“Si gioca, o non si gioca, questo è il dilemma”. Parafrasando Shakespeare si potrebbe definire così l’ultimo anno e mezzo del rugby italiano, caratterizzato da tantissime difficoltà, moltissimi rinvii, ma soprattutto dalla ripartenza di una sola categoria, il Top 10, ovvero il massimo campionato nazionale. Restano così a bocca asciutta sia il Verona Rugby che il Santa Margherita Valpolicella Rugby, le due società veronesi che avrebbero dovuto essere due delle protagoniste del campionato di serie A.

Per dirla tutta la speranza di tornare a calcare il prato verde di un campo di rugby c’è stata e nonostante tutto non è mai svanita per i giocatori delle due società veronesi e non solo. Alla fine del mese di settembre, infatti, la Fir, Federazione Italiana Rugby, ufficializzò i calendari dei tre gironi della serie A, che sarebbero dovuti iniziare con la prima giornata 8 novembre 2020. Nemmeno a farlo apposta, il Verona Rugby e il Santa Margherita Valpolicella Rugby avrebbero dovuto inaugurare la nuova stagione con il super derby cittadino, in quanto entrambe le squadre erano state inserite nel gruppo 2, ma questa partita non è mai stata disputata. Il motivo? Il primo dei tanti rinvii indetti dalla Fir stessa, rinvii che si sono succeduti anche nei mesi successivi, posticipando sempre più la data di inizio della stagione, sino ad arrivare alla nota del 2 marzo, quella che nessun rugbista avrebbe voluto ricevere e leggere: “Il Consiglio Federale della FIR, sentito il parere della Commissione Medica Federale presieduta dal Professor Vincenzo Ieracitano, ha preso  atto di come l’evoluzione della pandemia da COVID-19 in Italia non consenta allo stato di pianificare la ripresa dell’attività agonistica nazionale così come originariamente prevista e dell’attività di propaganda per la Stagione 2020/2021”.

Il primo pensiero può essere stato: “abbiamo buttato via un altro anno”, ma nè il Verona Rugby, né tanto meno il Santa Margherita Valpolicella Rugby, si sono abbattuti, continuando la propria programmazione di allenamenti, non senza difficoltà. La preoccupazione più grande per i coach si è rivelata essere quella legata all’aspetto motivazionale dei propri giocatori che, senza l’essenza dello sport, data dalla partita e dall’agonismo che ne deriva, rischiavamo di perdere la voglia di allenarsi.  La sfida più grande, dunque, è stata quella di trovare le parole giuste, quelle capaci di creare motivazione per riuscire a far dare il massimo ai propri giocatori in un periodo in cui era possibile unicamente l’allenamento. Gli allenamenti stessi non sono stati semplici, in quanto consentiti, ma senza il contatto fisico. È chiaro, e quasi scontato, che quando si pensa al rugby vengano in mente le mischie e i placcaggi, aspetti del gioco questi sui quali non si è potuto lavorare, e ciò ha creato difficoltà insolite per giocatori e allenatori, ovvero infortuni causati da movimenti normalmente abituali, ma che senza il contatto si sono dimostrati più complicati del solito. L’aspetto positivo di questi allenamenti “anomali” è stato che i rugbisti hanno avuto la possibilità di migliorare gli aspetti più tecnici del gioco come il passaggio o il gioco al piede.  

La mancanza di partite nel territorio veronese e non solo fa crescere il timore di un calo ulteriore di interesse verso questa disciplina. La speranza più immediata per far ripartire il movimento è legata alla possibilità per le società di partecipare a dei tornei regionali, a iscrizione facoltativa, previsti per il mese di giugno. Queste nuove competizioni potrebbero fungere come ritiri estivi per preparare la stagione 2021/2022, ma soprattutto saranno importanti per tornare a competere. Quello che resta certo è che qualsiasi aspetto relativo a partite giocate in questo periodo è tutto di guadagnato per il rugby italiano. Mentre la speranza più concreta, e a cui è affidata la rinascita del movimento, è quella relativa all’elezione del nuovo presidente della Fir, Marzio Innocenti, che, con il suo programma, “Renovatio Italia Rugby”, proverà a far crescere il rugby, dando maggiore importanza alle società e ai differenti territori. Se ci riuscirà sarà il tempo a dirlo, intanto il primo passo, il più importante, dev’essere la ripartenza del rugby giocato. 

Foto di copertina: valpolicellarugby.org

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