Il provvedimento della giunta Sboarina – che ha istituito una Zona 30 km/h su tutta la città storica compresa all’interno cinta muraria magistrale e su parte del quartiere di Borgo Trento – rischia di essere l’ennesima “mezza soluzione” ai problemi del traffico della nostra città, che sono stati ulteriormente aggravati dalla necessità dell’azienda di trasporto pubblico locale (ATV) di rispettare i protocolli nazionali per il contenimento del Covid-19, riducendo di conseguenza il numero dei passeggeri trasportati sui mezzi. Così, per incrementare l’utilizzo in sicurezza di biciclette e monopattini elettrici da parte di chi lavora nel centro di Verona, dove si trova pure il cuore amministrativo della città e quindi quasi tutti gli uffici pubblici, è stata istituita questa rigida limitazione della velocità che, nelle intenzioni dell’amministrazione, dovrebbe consentire a ciclisti e utilizzatori di monopattini di viaggiare più sicuri, senza il rischio di essere “arrotati” dalle auto.

Tuttavia, pur al netto dell’intento positivo, il provvedimento fa sorgere più di una perplessità. Limitare in maniera molto rigida la velocità delle automobili nell’area centrale della città è una scelta che ha un’immensa rilevanza urbana nel senso più pieno del termine, in quanto modifica radicalmente la nostra maniera di fruire la città nel suo complesso. Allora risulta importante capire se questa scelta così impattante sia stata fatta avendo presente una visione chiara di quale sia l’idea di città che si ha in mente, di quali siano gli obiettivi da perseguire, con una valutazione se siano realizzabili o meno, e il tutto supportato da un’analisi urbana che metta a disposizione dei pianificatori e di chi ha il compito di decidere politicamente conclusioni fondate su dati rilevati scientificamente. Queste analisi dovrebbero metterci in grado di sapere, ad esempio, quante persone si spostano giornalmente dall’esterno all’interno della Zona 30, quante effettivamente si muovono al suo interno, quante la attraversano senza fermarsi per dirigersi altrove, il numero e la tipologia delle attività che si trovano in essa e così via. Diversamente, senza il supporto di una solida lettura analitica della città e soprattutto qualora non siano definiti degli obiettivi chiari e realizzabili da perseguire a livello urbano, non si fa pianificazione, ma al massimo si fa “trucco&parrucco” della città con la vernice per le strisce stradali al posto dello smalto per le unghie e i cartelli nuovi a mo’ di rimmel.

La sensazione è che il provvedimento dell’istituzione della Zona 30 corrisponda a questa “filosofia”, all’urbanistica fatta con la vernice segnaletica stradale e con provvedimenti improvvisati, il cui unico obiettivo è quello di fare qualcosa per non scontentare nessuno e che alla fine scontenta tutti, i ciclisti, che si lamenteranno perché gli automobilisti sfuggendo all’occhio della polizia locale continueranno a pigiare sull’acceleratore, e gli automobilisti, che si lamenteranno dicendosi costretti a viaggiare con il motore che “batte in testa”. Quali obiettivi si pone l’amministrazione con questo provvedimento? «Incrementare l’utilizzo in sicurezza della mobilità urbana alternativa»? E dove è posizionata l’asticella da raggiungere perché questo sia ottenuto? Aumentare il numero dei ciclisti in circolazione del 5%? Del 10%? Del 110%? Oppure «diminuire l’uso dell’auto»? (obiettivo peraltro che non necessariamente deve essere collegato al primo). Solo da questi esempi si nota come sia molto difficile stabilire l’efficacia di un provvedimento urbanistico se prima non si siano definiti con chiarezza gli obiettivi da perseguire.

La linea rossa delimita la nuova Zona 30

Sboarina, in realtà, si trova in una posizione eccezionalmente favorevole per incidere nel futuro assetto urbano di Verona con una scelta coraggiosa, ma che potrebbe risultare impopolare. Non dovendo infatti ricercare i consensi per una sua riconferma, avendo più volte dichiarato che alla fine del mandato di sindaco non si sarebbe ricandidato, potrebbe prendere il cosiddetto “toro per le corna” e prevedere la creazione di una ZTL estesa alla città inclusa nelle mura magistrali e Borgo Trento, sfruttando l’occasione data dall’emergenza Covid-19. Molti nostri cambi radicali di abitudini sono derivati da situazioni di “emergenza” e finalmente il refrain retorico “niente tornerà più come prima” avrebbe finalmente un senso. Il provvedimento dell’istituzione della Zona 30, insomma, avrebbe ragione d’essere se fosse legato a una ZTL estesa al centro cittadino, Borgo Trento incluso. Provvedimento che inciderebbe alla radice i problemi cronici del centro della città, che conosciamo tutti se non altro per averli sperimentati sulla nostra pelle giornalmente. Strade congestionate, difficoltà a trovare posteggio, lentezza negli spostamenti, inquinamento, scarsa vivibilità, spreco di tempo e via discorrendo.

Un’immagine di Verona dall’alto

Un provvedimento così importante non si improvvisa, come dicevamo più sopra. Occorre preliminarmente studiare i flussi di traffico in ingresso e uscita, la rete di trasporto urbano, la mobilità alternativa, le attività e le loro esigenze. Ma finalmente sarebbe una risposta concreta a un problema ineludibile della città. Iniziare ad affrontarlo con coraggio, potrebbe essere la svolta per un’amministrazione che, a tratti, è apparsa invece gestire i problemi della città con un approccio “programmatico” rivolto su interventi che si concretizzeranno in un futuro più o meno certo (vedi il cosiddetto Central Park) o estemporaneo, come nel caso dei “mobility day” che lungi dall’essere interventi strutturali di pianificazione, risultano escamotage mediatici che fanno da grancassa propagandistica, ma non incidono minimamente sui problemi della città che vorrebbero contribuire a risolvere.

Il sindaco di Verona Federico Sboarina

Soprattutto sembra mancare una visione di come dovrebbe essere la città, mancanza che viene surrogata da una serie di iniziative non sempre coerenti fra loro. Dare una chiara indicazione sulla fruibilità del centro della città vorrebbe dire averne una visione che va nella stessa direzione delle più moderne tendenze della pianificazione urbana, miranti a decrementare il peso del traffico automobilistico che opprime i cuori delle città europee. Ovviamente non è una scelta facile e va pensata sul lungo temine, ma da qualche parte si deve pur cominciare.

Chi scrive ha abbastanza anni da ricordare il transito delle auto lambire i margini della pavimentazione in pietra del Liston. Quando si chiuse al traffico il centro storico della città ci fu chi preconizzava disastri e invece piazza Bra, Via Mazzini, Piazza Erbe e via dicendo sono ancora lì, la gente è felice di passeggiarci, fare shopping e di potersi godere l’esperienza prettamente urbana di camminare tra la storia, l’arte e il Bello.