In questi giorni al Giardino Giusti si respira un’aria diversa da quella di perfezione degli schemi tipica di un giardino architettonico. La tromba d’aria di fine agosto ha sradicato alcuni alberi e ne ha spezzati altri, facendo cadere anche il simbolo del giardino, il cipresso di Goethe (Heraldo ne aveva parlato anche in questo approfondimento, ndr.)

Oggi la geometria appare sfigurata, alcuni alberi sono ancora a terra e si percepisce un’atmosfera che potevano provare gli artisti nel Cinquecento a Roma mentre studiavano le antichità sulle rovine. Nonostante ciò il giardino non perde il suo fascino, ci si sente accolti dalla famiglia e dalla natura.

Il viale dei cipressi, nel quale sono caduti una ventina di alberi, è chiuso al pubblico insieme alla parte destra del parterre. Tutto il resto è fruibile, dall’Appartamento 900, all’interno della villa, al Belvedere.

Palazzo e giardino, mantenuti con gusto cinquecentesco, sono sempre appartenuti alla famiglia Giusti: oggi sono vincolati dalla soprintendenza, tuttavia la proprietà è dei cugini Nicolò Giusti e le sorelle Livia e Prisca Imperiali. Il giardino da alcuni anni è aperto al pubblico, alla visita e anche ad alcuni eventi privati. Spesso accoglie manifestazioni culturali e musicali, come nel passato si usava per intrattenere gli ospiti.

«Fu Agostino Giusti alla fine del Cinquecento a far realizzare il giardino e il palazzo – racconta Livia Imperiali, descrivendo l’origine del luogo e i danni subiti dal nubifragio del 23 agosto scorso -. Agostino arrivava dalla Toscana e conosceva bene il giardino di Boboli. Decise così di realizzare un progetto simile a Verona, in un terreno più piccolo. Oltre al progetto, dalla Toscana portò anche i cipressi. Questi alberi non sono autoctoni di Verona, inoltre si sviluppano in altezza e hanno radici corte e verticali. Nei giardini all’italiana, come questo si dava importanza all’architettura generale e non tanto alle essenze.

Quello che si vede oggi è il risultato della combinazione dell’evento atmosferico straordinario, dovuto a opere umane di trasformazione del territorio, ai cambiamenti climatici, e delle caratteristiche di queste piante. Il famoso cipresso di Goethe già da qualche tempo sembrava soffrire: richiedeva grandi cure ed era fissato con dei cavi per evitarne lo spostamento. Fortunatamente, è caduto nel giardino, anziché sulla corte interna, andando così a sfondare il muro. Il nubifragio è stato così violento da sradicare anche due bagolari, alberi noti anche come “spaccasassi”.» 

Un evento straordinario che ha fatto cadere anche tre cipressi sul labirinto e altri nel secondo giardino, quello che si vede dal Belvedere. Tra i danni al patrimonio storico ci sono un albero che è precipitato sulla cinta muraria che affaccia su via San Zeno in Monte, distruggendo così un pezzo di muro, e un cipresso è caduto verso la corte interna abbattendo uno dei merli. Nel crollo si sono spezzate due statue di marmo e un busto di tufo, che si è sgretolato.

Il restauro in atto

I restauratori di Decorart sono ora all’opera per recuperare il materiale lapideo. I due giardinieri, aiutati i primi giorni dalla Protezione civile, stanno lavorando per riportare il giardino a un possibile rapido riordino: alcuni alberi verranno tagliati ed estratte le radici, mentre per il cipresso di Goethe si auspica sia possibile un reimpianto. Per questo teli di iuta avvolgono le radici mantenendole umide. 

«È stato fatto il possibile per riaprire le porte quanto prima -, confessa Livia Imperiali -, ci eravamo ripromessi che il Giardino non avrebbe più chiuso durante i mesi di lockdown. Il Giardino vive della vendita dei biglietti e sicuramente non è un periodo facile. Inoltre,

a differenza dei giardini dei nobili che sono stati realizzati per il passatempo della famiglia e degli ospiti, questo, come quello di Boboli, nasce per i cittadini, per tutti. Perciò deve rimanere aperto.» 

Come si legge nella Carta di Firenze, documento per la salvaguardia dei giardini storici, il giardino è un’opera architettonica costituita da materiale vegetale che in quanto tale è deteriorabile e rinnovabile. L’aspetto varia in base alle stagioni e la ciclicità è un dato di fatto. L’essere umano può interferire nel suo divenire, in questo caso pensando a delle soluzioni per il ripristino.

