Ottolini-Bosso: ritorno alle origini del jazz
Al Teatro Romano si è aperta la stagione jazzistica veronese con il progetto Storyville Story.

Al Teatro Romano si è aperta la stagione jazzistica veronese con il progetto Storyville Story.
In un Teatro Romano tristemente vuoto, nemmeno la platea era colma, l’altro giorno, mercoledì 19 giugno, si è aperta la stagione jazzistica veronese con un progetto alquanto curioso, Storyville Story: un’immersione nel jazz delle origini. Storyville era un famoso quartiere a luci rosse di New Orleans dove è nato il jazz. Il vivace trombonista veronese Mauro Ottolini si contorna di una band che di primo acchito sembra mancare degli strumenti classici per una rilettura del genere, l’assenza del clarinetto e del contrabbasso. Lo accompagnano il generoso Fabrizio Bosso alla tromba, Paolo Birro al pianoforte, Glauco Benedetti al sousaphone, Paolo Mappa alla batteria e Vanessa Tagliabue Yorke alla voce.
L’arrangiamento di pezzi tradizionali come New Orleans Memphis o St. Louis Blues viene studiato accuratamente dall’artista veronese (che oltre a essere un virtuoso dello strumento è dotato di notevoli capacità compositive) e non sentiamo la mancanza né del contrabbasso (sostituito egregiamente dai toni gravi del sousaphone) e nemmeno del clarinetto: tromba e trombone creano un magistrale interplay ottenendo una perfetta intesa. Il blues sgorga a piene mani nel jazz delle origini, proprio perché ne era la componente principale. Da segnalare la splendida voce della Tagliabue nel brano Si tu vois ma mère di Sidney Bechet che, pur non possedendo il timbro bluesy caldo e avvolgente che ci si aspetterebbe, ripropone una sonorità più algida e ariosa che si adatta con ottimi risultati al materiale trattato. Bosso sfoggia preziosi interventi con un uso sapiente della sordina. Paolo Birro si adatta al repertorio con maestria ricordando il magico tocco di Jelly Roll Morton.
The Memphis blues scritta da W. C. Handy segna l’ennesimo omaggio a uno dei padri del blues: la maggior parte dei brani proposti nelle serata sono nati dalla penna del compositore dell’Alabama.
Il concerto, inerito nell’Estate Teatrale Veronese, si chiude con due bis sempre di W. C. Handy tra cui Yellow Dog Blues uno dei suoi motivi di maggior successo.
Pubblico appagato e, in conclusione. ancora una volta l’occasione di ascoltare all’opera uno dei più prolifici e poliedrici jazzisti italiani di questi ultimi anni.