Finora abbiamo visto come i ragazzi attraversano questo difficile momento. Ma gli insegnanti alle prese con la Didattica a Distanza e le vaghe direttive del Ministero, come vivono e valutano questa esperienza? L’esperienza di Chiara, insegnante di lettere in un liceo di Villafranca di Verona.

Com’è cambiata la vostra vita con il Coronavirus e come trascorrete queste giornate virtuali?

«Essere docente ai tempi del Coronavirus è senza dubbio stressante. Siamo dei professionisti che si sono trovati da un giorno all’altro a dover cambiare la loro idea di didattica, arrangiandoci per poter continuare on line le lezioni e mantenere vivo il rapporto con gli studenti. Questo ha comportato notevole stress, all’inizio anche un forte senso di solitudine. Mi sono sentita un po’ abbandonata a me stessa ma per fortuna coi colleghi ci siamo scambiati idee, consigli, anche informazioni tecniche per attivare le videolezioni e tutto ciò che ne consegue. Molti di noi, poi, sono anche genitori e si sono trovati a dover condividere tablet, cellulare, pc con i figli in età scolare in contemporanea. I dispositivi per accedere alle varie piattaforme, in una normale famiglia italiana, non sono infiniti e questo ha costretto ad incastri quasi impossibili per permettere ad ogni membro della famiglia di svolgere le sue attività di studio o di lavoro. Di sicuro in questo periodo di quarantena non ho conosciuto un solo giorno di noia e non so se rallegrarmene o meno.»

Dopo quasi due mesi di Didattica a Distanza, quale sono i limiti e i vantaggi che hai rilevato?

«La DAD non è perfetta e non potrà mai sostituire la didattica in presenza: può al massimo affiancare altri metodi ma non sostituirla. I limiti sono vari, ma forse uno dei più importanti è quello della valutazione degli studenti. E’ inoltre difficile mantenere un vero rapporto con alunni e famiglie, far sì che la classe sia una vera comunità di apprendimento. Molti di quelli che già cercavano di sottrarsi alle loro responsabilità, di fare il minimo, ora si sentono maggiormente legittimati, per certi versi.»

Le previsioni per il ritorno tra i banchi di scuola sono ancora incerte e non troppo incoraggianti…

«Spero che gli istituti scolastici possano riaprire i battenti a settembre. Personalmente mi auguro che a giugno si possa anche fare l’Esame di Stato in presenza: l’orale a mio avviso è fattibile, prendendo le dovute precauzioni e garantendo il distanziamento. Forse si potrebbe anche valutare di far svolgere la prima prova a carattere nazionale, dividendo i ragazzi nelle varie aule in gruppi non troppo numerosi per favorire il distanziamento sociale.»

Cosa resterà nella didattica nel post epidemia?

«Credo che la didattica digitale avrà un futuro e affiancherà quella in presenza. Molti di noi stanno conoscendo moltissime nuove possibilità che la tecnologia offre e non è tutto da buttare, anzi. Per far questo però bisogna investire sulla scuola e fare in modo che sia dotata dei mezzi necessari per fare didattica usando tablet e pc.»