Adesso sì. Ora che le indagini preliminari sono chiuse, carte alla mano, con cautela, sapendo che sarà comunque il processo a definire le responsabilità, potremmo iniziare a parlare di Bibbiano.

Parliamo di 108 capi d’imputazione, la maggioranza dei quali non legati ai rapporti tra bimbi e famiglie. Ad oggi ci sono 26 indagati; supponendo che ci rimangano tutti e togliendo quelli legati a illeciti di natura tecnico-amministrativa, non sembra propriamente il grande “sistema” messo in piedi per sovvertire l’ordine naturale della società.

Parliamo del sindaco Carletti, mai noto come la nuova speranza del centro sinistra italiano, che alla luce dei fatti non ha nessuna accusa inerente la gestione dei casi riguardanti i minori ma, in sostanza, è indagato per aver favorito il lavoro di un’attività privata nel proprio comune aggirando le norme. Reati, certamente, ma vogliamo continuare ad abbaiare alla luna o facciamo un salto dentro un qualsiasi municipio d’Italia a vedere come girano le cose?

Parliamo degli psicologi e dei responsabili dei servizi sociali. Foti, Anghinolfi e compagnia cantante. Ecco, quando si entra nel campo dei rapporti umani, delle emozioni e della loro valutazione, è facile perdere oggettività ed è necessaria grande competenza per non affondare. Però, che in tema di affidamenti, a Bibbiano come altrove, ci siano professionisti in grado di piegare la realtà dei fatti alle proprie convinzioni e ai propri interessi professionali, non sarebbe una novità. Perciò lasciamo lavorare i giudici in santa pace.

Non parliamo dei bambini, che già sono stati esposti abbastanza. Stiamo loro accanto, e basta.

Parliamo, infine, dello squallido teatrino che abbiamo messo in piedi da sei mesi a questa parte. Di come, per battaglie politiche o ideologiche, abbiamo strumentalizzato con il più bieco cinismo una situazione che andava invece trattata con assoluta delicatezza. Di come, con magliette, adesivi e comizi, una volta toccato il fondo, abbiamo nuovamente dimostrato la nostra atavica capacità di scavare ad oltranza.

Gaber l’aveva capito quarant’anni fa. Lui usava il “forse”, ma credo che oggi non avrebbe più dubbi. Facciamo più schifo che spavento.