A 50 anni dalla prima Giornata Mondiale della Terra, istituita dall’Onu nel 1970 per sottolineare l’importanza della salvaguardia delle risorse naturali del Pianeta, quella dedicata oggi al nostro pianeta sembra essere indispensabile, ogni anno di più.
Fino a un miliardo di persone vengono coinvolte in quella che è la più grande manifestazione ambientale a livello globale, che anche quest’anno mette al centro la sfida al cambiamento climatico, tema che ha mobilitato cittadini di tutto il mondo, basti pensare alle manifestazioni per il clima che hanno caratterizzato l’ultimo anno, ma che invita anche a riflettere su problematiche come l’inquinamento, la distruzione degli ecosistemi e la scomparsa di specie animali e vegetali.
Su questi temi la redazione di Heraldo ha intervistato oggi nel consueto appuntamento live “Succede alle 31”, Michele Dall’O’, Presidente di WWF Veronese dal 2018, ingegnere con dottorato in modellistica matematica, ricercatore naturalistico per passione, esperto e profondo conoscitore di flora e fauna del nostro territorio.

Cos’è cambiato oggi rispetto a 50 anni fa?
«Nel 1965 la popolazione mondiale era di 3 miliardi e 335 milioni di persone, 50 anni dopo siamo diventati 7 miliardi e 349 milioni. Nel 1972 usciva il “Rapporto sui limiti dello sviluppo” commissionato dal Club di Roma ai Meadows, studiosi del MIT di Boston. Tale rapporto delineava chiaramente che un sistema termodinamicamente chiuso come la Terra non può sostenere una crescita economica infinita, mostrando, come, dopo circa cinquant’anni, la società umana avrebbe potuto subire un tracollo devastante a causa dello sfruttamento incontrollato delle risorse e dell’inquinamento» sottolinea Michele Dall’O’.

Come si legge sul sito ufficiale dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), il V Rapporto diffuso dall’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, costituito da esperti mondiali), afferma con chiarezza che “nei decenni recenti, i cambiamenti del clima hanno causato impatti nei sistemi naturali e umani su tutti i continenti e sugli oceani, producendo conseguenze sugli ecosistemi, sulle risorse idriche, sulla salute umana, sull’agricoltura” e che tali cambiamenti sono da imputare all’interferenza dell’uomo. Solo 15 anni fa il Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen ha coniato il termine “Antropocene” per definite l’era geologica determinata dall’uomo e il suo impatto sull’equilibrio del Pianeta.

Come ha potuto raggiungere l’Uomo questa potenza distruttiva?
«Con la sua capacità tecnologica e facendo ricorso, a partire dal XIX secolo, alle energie fossili che nel processo di combustione generano anidride carbonica. Il progressivo accumulo in atmosfera di tale sostanza ha dato luogo ai mutamenti climatici in corso, spiegati dalla teoria del cosiddetto Riscaldamento Globale, condivisa dal 99% dei climatologi. Dalla fine della seconda guerra mondiale stiamo vivendo poi la “Grande Accelerazione”: parallelamente alla citata crescita della popolazione, sono aumentati in maniera esponenziale deforestazione, consumo di suolo, sfruttamento di risorse non rinnovabili, inquinamento dell’aria, dell’acqua e della terra. Dopo cinquant’anni ci stiamo purtroppo avvicinando sempre più alle previsioni fatte dal Club di Roma, rese più insidiose dall’esistenza dei cosiddetti punti di non ritorno (tipping point), messi in luce da alcuni eminenti studiosi del clima» spiega Dall’O’.

Gli scienziati hanno sottolineato come ci sia un legame molto stretto tra l’aggressione agli ecosistemi da parte dell’uomo (disboscamenti, riduzione della biodiversità, cattura e commercializzazione di specie animali selvatiche) e lo sviluppo di nuove malattie, tra cui il Covid-19. Ma come si pone questa giornata di fronte al messaggio del Coronavirus?
«Il Coronavirus ha piuttosto inaspettatamente e temporaneamente rallentato la citata  “Grande Accelerazione”. È curioso osservare come l’influenza dell’uomo si sia nel tempo estesa su tutte le scale spaziali e temporali. In questo senso il Riscaldamento globale è un problema relativo ad una grande scala, mentre la minaccia odierna ci arriva dall’infinitamente piccolo. Quello che in entrambi i casi sembra venire meno è la capacità di controllo da parte umana. Abbiamo avuto problemi piuttosto grossi a contenere un virus, immaginiamoci il contenimento dell’aumento di temperatura globale sotto il grado e mezzo (secondo gli accordi Parigi del 2015)».

Scattato il lockdown il WWF Italia ha compilato dei dettagliati rapporti sull’argomento ad esempio quello dedicato a “Pandemia e distruzione degli ecosistemi” in cui si mettono in relazione i processi citati con la salute umana evidenziando come il collegamento tra riscaldamento globale, globalizzazione e diffusione dei patogeni sia evidente. «Si pensi alle malattie di origine tropicale che si riscontrano sempre più spesso nella nostra provincia» rimarca Dall’O’.

