In una celebre vignetta di Giuliano Rossetti negli anni Ottanta, la caricatura di Giulio Andreotti esprimeva un concetto semplice: il vittimismo era uno stato d’animo che lasciava volentieri agli avversari, sempre e comunque.

Politici, giudici, insegnanti, arbitri, colleghi, congiunzioni astrali e sfortuna sono capri espiatori pronti all’uso quando qualcosa non va per il verso giusto. Anche nel mondo del calcio i ricercatori d’alibi non mancano. Attribuire una ragione esterna a prestazioni o risultati negativi trova innumerevoli praticanti. A dirla tutta, ha la funzione di antidolorifico. Allevia per qualche ora ma spesso non cura la malattia. Insomma, attribuire agli altri ogni colpa non sempre, alla lunga, paga. Per un semplice motivo: nascondere i propri difetti non consente di auto analizzarsi. Anziché provare a crescere, si preferisce trovare pretesti.

L’analisi del mister

Venerdì sera Michele Marcolini avrebbe avuto mille fattori a cui attribuire la sconfitta casalinga del suo Chievo. Tutti reali e non certo raffazzonati alibi. Anche stavolta ha scelto l’undici titolare consultando preventivamente il medico sociale, ha perso due giocatori dopo otto minuti di gara e ha visto assegnare alla Juve Stabia un rigore per un intervento difensivo che anche dai satelliti orbitanti su Verona era apparso regolare. Invece no. Far la vittima non è davvero nelle sue corde. Così le responsabilità del risultato le ha avocate a sé e alla sua squadra.

Dopo un primo tempo perfetto, in totale controllo delle operazioni, nella ripresa i gialloblù sono rientrati con il piglio sbagliato. Il mister lo ha capito subito: ha urlato, indicato, gesticolato, consigliato, corso avanti indietro, su e giù per l’area designata. Avesse potuto, forse si sarebbe voluto mettere la divisa da gioco per entrare direttamente sul terreno per scuotere i suoi che, minuto dopo minuto, concedevano metri ma soprattutto alimentavano il coraggio degli avversari. Ingenuità, errori, paura, inesperienza ed eccessiva confidenza alla lunga hanno pesato ed il conto è arrivato salatissimo. Sovradimensionato in negativo, è vero. Ma proprio per questo la lezione è ancor più significativa per una squadra che ambisce a posizioni di rilievo in classifica.

L’esame di Cittadella

«Questa sconfitta fa male, non ci farà dormire» ha aggiunto il mister a fine gara. Si riferiva a tutto il gruppo di lavoro, nessuno escluso, anche se è evidente che contro la formazione di Fabio Caserta in campo la prestazione nella ripresa in alcuni casi specifici è stata evidentemente ben ad di sotto dello standard. Sabato a Cittadella, Meggiorini e soci saranno impegnati in un match di difficile interpretazione. Non sarà un esame determinante ma servirà a capire lo stato dell’arte della compagine. Nel frattempo si dovrà darà l’ennesima occhiata ad un’infermeria in cui i tempi di recupero dei degenti si sono allungati. Al netto dell’autocritica del dopo gara con la Juve Stabia, è pur vero che gli infortuni pesano.

Nessuna squadra può rinunciare a cinque giocatori tra i più validi dell’intera categoria. La situazione è diventata una pesante costante con cui il Chievo deve confrontarsi. Per questo Marcolini ha spostato all’interno l’analisi della recente prestazione anziché appellarsi ad arbitro e sfortuna, come avrebbe potuto. L’urgenza è ritrovare il carattere, la determinazione e soprattutto la concentrazione da parte di chi scenderà in campo, ancor di più in alcuni ruoli chiave. Per un motivo semplice: in questa fase, far punti è in fondo l’unica cosa che conta per ritrovare la continuità.