Che la situazione fosse grave, ma non seria, lo disse per primo Ennio Flaiano. Oggi a Flaiano si rifanno in tanti, da qualche sedicente parlamentare della sinistra italiana a qualche magistrato bolscevico, fino al giornalista radical chic di turno, gente malsana che scrive scemenze sui “giornaloni” servi del potere. Lo dicono anche quei “cattivoni” dei burocrati nemici giurati del popolo italiano che stanno a Bruxelles a tramare contro di noi. Lo ribadiscono persino i preti: che si candidassero i preti, prima di permettersi di formulare simili giudizi. E che insieme a loro si candidassero magistrati, giornalisti e rappresentati del terzo settore. Ma, in fondo, alcuni di questi lo fanno già: uno di loro, David Sassoli, un cattocomunista ex mezzobusto di Rai Uno, è appena stato eletto alla presidenza del Parlamento Europeo.

Matteo Salvini

Anche quel rospo lì ha dovuto ingoiare Matteo Salvini, in una di quelle settimane che gli hanno fatto girare gli zebedei quanto la centrifuga della sua lavatrice. Ma come… prima gli piazzano due donne di ferro rispettivamente alla guida della Commissione Europea e alla Banca Centrale, due stoccafissi col collier di madreperla messe lì da quella “culona inchiavabile” della Merkel e da quel ranocchio di Macron. Ma che tirasse due succhiotti alle poppe rattrappite della sua amata vecchiarda, Macron, e si prendesse gli immigrati a Ventimiglia, invece di fare il saputello e rompere le scatole con le sue lezioncine di democrazia.

Come se non bastasse, a impantanargli la cassoeula sul gozzo, ci si è messa pure la capitana, la rasta che va per mare a pesca di migranti, la “comunista coi soldi di papà.” Quella “zecca tedesca” (le eleganze lessicali si sono sprecate negli ultimi giorni) che ha osato sfidare a braccio di ferro il nostro superministro fino a metterlo nell’angolo. Per non parlare del Gip, un’altra donna, che ha avuto pure la spudoratezza di darle ragione e che ha messo una pietra tombale grande così sulla balla dei porti sicuri in Libia e Tunisia. Non è finita, perchè mentre il nostro ministro schiumava rabbia e la nave della “rasta figlia di papà” se ne stava ancorata in rada a Lampedusa con a bordo una manciata di disperati sottratti alle torture dei lager libici, altri se ne sbarcavano indisturbati sulle coste italiane. A Salvini deve allora aver pensato di fare un regalo di consolazione Massimiliano Fedriga, lo statista che governa la regione Friuli-Venezia Giulia e che, scimmiottando Trump, dal cilindro ha estratto la brillantissima idea di erigere un muro tra Italia e Slovenia. Bene, ma non benissimo, giusto per toccarla piano.

Fedriga e Salvini

Brutta settimana davvero per Matteo Salvini, la più nera da quando è assurto al rango di uomo forte di un popolo debole. Ora ne per tutti, dai Ministri Tria e Trenta, fino agli alleati di governo per i quali nutre la stessa simpatia che puoi avere per un ascesso che ti bussa alla bocca il lunedì mattina in ufficio. E allora che ti fa il Salvini? Se colpi di tweet e selfie su Facebook non accalappiano più consenso come nei giorni belli, gioca la carta del vittimismo che in un Paese come il nostro funziona sempre. «Mi hanno lasciato solo» ha detto in preda allo sconforto quasi fosse un Oliver Twist sui Navigli. Dickens avrebbe di che divertirsi.

Gli italiani, decisamente meno. Non ce la passiamo affatto bene in un Paese che si regge in piedi grazie ai risparmi dei nonni, cresce zero, non dà lavoro ai suoi figli (e quando glielo dà paga stipendi da miseria). Un Paese che non sa (o meglio non vuole) ammodernarsi, è imprigionato nei tentacoli della corruzione, annaspa in un mare di debiti e invece di rimboccarsi le maniche e far musina per ridurli, pensa bene di farne altri. Pur di non guardare in faccia la realtà, quella scomoda intendiamo, per due settimane abbiamo spostato il tiro sul bersaglio più facile, ovvero Carola Rackete e i suoi poveracci. Pensava di vincerla facile Salvini, la sua partita. E invece a conti fatti l’ha clamorosamente persa.

Carola Rackete

«Hai mai rischiato, una volta nella vita?» chiese Giovanni ad Aldo in una sequenza culto di Tre uomini e una gamba. «Sì, una volta. Su Inter-Cagliari ho messo due fisso» fu la risposta. E allora al San Siro di Lampedusa ha vinto il Cagliari. La capitana, la “zecca comunista coi soldini di paparino”, si è rivelata un osso ben più duro del previsto e ha messo a nudo tutti i mali della nostra politica. Propaganda e caccia al consenso hanno le gambe corte più o meno quanto le bugie. Ecco perché la situazione è grave, ma non è seria.