In occasione dell’Earth Day, il WWF punta l’attenzione al contributo di foreste, boschi e paludi in termini di terra fertile, acqua pulita, ossigeno, assorbimento di carbonio, risorse alimentari, protezione delle coste, bellezza del paesaggio, profumi e ispirazione, tutti benefici che la Terra ogni giorno regala all’umanità. Quali iniziative state attuando a livello locale e regionale?
«Mi piace il termine “regala”. A livello locale, dove opera la mia associazione, il WWF Veronese, abbiamo ricevuto un grosso regalo, la costituzione di un gruppo giovani, entusiasta e molto propositivo e altamente competente, in controtendenza all’invecchiamento dell’associazionismo. Con loro abbiamo pianificato tutta una serie di iniziative che hanno come obbiettivo la ragione sociale del WWF ovvero la conservazione delle specie e, di riflesso, quella degli ambienti in cui esse vivono. Così a settembre abbiamo vissuto due splendide giornate di bioblitz al Giarol Grande (Parco dell’Adige Sud) con la catalogazione delle specie presenti: i partecipanti si sono resi conto di quanto sia interconnesso e variegato il modo naturale. Sempre l’anno scorso abbiamo organizzato una raccolta dei rifiuti lungo l’Adige a Pescantina per dimostrare quanto sia grave il problema delle plastiche e più in generale dei rifiuti nei corsi d’acqua. Quest’anno eravamo partiti con il piede giusto: una performance alla Gran Guardia dell’artista Veronica Mengalli come monito alla perdita di diversità genetica. Poi il Covid-19 ha stoppato tutta una serie di eventi già in programma, da un’importante conferenza sull’importanza delle api al Museo di Storia Naturale di Verona alla giornata delle rondini in collaborazione con le associazioni della Consulta Animali di Verona. Inoltre, una cosa che mi sta particolarmente a cuore è la nostra recentissima pubblicazione sul Parco della Lessinia, dedicata al nostro patriarca Averardo Amadio. Ma avremo modo di rifarci e far sentire la nostra voce quando le cose si saranno messe a posto» promette il Presidente del WWF veronese.

Proprio in merito al Coronavirus, le restrizioni imposte per contenere la sua diffusione hanno ridotto le emissioni di inquinanti e di CO2. Ma di quanto?
«Gli studi sull’Antropocene stanno dimostrando che l’influenza dell’uomo sul clima è ben più lunga del periodo della Grande Accelerazione e vanno indietro nel tempo risalendo anche oltre il Neolitico. È chiaro che uno stop temporaneo è ininfluente, quando le inerzie in gioco, penso alle masse degli oceani o a quella dell’atmosfera, sono spaventose. Come ho accennato, il pericolo che ci sovrasta sono i punti di non ritorno. Gli scienziati si sono già espressi: per non dar luogo a dinamiche che porterebbero ad un’evoluzione inaspettata, occorre rimanere sotto il grado e mezzo di aumento della temperatura globale e quindi cominciare a diminuire i livelli di anidride accumulatisi in atmosfera e negli oceani. È compito della politica attuare tutte quelle misure che aiutano al raggiungimento dell’obbiettivo, cioè la decarbonizzazione dell’economia» afferma Dall’O’.

Torniamo a Verona e al Veneto. Quali sono i passi decisivi che la città e la regione devono compiere per essere più amiche dell’ambiente e della salute dei suoi abitanti?
«Attuare politiche per la reale diminuzione del consumo del suolo: da una parte la regione approva una legge che va in tale direzione e poi, grazie alle varie deroghe, diventiamo la regione con il più alto tasso di consumo. Favorire una mobilità dolce, rendendo più efficienti i mezzi di trasporto, pedonalizzando i centri storici. Vent’anni fa ho abitato per tre anni in Germania e partendo in bici da casa potevo salire indifferentemente su bus, traghetto, treno e metropolitana portando appresso il mezzo. Qui invece alla domenica non posso andare a passeggiare a Erbezzo perché non c’è un bus che mi porta su. Per quanto riguarda le aree di rifugio della biodiversità, da una trentina di anni circa la Comunità Europea ha istituito la rete Natura 2000, costituita da Zone Speciali di Conservazione e Zone di Protezione Speciale. Ebbene posso portare l’esempio di una di queste aree a ridosso della città letteralmente sventrata dai vigneti con il beneplacito dei comuni su cui insiste. Perciò in questo senso serve uno sforzo, non solo delle amministrazioni, ma anche di quegli enti come ad esempio i consorzi di bonifica che tanta parte hanno nella gestione di importanti strutture ambientali, per rispettare gli obblighi e creare i presupposti per impedire ulteriori danneggiamenti alla biodiversità» denuncia Dall’O’.

E invece il singolo cittadino cosa deve fare per migliorare la situazione? Cosa si può fare già durante questa quarantena e soprattutto all’indomani dell’emergenza, per andare nella direzione di un nuovo rapporto tra noi e l’ambiente in cui viviamo?
«Sento molto spesso dai giornali, da amministratori e anche dai cittadini che un terreno incolto è sinonimo di degrado. E che quindi una bella opera di urbanizzazione risolve il problema. Giustamente i comitati insorgono quando viene abbattuto un albero, ma poi sento che le magnolie fanno foglie che disturbano la pulizia sotto l’albero, le resinose sporcano le auto e i pini deformano i marciapiedi e di conseguenza queste piante vengono eliminate. Sono idee radicate e occorre, per restare in tema, un radicale cambio di paradigma nella testa della gente. Abito a ridosso delle colline e il trambusto cittadino mi impediva di sentire, come invece faccio adesso, il tambureggiare del picchio, distante 300 metri. Speriamo che questo tambureggiare contribuisca a risvegliare le coscienze» conclude Dall’O’.
Bisogna dunque che ognuno di noi riveda il proprio stile di vita e rivaluti le nostre abitudini quotidiane per svilupparne di nuove, migliori per il pianeta. Con minacce su larga scala e sfide globali che cambiano la nostra vita ogni giorno, è importante ricordare il potere di agire, perché le azioni che intraprendiamo per proteggere il nostro pianeta contano.
Per rivedere l’intervista completa è possibile cliccare su questo link alla pagina Youtube di Heraldo.