L’Arena di Verona non potrà più essere il luogo dove il mondo della pallavolo avrebbe dovuto celebrare la propria ripartenza, attraverso la disputa della finale per l’assegnazione della Supercoppa Italiana. Con la grande delusione di tifosi e appassionati, infatti, la Lega Pallavolo ha comunicato che l’incontro inizialmente in programma il prossimo 25 settembre nell’anfiteatro veronese, si disputerà sul parquet dell’Agsm Forum. Sempre a Verona, dunque, ma al coperto.

Dopo un notevole sforzo organizzativo da parte delle Amministrazioni locali e del Comitato Provinciale della Fipav che, con approccio quasi visionario, aveva promosso l’evento, a dominare la scena adesso è un enorme sentimento di delusione. Purtroppo, quanto accaduto a Vicenza in occasione della finale di Supercoppa femminile, sospesa per l’improvviso formarsi di un pericoloso strato di umidità sul terreno di gioco, tale da mettere a rischio i movimenti delle atlete, con conseguente prosecuzione in indoor, ha condizionato ogni altra successiva valutazione. Si sono cercate strade di ogni genere per ovviare al problema, ma nessuna garantiva sufficienti tutele in merito all’incolumità dei giocatori, obbligando all’unica conclusione possibile, ovvero quella di abbandonare una volta per tutte l’idea ambiziosa di giocare nella magica cornice dell’Arena. Peccato davvero, soprattutto per la città di Verona che ne avrebbe goduto in termini di visibilità, proprio in un momento in cui si cercano come il pane occasioni utili a supportare il mondo del turismo, investito da una crisi senza precedenti. È di assoluta evidenza che lo spettacolo del volley sul palcoscenico di uno dei monumenti romani per eccellenza e più conosciuti al mondo avrebbe generato un ritorno di immagine significativo, che non potrà mai essere minimamente compensato da una classica partita al coperto. In secondo luogo ne avrebbe giovato il movimento pallavolistico locale il quale, rimane senza dubbio ancora boccheggiante e in assoluta difficoltà a causa del Covid-19, ma quantomeno avrebbe avuto l’opportunità di partecipare e assistere a un evento capace di rimanere a lungo nell’immaginario collettivo dei più giovani praticanti. Una finale “areniana” di Supercoppa non avrebbe certo risolto i problemi di budget delle più piccole società o la carenza di certezze in merito al riavvio della stagione agonistica, ma quantomeno avrebbe consentito una serata di festa a tutti gli appassionati di pallavolo.

USA – URSS ARENA DI VERONA VERONA LUNEDI 23 MAGGIO 1988 AMICHEVOLE PALLAVOLO VOLLEY MASCHILE FOTO FIORENZO GALBIATI


Eppure, la decisione presa, anche se può apparire per certi versi impopolare, non può essere malvista. Per una volta, finalmente, il mondo sportivo di vertice si assume l’onere di prendere una strada a favore dell’incolumità degli atleti, pur con la consapevolezza di sacrificare un potenziale tornaconto economico e non solo. Qualcuno, a questo punto, potrà certamente ribattere che era impossibile non prendere atto dell’impossibilità di giocare in condizioni simili o peggiori di quelle verificatesi a Vicenza durante la disputa della Supercoppa femminile. Vero, ma in ogni caso la scelta di spostare l’evento in indoor appare corretta sotto ogni punto di vista. E tanto basta. Inutile discuterne.

Semmai, qualche ulteriore riflessione può essere fatta in merito all’idea stessa di praticare pallavolo all’aperto. Di sicuro i promotori di entrambi gli eventi – Vicenza e Verona – si saranno lasciati trasportare dalla meritoria volontà di riconnettere i propri praticanti attorno a una duplice e sequenziale ripartenza da “urlo”, benefica in quanto volano della nuova stagione sportiva. Tale approccio era stato elogiato anche dalla nostra testata in precedente articolo. Tuttavia, appare evidente come, nell’entusiasmo progettuale e organizzativo, si sia perso un attimo di vista il quadro generale arrivando a considerare con un pizzico di superficialità un problema tecnico rivelatosi alla fine di difficile, se non impossibile, soluzione. Tutti ricordiamo quando l’Arena ospitò con enorme successo il beach volley, sport per sua natura outdoor ben diverso dalla pallavolo. E’ possibile, a questo punto, che nessuno, prima della semifinale femminile andata in scena in Piazza dei Signori a Vicenza, si sia interrogato sulle difficoltà tecniche che potevano emergere nel giocare un match di pallavolo all’aperto, senza cogliere le sostanziali differenze con una disciplina come il beach volley? Tutto può essere. L’ipotesi più probabile è che la gran voglia di ripartire, di agire, di portare lo sport a congiungersi con il luogo simbolo di Verona all’estero – idea che da molto tempo circola in ambito federale – abbia per necessità e urgenza messo in secondo piano certe questioni tecniche. Tra protocolli Covid, autorizzazioni e quant’altro, di certo la priorità non poteva essere qualche gocciolina d’acqua. Come ogni tanto accade, però, la natura ricorda a tutti che occorre fare i conti con le sue regole e l’agire umano ne viene inesorabilmente condizionato. Incapaci, quindi, di porre rimedio al formarsi dell’umidità dei crepuscoli di fine estate, Federazione e Lega si sono irrimediabilmente arrese.