al Comune di Verona, che però «non ha dato un grande riscontro, o comunque è stata una risposta un po’ “tiepida”. Purtroppo, la figura dell’universitario, che spesso è fuori sede, non è di grande interesse, non è una priorità, nemmeno politicamente».

Con l’appoggio dell’università, gli studenti e le studentesse continueranno a portare avanti la battaglia più importante di tutte: il diritto allo studio. Per dare voce al proprio futuro, e perché figure come il beneficiario non idoneo vengano abolite, per rimettere la cultura su un piano prioritario. Come in un puzzle, che è finito solo quando tutti i pezzi combaciano, non può esserci società senza cultura. Non si può pensare a un futuro se non si costruisce il presente.

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