Quello che stiamo vivendo ci sembra nuovo ma ha un nome antichissimo: i greci lo chiamavano epochè. È la sospensione del giudizio e del senso data l’assoluta incertezza. Siamo intrappolati in una porta girevole, in un film con una pessima regia, in un infinito finire beckettiano. Il senso di smarrimento fa da padrone. E per tagliare il filo sottile che ci lascia appesi, è necessario partire dagli strumenti e non dalle soluzioni. Ce n’è in particolare uno, oggetto di studio incrociato tra Economia e Architettura, leggermente sottovalutato ma forte di spirito critico: il Marketing Territoriale. 

Daniela Cavallo

In seno a questa disciplina nasce a Verona il progetto @citizenage dell’architetta Daniela Cavallo che propone un nuovo modo di valutare il territorio in un’ottica di empatia e ascolto, di risposta a esigenze concrete. «In questo momento storico è necessario ripensare la città. Siamo tutti in gara a chi propone modelli da attivare. Forse, è invece il tempo di abbandonare questa logica e di sperimentare strade poco percorse con l’obiettivo di mettere al centro il cittadino. Dare indicazioni pratiche, agire, sono gli imperativi di questo nuovo tempo da non sprecare. Un tempo da chiamare @citizenage. Ognuno di noi, quotidianamente, si trova a dover rivedere il proprio modo di vivere e di rapportarsi ai luoghi che abita. Siamo di fronte a una nuova socialità sotto il segno della distanza. Di conseguenza anche l’abito urbano va modificato». Chi ha vissuto il lockdown imbrigliato in una manciata di metri quadri in città lo sa bene: chiuso in casa senza un balcone e nessuno spazio verde; il luogo che prima offriva opportunità dinamiche si è trasformato in un agglomerato al limite del claustrofobico. È a partire da questo disagio che bisogna ritrovare una giusta misura. Un equilibrio raggiungibile solo usando lo strumento dell’analisi critica che procede per raccolte dati e si avvale dello studio del territorio nelle sue peculiarità. Rispetto al tradizionale metodo scientifico, il marketing territoriale e @citizenage fanno un salto di qualità: aggiungere la dimensione emozionale. Una metodologia empatica che pone al centro la persona con tutte le variabili antropologiche perché siamo immersi in un sistema complesso in continuo cambiamento.

«Una città non è bella per questo o quel monumento, è bella perché vivibile. Deve essere un abito sartoriale confezionato su misura. Deve evidenziare le relazioni e offrire opportunità, garantire strategie di risposta ai bisogni. Per farlo è necessario confrontarsi con le realtà imprenditoriali e gli abitanti attraverso un processo che va dal basso verso l’alto. Concretamente, si possono usare svariate strategie: contest fotografici, questionari per rintracciare preferenze e sfruttare la diffusione capillare dei social. Mai come in questo periodo è decisivo abbandonare metodologie cristallizzate di approccio ai territori: virare verso un Marketing consapevole che costruisca una reputazione e rispolveri l’identità delle città. Questo attrae risorse e investimenti decisivi anche per risollevare il turismo, settore ora in ginocchio».

Le parole d’ordine sono flessibilità e adattabilità. Ogni servizio deve essere concepito e realizzato ad hoc per quello specifico territorio: inutili le piste ciclabili interrotte che serpeggiano in centro città o gli incentivi all’uso della bicicletta quando un paese è scandito da salite e discese. 

Il marketing territoriale offre strumenti validi per sanare le crepe che già c’erano ma che il Covid-19 ha aggravato in vere e proprie faglie. È anche capace di instillare momenti di riflessione con sfumature più o meno personali. Prendere decisioni che diano frutti sul medio-lungo raggio, non palliativi immediati. Cavarsi fuori dal vortice, fermarsi e guardare in modo critico; migliorarsi nel rispetto degli altri e del territorio in cui viviamo. Collaborare e procedere all’unisono verso lo stesso obiettivo. Tanti i dubbi, poche le certezze. Una, salda, è quella di procedere a piccoli passi. Insieme.