Riaprono garden e fioristi per la vendita di semi, piante e fiori ornamentali oppure no? Si apre un nuovo capitolo per la questione della crisi del settore florovivaistico messo in seria difficoltà dall’emergenza Coronavirus. È di un giorno fa la richiesta di chiarimento di Federfiori – Confcommercio e A.F.F.I. (Associazione Floricoltori e Fioristi Italiani) al Ministro delle Politiche Agricole e Forestali sulla necessità di un puntuale e dettagliato chiarimento in seguito alla pubblicazione della FAQ sul sito del Governo che apriva alla vendita di piante e fiori dopo il Dpcm del 22 marzo 2020 (poiché si colloca nelle attività di produzione, trasporto e commercializzazione di prodotti agricoli ammesse dall’art. 1, comma 1, lettera f), del Dpcm) e alla successiva pubblicazione di dichiarazioni sulla pagina Facebook del Ministro Teresa Bellanova. Una domanda che rimane per ora senza risposta.

«Il Decreto del 22 marzo esclude, senza ombra di dubbio, che le attività di fioristi al dettaglio con codice Ateco 47.76.10 possano riaprire al pubblico, mentre il Ministro afferma che i fioristi possono riprendere a lavorare.
Secondo il Decreto, le attività che possono commercializzare fiori e piante sono quelle connesse alla loro produzione, quindi solo ed esclusivamente quelle con codice Ateco 01, che in realtà non avevano mai smesso di operare» scrive poche ora fa Rosario Alfino, Presidente di Federfiori sulla pagina Facebook dell’associazione.

Grande era stata la soddisfazione delle organizzazioni agricole sindacali per il chiarimento arrivato dal Governo in merito alle loro richieste per il settore florovivaistico soprattutto in seguito alle conseguenze disastrose per il comparto causate dalla serrata imposta ai negozi di fiori, dall’annullamento di matrimoni e cerimonie funebri e dalle esportazioni bloccate alle dogane. Un provvedimento che argina in parte le perdite subite, ma che «sicuramente permette già da subito di dare fiato al comparto, scongiurando così la totale perdita di produzione ed economica delle 27mila imprese florovivaistiche italiane» dichiara il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.

Un settore che in Veneto conta 1.500 aziende che impiegano qualche decina di migliaia di addetti, con un fatturato pari a 500 milioni. «In marzo abbiamo perso gran parte del fatturato annuale, a causa dello stop delle vendite in una stagione cruciale, buttando milioni di piante e piantine al macero. La speranza è che ora, ricominciando a vendere ai garden e alla grande distribuzione, si possa recuperare un po’ in aprile, che insieme a marzo costituisce l’80 per cento del nostro fatturato annuo» sottolinea Claudio Padovani, presidente dei florovivaisti di Confagricoltura Veneto.

Tuttavia, sono molti i dubbi che derivano dalle disposizioni del decreto, in base al quale ci si può spostare da Comune a Comune solo per motivi di necessità, salute e lavoro. L’art. 1, comma 1, lettera f), del Dpcm del 22 marzo 2020 ammette espressamente l’attività di produzione, trasporto e commercializzazione di “prodotti agricoli”. Un’attività che rientra fra quelle produttive e commerciali specificamente comprese nell’allegato 1 dello stesso Dpcm “coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali”, con codice ATECO “0.1.”, per le quali è ammessa sia la produzione sia la commercializzazione. Per le attività con codice Ateco 01 è ammessa quindi l’apertura dei punti vendita. Ma i fioristi al dettaglio con codice Ateco 47.76.10 dovrebbero continuare a restare chiusi.

«Ci chiediamo come fanno i supermercati che non sono coltivatori diretti e quindi non in possesso del codice Ateco 01, a vendere fiori e piante al dettaglio? Troppa confusione e troppe ordinanze in disaccordo: gli italiani possono uscire di casa solo per comprovati motivi di prima necessità, come si inquadra l’acquisto di fiori e piante? Va fatta immediata chiarezza sui codici Ateco che possono rimanere aperti per evitare agli operatori di incorrere in sanzioni amministrative e penali» afferma Rosario Alfino.

«L’apertura dei punti di vendita di tali prodotti, dovrà essere organizzata in modo da assicurare il puntuale rispetto delle norme sanitarie in vigore”, sottolinea Ettore Prandini, presidente Coldiretti. “Lanciamo ora un appello alla grande distribuzione, ai mercati e a tutti i punti vendita aperti affinchè promuovano la vendita di fiori e piante Made in Italy” e invitiamo tutti gli italiani a mettere fiori e piante nei propri giardini, orti e balconi come segno benaugurante della primavera che segna il momento del risveglio con la mobilitazione #balconifioriti.»

Nel frattempo alcuni negozi a Verona e provincia si stanno organizzando per fare consegne a domicilio, con contatti via telefono o email, per consegnare a casa un po’ di primavera. «Molti miei colleghi lo hanno fatto anche prima del decreto del 22 marzo. Non li biasimo se hanno avuto richieste dai propri clienti, ad esempio per le corone di laurea- racconta un fioraio del centro storico di Verona che preferisce rimanere anonimo -. Però ci vorrebbe uniformità e che le stesse possibilità siano garantite a tutti». Le giornate primaverili sicuramente invoglieranno più veronesi a colorare i propri terrazzi. «Curare un giardino o coltivare piante fiorite in balcone è un vero anti stress, previene la depressione e ci rende più felici – aggiunge-. E in giorni di ansia come questi che stiamo vivendo l’effetto benefico fiori e giardinaggio è un toccasana per salute e umore. Dovrebbe essere questo il trend che ci “contagia”.»

In Italia il settore florovivaistico ha un giro d’affari di circa 2,5 miliardi di euro l’anno, occupando circa centomila addetti in tutta la Penisola. Molti operatori saranno però costretti a chiudere le proprie attività ed a lasciare senza lavoro tanti collaboratori se non verrà dato supporto alla categoria a livello regionale e nazionale. «Abbiamo inoltre un altro problema di non poco conto, che è quello di tutelare i dipendenti. La situazione è complicata e temiamo che ci saranno ripercussioni molto pesanti per tutte le nostre aziende. Sarà fondamentale, perciò, continuare la nostra azione sindacale per la tutela del comparto sia con la messa in atto di misure specifiche, come gli indennizzi per chi ha subito o subisce il blocco dell’attività, sia per consentire alle aziende di mantenere una sufficiente liquidità per proseguire l’attività» conclude Claudio Padovani.