“È il momento per la Natura”, con questo slogan si celebra oggi 5 giugno la Giornata Mondiale per l’Ambiente, voluta per la prima volta dalle Nazioni Unite nel 1974, dedicata al tema del drammatico declino della biodiversità del pianeta. Circa un milione di specie viventi (su un totale stimato di circa 8,7 milioni) secondo i dati dell’ISPRA sono minacciate di estinzione.

Non è una novità. Sono sempre più numerose le specie in pericolo, a partire dagli insetti, essenziali per gli ecosistemi, che stanno progressivamente scomparendo. Fin dal 2018, la notizia di un’imminente “apocalisse degli insetti“, profetizzata da uno studio realizzato in Germania che aveva constatato il calo di ben il 75% degli insetti in 27 anni, aveva evidenziato ampiamente il fenomeno, seguita da follow-up provenienti da tutto il mondo. La ricerca ha ispirato l’entomologo Roel van Klink, del German Centre For Integrative Biodiversity Research (IDiv) a condurre insieme a ricercatori tedeschi, russi e olandesi un’analisi più ampia: lo studio, pubblicato lo scorso 24 aprile su Science, ha raccolto i risultati di 166 ricerche condotte in 1.676 siti in tutto il mondo tra il 1925 e il 2018 e ha confermato che gli insetti terrestri presentano una riduzione globale dello 0,92% all’anno. I numeri, per quanto siano meno severi dei precedenti, sono in ogni caso allarmanti: «Non lo si noterebbe nemmeno da un anno all’altro, perché la popolazione di insetti varia moltissimo – sottolinea Roel van Klink, scienziato dell’iDiv – e lo 0,92% potrebbe non sembrare significativo, ma in realtà indica il 24% di insetti in meno in 30 anni e il 50% in meno in 75 anni».

Le conseguenze sulla biodiversità sono significative, perché gli insetti sono fondamentali per l’impollinazione ma costituiscono anche il cibo di numerose specie. La loro diminuzione può influire sulle abitudini alimentari di numerosi uccelli migratori come le rondini ma soprattutto i coloratissimi gruccioni, che svernano a sud del Sahara e alla fine di aprile rientrano in Italia per fare il nido nelle pareti di argilla lungo fiumi e torrenti. I gruccioni sono importanti bioindicatori ecologici in Veneto, in quanto prediligono le campagne ad elevata qualità ambientale dove abbondano gli insetti alati, dei quali sono abili predatori, arrivando a mangiarne ben 225 al giorno.

«La popolazione di gruccioni è aumentata dagli anni Ottanta fino a una decina di anni, ma adesso si è stabilizzata – dichiara il professor Ernesto Cavallini, naturalista e referente per il WWF veronese –. D’altronde con l’apocalisse degli insetti mi chiedo cosa potrebbero mangiare.» In Europa vivono dai 480.000 ai 1.000.000 gruccioni di cui 7.000-13.000 in Italia. La loro espansione è dovuta «all’adattabilità della specie a situazioni ambientali nuove, la disponibilità di siti idonei alla localizzazione dei nidi e la repressione del bracconaggio» secondo lo studio condotto da Sergio Tralongo, Direttore del Parco Nazionale dell’Aspromonte, e Maurizio Finozzi nel 2004.

Questi uccelli non passano certo inosservati, sia per i vivaci e sgargianti colori del loro manto sia per la loro maestria nel volo fatta di repentini cambi di traiettorie. Per nidificare i gruccioni hanno bisogno di pareti di terreno stabile dove scavare una tana. È per questo che è più facile individuarli lungo le sponde dei fiumi dove sono presenti habitat idonei alla loro nidificazione con molti insetti come fonte alimentare. Per mantenere una popolazione di gruccioni in buona salute, questi elementi del paesaggio devono essere presenti in quantità e qualità sufficienti.

«Sono però legati a situazioni molto spesso transitorie, ossia rive di corsi d’acqua che franano, ma anche fossati con rive franate, talora situazioni veramente effimere quali scavi di strade, poi ancora zone di escavazione (tipo cave di sabbia e ghiaia)» spiega Marco Pesente, ornitologo e collaboratore del primo Atlante degli uccelli nidificanti a Verona scritto dal Prof. De Franceschi tra il 1983-1987, quando la specie era nota solamente con qualche coppia nidificante nei pressi di Salionze. «Quindi non è detto che l’anno successivo possano ritrovare gli stessi spazi, dipende sempre dallo stato di riva, parete o scavo, dove scavano i loro nidi a forma di galleria.» Ora i gruccioni si trovano in più parti della provincia, anche se sempre in modo molto localizzato.