La proprietà, confrontandosi con esperti e tecnici, ha preso in considerazione una sostituzione dei cipressi prevedendo anche di mantenere un’altezza più modesta delle chiome per evitare lo sradicamento in un’eventuale futura bufera.

Il bendaggio di tela traspirante tiene umide le radici del
cipresso di Goethe, in attesa di un suo
possibile reimpianto, foto di Margherita Solfa

Cosa ne sarà di tutta la legna ricavata dagli alberi caduti? «Non andrà persa – assicura Livia Imperiali -, abbiamo avuto molte proposte, da artisti contemporanei a intagliatori di gioielli, e potrebbero essere usati anche per una ristrutturazione della limonaia. L’evento è stato molto sentito, abbiamo ricevuto tantissime domande e messaggi di vicinanza tramite email e i canali social.» 

Sulla pagina Instagram i gestori del Giardino Giusti scrivono: «Grazie per l’affetto che avete dimostrato per il giardino e i suoi alberi, il vostro sostegno e la vostra vicinanza sono per noi importantissimi. Il Giardino è un luogo vivo e la nostra missione è continuare a tenerlo in vita, anche grazie a voi.»

Il Giardino Giusti oggi

Oltre ai progetti di ripristino, da molti anni convivono tantissime iniziative. Dagli anni Settanta è ospitata la scuola di danza “Associazione Laboratorio Danza Verona”, che domenica 30 agosto ha realizzato “Il Giardino Live”, spettacolo di danza e musica dal vivo con voce narrante, che muovendosi tra le costruzioni, i parterre e gli alberi caduti, ha celebrato la vita del giardino, dopo la distruzione. Da circa un anno si porta avanti un programma di interazione tra spazi e arte contemporanea. Tra le attività di studio si possono fare esperienze di tirocinio.

Nel 2015 è partito un progetto di studi in collaborazione tra Università Ca’ Foscari di Venezia e Università degli studi di Verona, di cui fanno parte i professori Alfredo Buonopane dell’Università di Verona, Luigi Sperti e Myriam Pilutti Namer, di Ca’ Foscari, ed il restauratore Egidio Arlango. Questi studiosi hanno aperto cantine e solai rinvenendo un enorme patrimonio scultoreo. Il giardino è ricco di risorse, di progetti e di vita. Molte proposte arrivano dal pubblico e molte altre sono organizzate per il pubblico. Il giardino è mantenuto in vita dai visitatori, da chi lo studia e da chi lo protegge. Un luogo perfetto per chi è alla ricerca di pace, di natura e cultura.

Alcuni cenni storici

Il Giardino Giusti è un giardino architettonico e nasce alla fine del Trecento quando i Giusti, nobile famiglia toscana, decidono di trasferirsi a Verona, nella zona dove ora si trova il giardino e il palazzo, creando un’industria per la tintura della lana. Due secoli più tardi, nel Cinquecento i vari stabilimenti vengono uniti in un palazzo di rappresentanza nello stile del Sanmicheli.

Si comincia a delineare il progetto del giardino formale all’italiana di gusto mediceo rinascimentale. Alla fine del Settecento la moda del Grand Tour porta grandi personaggi a Verona a visitare questo luogo, tra cui il Granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici, Mozart, Goethe, Ruskin, lo zar Alessandro di Russia e tantissimi altri.

Il palazzo ha una lunga facciata sulla via omonima, due barchesse laterali e la corte d’onore con merli a coda di rondine che ricordano l’origine ghibellina della famiglia. Al piano nobile si trovano due appartamenti e un ampio salone da ballo. Il giardino è composto da due livelli principali: quello del palazzo, in lieve pendio, con nove quadrati di aiuole di bosso e statue, il viale dei cipressi, la limonaia.

In un livello intermedio, dove si inerpicano i sentieri per il livello superiore ci sono la grotta e la Galleria Verde. Quello del Belvedere ospita il Bosco Sacro, il padiglione, la torre, il mascherone. Da qui si ha una vista mozzafiato su Verona.

Durante la Verona Austriaca alcune parti sono state utilizzate come luoghi per l’esercito. La sala da ballo, visitabile, ne è un esempio: convertita a mensa per i soldati era una quadreria.

Successivamente, con i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale il sito ha riportato alcuni danni. L’Appartamento 900, recentemente restaurato e riallestito, è composto da sette sale che raccontano al visitatore il quotidiano della famiglia Giusti nei primi anni del ventesimo secolo.