Si è concluso sabato 19 il primo ciclo di incontri dei “Tasselli Ipogei”, una serie di eventi online organizzati dal Gruppo Ricerca del GVI, Gruppo Volontari Ipogeo di S.Maria in Stelle, finalizzati a diffondere e approfondire la conoscenza di uno dei tesori nascosti del patrimonio artistico veronese.

Un’immagine della cella nord dell’Ipogeo

Il GVI, nato nel 2018 per volontà di alcuni giovani di s. Maria in Stelle, in questi due anni ha provveduto a rendere accessibile il sito dell’Ipogeo al pubblico (anche se per gruppi molto ristretti, vista la particolarità del luogo e la sua fragilità) e, nel tempo, le sue fila si sono ingrossate con la partecipazione, sempre a titolo volontario, di appassionati e studiosi. Ora, durante una pandemia che impedisce l’accesso a siti, mostre e musei (anche se, nel caso veronese, l’accessibilità ai musei civici era problematica ben prima del Covid-19), ha deciso di allargare la conoscenza del sito fuori dall’ambito accademico, grazie all’intervento, negli incontri in programma il 12 e 19 dicembre, di docenti universitari che nel loro percorso hanno studiato appunto l’Ipogeo. A questi incontro, peraltro, altri ne seguiranno con l’anno nuovo. Nel frattempo, per chi se li fosse persi, gli interventi finora svolti sono comunque presenti sulla pagina youtube Ipogeostelle.

I tre incontri si sono susseguiti con una logica di focalizzazione progressiva, dal contesto generale fino alla figura della committenza. Nel primo incontro di sabato 12 dicembre la prof. Alexandra Chavarria Arnau, docente all’Università di Padova, ha incentrato il suo intervento – “S. Maria in Stelle nel contesto dei Monumenti funerari tardo antichi del Mediterraneo” – su un’analisi comparativa in termini di struttura e pittura del sito di S. Maria in Stelle con ambienti simili che ritroviamo non solo in Italia ma anche in Romania e Bulgaria, come ad esempio la tomba Romana di Silistra (metà IV secolo). Per la docente, che vanta un’esperienza diretta di scavo nel nord Italia, l’Ipogeo di s. Maria in Stelle è stato un sito funerario Romano che, solo successivamente, sarebbe stato riconvertito a luogo di culto cristiano, oltre che avere sempre mantenuto la funzione di acquedotto. In particolare, ha sottolineato che molto difficilmente l’Ipogeo possa essere stato in una fase iniziale – come invece afferma una certa tradizione – luogo di battesimo per volontà di San Zeno, ottavo vescovo di Verona.

Nel secondo incontro il prof. Alfredo Buonopane dell’Università di Verona ha, invece, contestualizzato il monumento nella prima età romana e, soprattutto, la storia della Valpantena, terra nota ai Romani per il vino amato dall’imperatore Augusto, che divenne – e lo dimostra l’analisi dei toponimi – valle con diffuse aziende agricole, resa probabilmente molto appetibile per investimenti economici importanti nella produzione agricola e vinicola, con una continuità con l’oggi decisamente sorprendente. Molto precisa e dettagliata si presenta l’analisi del primo periodo dell’Ipogeo, quando – prima di divenire luogo di culto intorno al III sec. d.C. – era un semplice acquedotto.

Infine, ha concluso questo percorso il prof. Andrea Raffaele Ghiotto, dell’Università di Padova, che ha approfondito il ruolo e la figura di Publio Pomponio Corneliano e della sua gens. La famiglia Pomponia è intimamente legata all’Ipogeo e in particolare a Publio Pomponio, attestato nel II secolo d.C. e presente in epigrafi anche a Schio e nel vicentino. Oltre a essere stato console (e quindi personaggio di grandissimo rilievo), è stato soprattutto anche un devoto delle acque e della sua essenza, che i latini identificavano con le ninfe.

Questa serie di incontri dimostra quanto, nella latitanza di una qualsiasi direzione culturale comunale, sia essenziale l’apporto del volontariato per valorizzare il patrimonio artistico che, se nelle chiacchiere ufficiali rimane il nostro petrolio, nei fatti rimane fruibile spesso solo grazie all’associazionismo no profit, promosso da grandi enti come la Fondazione Verona Minor Hierusalem o da piccoli gruppi locali come, ad esempio, il GVI di S. Maria in Stelle.

Nel caso dell’Ipogeo, oltre alla promozione del sito, si aggiunge la necessità di approfondire: infatti, gode di una documentazione molto scarsa e la sua evoluzione nel tempo è tanto interessante quanto difficile da leggere nella sua scansione. Ma se la vita in fondo è un gioco, quello della storia è altrettanto un gioco – affascinante ed impegnativo – di rompicapi.