Questa specie è quindi una buona ambasciatrice dell’infrastruttura ecologica e di un’agricoltura ancora in equilibrio con la natura. A causa dell’intensificazione sempre maggiore delle pratiche agricole, con l’uso dei pesticidi, l’arrivo di specie invasive e i cambiamenti climatici, sono molte le specie di uccelli legate al paesaggio agricolo tradizionale, che versano in stato critico. Ma non sono i soli a risentire della situazione.

«Nella pianura veronese stanno scomparendo anche i fiori – annuncia Cavallini – di conseguenza ne sta risentendo tutta la catena alimentare con conseguenze già visibili su alcuni tipi di animali». Si perchè la scomparsa delle fioriture selvatiche mette a rischio il patrimonio naturale, e impoverisce la bellezza dell’ambiente.

Un prato ricco di fiori selvatici è una miniera di biodiversità, enorme risorsa per il ciclo alimentare di molte specie diverse, dai piccoli insetti alle farfalle, alle api, fino agli uccelli e ai mammiferi superiori. Sono molti i fiori che, pur essendo presenti nei nostri giardini, sono invece a rischio di estinzione negli ambienti naturali. II sito del Ministero dell’Ambiente mette a disposizione dei cittadini un elenco della flora italiana protetta (aggiornato però solo fino al 2013) da cui risulta che sono a rischio piante come il bucaneve, alcuni tipi di garofanini e di campanule, e poi genziane, ginestre, gigli, persino la castagna d’acqua. Le ragioni sono evidenti: gli habitat spontanei sono ambienti delicati e fragili, soprattutto in particolari zone di microclima che subiscono l’intervento dell’uomo (inquinamento industriale, cementificazione, asporto delle piante, calpestio di aree naturali…).

Tornando allo studio dell’IDiv sugli insetti, tra le poche azioni con impatto positivo da parte dell’uomo sembra esserci la legislazione statunitense a tutela dei fiumi e dei laghi che ha migliorato la qualità dell’acqua e recuperato l’habitat danneggiato. Ne è testimonianza l’aumento medio annuo dell’1,08% degli insetti acquatici (che corrisponde a un aumento del 38% in 30 anni) rilevato dalla ricerca, una tendenza forte anche nel nord Europa e, dagli anni ’90, in Russia. Tuttavia, l’aumento degli insetti che vivono parte della loro vita sott’acqua non è tale da compensare il loro declino sulla terra. «Si tratta solo di una frazione degli insetti terrestri, non più del 10%», ha dichiarato Van Klink.

Purtroppo in Italia, il 60% dei fiumi e dei laghi, per anni utilizzati come discariche dove smaltire i reflui delle lavorazioni industriali, non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente. Ieri, 4 giugno, Legambiente ha lanciato un’iniziativa nazionale contro l’inquinamento industriale dei fiumi, invitando i cittadini a denunciare eventuali casi d’inquinamento, e raccogliendo nel dossier “H₂O – la chimica che inquina l’acqua”, 46 storie di ordinaria follia sull’inquinamento delle acque in Italia, a cominciare dal bacino padano, area di maggiore utilizzo europeo di antibiotici negli allevamenti, i cui residui si ritrovano nelle nostre acque. Il dossier fa il punto anche sull’inquinamento da PFAS (composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili ad acqua, sporco e olio) in Veneto, storicamente dovuto allo scarico di un’industria chimica e interessa le province di Vicenza, Verona e Padova, minacciando la salute di 300 mila persone.

L’impatto degli scarichi inquinanti su corpi idrici in molti casi già compromessi da decenni di inquinamento e oggi minacciati anche dalla presenza dei nuovi contaminanti ‘emergenti’, rappresentano un rischio per la nostra salute, oltre che per l’ambiente e per le specie che vivono in ambienti acquatici. Gli scienziati affermano che non esiste una sola causa per la progressiva sparizione degli insetti, ma ritengono che la distruzione degli habitat naturali dovuta all’urbanizzazione sia la chiave. A causa dell’uso massiccio di fertilizzanti artificiali, erbicidi e pesticidi, dello sfalcio intensivo dei prati e della distruzione delle aree verdi, la popolazione di insetti è collassata con un effetto domino sui loro predatori naturali, dagli uccelli ai pesci perché la loro drastica diminuzione ne compromette la fondamentale funzione all’interno della catena alimentare dell’ecosistema.

E un mondo che perde le sue bellezze è un mondo che perde vita. Con i suoi splendidi colori – azzurro, arancio, ocra, turchese e nero – il gruccione ci ricorda che la natura è una meravigliosa sorpresa. Conoscerla, comprenderla e proteggerla significa difendere anche il nostro benessere, in campagna e in città, così come la nostra memoria.