The Irishman, scritto dal procuratore americano Charles Brandt e uscito in Italia lo scorso 24 ottobre per Fazi Editore, è il libro da cui è stato tratto l’omonimo film uscito nei cinema italiani a inizio novembre. 

Il racconto di Brandt narra una delle vicende americane più ambigue e discusse del panorama sociale e politico statunitense: la scomparsa, il 30 luglio 1975, di Jimmy Hoffa, il presidente dell’International Brotherhood of Teamsters, una delle organizzazioni sindacali più importanti degli Stati Uniti.

La trasposizione del libro a pellicola cinematografica, grazie alla presenza nel film di un trio d’eccezione – Jo Pesci, Robert De Niro e Al Pacino con la regia del noto regista Martin Scorsese – ha incontrato l’attenzione mediatica di tutto il mondo destando l’interesse di pubblico e critica. Il saggio, a cui si ispira il film, è stato tuttavia pubblicato ben 15 anni fa in America, nel 2004, con il titolo originale I Heard You Paint Houses (Mi dicono che imbianchi le case).

Brandt, brillante avvocato, ed ex procuratore generale dello Stato del Delaware esperto in vicende criminali, ha raccolto nel suo libro, dopo centinaia e centinaia di ore di intervista, le confessioni di uno dei maggiori esponenti della criminalità organizzata americana Frank Sheeran, sentito per fare luce sulla vicenda. Utilizzando una prosa semplice ed estremamente asciutta, l’autore ci racconta, con le parole di Sheeran, una cronaca puntuale dei fatti di mafia durante gli anni Cinquanta e Settanta. Sullo sfondo la storia americana, dall’omicidio di Kennedy alla tentata invasione della Baia dei Porci a Cuba.

Di origini Irlandesi e superstite di guerra, Frank Sheeran viene descritto come una persona semplice, un gran lavoratore, un uomo tutto d’un pezzo ma irrimediabilmente segnato dagli orrori vissuti in guerra.
Tornato dal conflitto all’età di venticinque anni sarà catapultato dentro la malavita locale diventando “quasi per caso” il braccio destro e sicario di Russel Bufalino, uno dei boss mafiosi più importanti e spietati d’America. Quest’ultimo commissionava “all’Irlandese”  – nomignolo che veniva riconosciuto al sicario – efferati omicidi in ragione della sua precisione e freddezza acquisita durante il periodo bellico.

Questa freddezza che contraddistingueva Sheeran ci viene descritta mirabilmente dall’autore, tanto che appare significativa in tal senso la nota e sadica affermazione «mi dicono che imbianchi le case», macabra allusione alle pareti imbrattate di rosso sangue durante le esecuzioni mafiose (e titolo del libro nella sua versione originale).

Il saggio prosegue con il racconto durante gli anni Cinquanta, quando il sicario entra a far parte anche dell’International Brotherhood of Teamsters, ingaggiato come dirigente da Jimmy Hoffa su segnalazione di Bufalino; pertanto da manovale della mafia, sotto l’ala protettrice del rinomato boss mafioso, diventerà il più fedele collaboratore del leader del sindacato più importante d’ America.

Nasce così un vero e proprio sodalizio tra Sheeran e Jimmy Hoffa, un legame che ci viene descritto dall’autore come profondo e forte non solo sotto l’aspetto lavorativo ma anche e soprattutto dal punto di vista personale.

I rapporti tra il sindacato e la mafia era molto stretti in quell’epoca, Brandt nel libro, narrando di diversi fatti di cronaca riferitegli da Sheeran, ne legittima indiscutibilmente l’intesa ed è per questo motivo che gli inquirenti seguono la pista della mafia in particolare dei boss malavitosi coinvolgendo nell’inchiesta anche Frank Sheeran, figura vicina sia a Bufalino che a Hoffa.

Jimmy Hoffa il 30 luglio del 1975 scompare nei sobborghi di Detroit senza lasciare traccia e il suo corpo non verrà più ritrovato. Il caso non viene chiuso se non dichiarando la morte di Hoffa nel 1982.
Nella sua ultima edizione del libro Charls Brandt, inoltre, aggiunge un capitolo finale di oltre 70 pagine di indiscrezioni e prove sulla morte di Jimmy Hoffa e sul coinvolgimento della mafia nell’assasinio di Kennedy.

Charles Brandt

Non è un romanzo caratterizzato da emozioni o sentimenti ma è un saggio che racconta in modo asciutto e schietto la vita di uno dei personaggi di spicco della criminalità organizzata per far chiarezza su una vicenda che ha sconvolto l’America. Lo scrittore fa emergere senza giri di parole l’esistenza palese di una robusta collusione tra mafia e potere calando il lettore dentro i segreti della criminalità organizzata, i suoi meccanismi interni, la competizione, la rivalità, i legami strettissimi con la politica.

Un libro interessante che dipinge mirabilmente l’affresco di una parte della storia degli Stati Uniti di cui pochi sono a conoscenza ma che rappresenta probabilmente una vicenda dai tratti comuni per molti Paesi del mondo che di mafia hanno esperienza sia passata che presente. Da leggere.